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October 31 2024
Ci vorrà del tempo per capire che strada prenderà l’inchiesta della procura di Milano su Equalize, l’agenzia di business intelligence che avrebbe messo a repentaglio «la sicurezza nazionale» e «la nostra democrazia». A quanto pare non c’è fretta né a livello di governo, né a livello giudiziario di fare chiarezza al più presto su una vicenda che, stando alle indagini, presenta svariati fatti inquietanti agli occhi dell’opinione pubblica, nello specifico la facilità con cui l’ex superpoliziotto Carmine Gallo e il braccio operativo Samuele Calamucci avrebbero avuto acceso abusivamente alle banche strategiche nazionali, sottraendo dati sensibili. E così, mentre si ipotizza che il tribunale del riesame si esprima solo tra due settimane sulle nuove richieste di custodia cautelare per gli indagati (tra cui il titolare di Equalize Enrico Pazzali), martedì sera il Consiglio dei ministri presentava all’ordine del giorno la voce «misure urgenti in materia di ordinamento giudiziario, di personale di magistratura, di incarichi dirigenziali e di competenza investigativa sulla criminalità informatica». Un’ora dopo è scomparso. Non se n’è saputo più nulla, se non in alcuni retroscena a Montecitorio e poi riportati sui i quotidiani. In pratica ci sarebbe stata una forte indecisione da parte del governo su chi dovesse essere il destinatario di maggiori poteri sulla cybersicurezza. La procura nazionale antimafia guidata da Giovanni Melillo (che coordina l’inchiesta Equalize) o l’agenzia per la Cybersicurezza diretta da Bruno Frattasi? A livello ufficiale questo scontro non viene confermato. Di sicuro il caso sui dossieraggi sollevato dalla Procura di Milano pone diverse questioni, che forse hanno bisogno di tempo per essere risolte. C’è il caso delle possibili ingerenze dei servizi segreti stranieri e di cessioni di informazioni persino agli hacker di Anonymous. Ma c’è pure un tema squisitamente tecnico: a quanto pare in Italia non ci sono alert in caso di intrusioni abusive nei database strategici nazionali, né una tracciabilità seria su chi accede a dati che non sono protetti con una crittografia all’avanguardia. Sta di fatto che ieri mattina il numero uno del Viminale Matteo Piantedosi ha smentito l’urgenza di un nuovo decreto. «La sicurezza in Italia non è a rischio, ci sono dei presidi da dover tenere fermi, degli alert da migliorare, c'è un'indagine, ma non è il caso di lanciare messaggi fuorvianti. Sono testimone del fatto che, ad esempio, le banche dati del Ministero dell’Interno si stanno rivelando sicure, non ci risultano hackeraggi dall’esterno. Certo, ci deve essere una gestione più attenta e meno incline a prestarsi ad utilizzi distorti», ha spiegato durante una visita a Campobasso. Anzi, secondo Piantedosi, che attende l’esito delle indagini, «il quadro normativo attuale, come qualcuno autorevolmente ha già detto, è già abbastanza strutturato e importante nel nostro Paese. Ci sono istituzioni importanti che sono a presidio della sicurezza cyber». Rispetto all’inchiesta invece, come noto, la Direzione distrettuale antimafia ha presentato ricorso nei giorni scorsi contro la decisione del gip Fabrizio Filice che su 16 posizioni ha disposto solo quattro misure di domiciliari e due interdittive, non applicando alcuna custodia cautelare per Pazzali. Ora ne ha richieste 13, tra cui il carcere per Gallo e Calamucci e i domiciliari per il presidente di Fondazione Fiera. A metà mese Pazzali, difeso da Federico Cecconi e Fabio Giarda, saprà di più del suo destino. Eppure Filice nell’ordinanza di custodia cautelare aveva già spiegato perché aveva concesso gli arresti domiciliari solo per il superpoliziotto e l’ex hacker di Anonymous come per il maresciallo della Guardia di finanza Giuliano Schiano e il carabiniere Marco Malerba. Perché «una misura cautelare personale nei confronti di Pazzali, pure richiesta dal Pm» scrive il gip «sarebbe in sé del tutto insufficiente e anzi completamente ininfluente ai fini della prosecuzione, o meno, dell’attività criminosa; mentre, d’altro canto, una volta interrotta l’attività criminosa, mediante l’adozione di presidi personali e reali nei confronti dei quattro indagati principali, domini di Equalize, e della struttura societaria e aziendale del gruppo, tale misura non è necessaria, non aggiungendo nulla in termini di funzionalità cautelare e risolvendosi, quindi, unicamente in una anticipazione del giudizio di merito e dell’eventuale condanna». Oggi nel frattempo saranno sentiti dagli inquirenti Calamucci, Gallo e due esponenti delle forze dell’ordine.