Economia
September 01 2019
Il Movimento propone, la base decide. E' questa la logica che guida l'esperienza politica del Movimento 5 Stelle sin dalla sua fondazione nel 2009. E per far sì che militanti ed elettori possano dire la loro è stata creata la cosiddetta piattaforma Rousseau della quale si è tornato a parlare in questi giorni come colei che avrà l'onore e onere di decidere - grazie al voto degli elettori - il destino ultimo del governo Conte bis.
Il voto sul futuro del Governo Pd-M5S è previsto per il 3 settembre, dalle 9 alle 18.
Questo il questito proposto agli iscritti:
"Sei d'accordo che il Movimento 5 Stelle faccia partire un Governo insieme al Partito Democratico e presieduto da Giuseppe Conte?"
La piattaforma Rousseau altro non è se non un sito internet con un'area riservata cui possono accedere solo gli iscritti che devono identificarsi con account e password e dimostrare di essere tesserati grillini. Entro quest'area è possibile partecipare alle attività del movimento, proporre leggi, fornire punti di vista e soprattutto votare per le decisioni politiche dei 5 stelle.
All'interno dello Statuto pentastellato la piattaforma viene definita come "il luogo dove devono obbligatoriamente svolgersi quasi tutte le più importanti votazioni del partito".
La piattaforma, però, non è di proprietà del Movimento, ma di una società privata senza scopo di lucro, l’Associazione Rousseau, fondata da Gianroberto Casaleggio e ora controllata da suo figlio Davide insieme a Massimo Bugani, Pietro Dettori e Enrica Sabatini.
Nel corso della storia pentastellata la piattaforma di voto è stata usata una settantina di volte sia per scegliere i candidati da presentare nelle varie tornate elettorali sia per questioni più importanti.
Dopo il tracollo alle europee, ad esempio, i militanti sono stati invitati a rispondere con un "sì" o con un "no" alla riconferma di Luigi Di Maio nel ruolo di guida politica del M5S (il "sì" ha trionfato con l'80% delle preferenze).
A febbraio scorso, invece, i militanti si sono espressi circa l'autorizzazione a procedere nei confronti del ministro Salvini a proposito del caso Diciotti (in questo caso a vincere è stato il "no" con il 60% delle preferenze) e in precedenza sempre Rousseau ha determinato la laurea a capo politico pentastellato dello stesso Luigi Di Maio.
In questi giorni se ne è tornato a parlare perché agli elettori (che per accedere a Rousseau devono pagare una quota d'iscrizione oltre che essere tesserati del M5S) verrà chiesto di esprimere il proprio consenso o meno circa le linee programmatiche del governo rosso-giallo in fieri.
Una responsabilità notevole delegata a uno strumento che, però, evidenzia parecchie falle strutturali. In primo luogo perché il numero di iscritti non è noto (Di Maio parla di 100.000, ma non ci sono dati ufficiali depositati agli atti); poi perché le identità dei votanti non sono protette da anonimato e infine perché è stato più volte dimostrato che la piattaforma non è a prova di hacker ( i pirati informatici sono entrati spesso nel portale rendendo pubblici persino i numeri privati dei leader grillini).
In questo senso Rousseau è stata anche multata dal Garante della Privacy. Lo scorso marzo è stata chiesta un'ammenda di 50.000 euro in quanto la piattaforma - si leggeva nelle motivazioni - "non garantisce la protezione delle schede elettroniche e l'anonimato dei votanti in tutte le fasi del procedimento elettorale elettronico" e già nel 2018 Rousseau era entrata nel mirino del Garante che aveva chiesto 35.000 euro per uso illecito dei dati personali.
Inoltre non esiste una società terza che verifica e computa i voti effettivi e le preferenze indicate, ma solo un anonimo notaio di fiducia del movimento che, ad ogni tornata referendaria verifica l'esito del voto e lo rende pubblico.
Manca, quindi, la cosiddetta "certificazione di voto" essenziale per garantire la legittimità dell'espressione popolare anche in caso di democrazia diretta. Tecnicamente, quindi, i voti sarebbero passibili di manomissione.
Lo statuto ricorda che la verifica dell’abilitazione a votare e il conteggio dei voti vengono effettuati in maniera automatica, mentre - si legge nel documento - "la regolarità delle consultazioni è certificata da un organismo indipendente, nominato dal Comitato di Garanzia, o da notaio" la cui identità, però, non è mai stata resa pubblica.
Non solo: ogni qual volta la base è stata chiamata a esprimersi in maniera massiccia subentrano bug, falle del sistema e black out ritenuti sospetti dagli addetti ai lavori in quanto potrebbero rappresentare una copertura per alterare la volontà espressa dall'elettorato.
Dietro la piattaforma, poi, c'è anche un bel giro di soldi: ogni politico del M5S, ad esempio, ogni mese deve - sempre x statuto - versare 300 euro a Rousseau e gli stessi militanti, per aver diritto al voto, devono pagare.
Il Sole24 Ore ricorda che "tra contributi da persone fisiche e proventi da eventi e attività editoriali, nel 2018 l'Associazione Rousseau ha incassato 1,24 milioni di euro, tra i quali spiccano i 699.844 euro provenienti dai parlamentari M5S".
I dati sono contenuti nel bilancio 2018 che è stato chiuso con un avanzo di gestione di 57.573 euro e un patrimonio netto positivo per 2.188 euro.