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June 25 2013
Sapete come si dice: la prima generazione costruisce, la seconda mantiene, la terza distrugge. Ma per i naturalisti a quanto pare la storia è diversa: la prima scopre, la seconda studia, la terza (quella a cui appartiene l’autore di questo libro) divulga. Matteo Sturani è infatti un naturalista di terza generazione, lo definisce così la stringata biografia sulla bandella di Pietre, Piume e insetti. L’arte di raccontare la natura , edito da Einaudi.
L’autore, o più appropriatamente dovremmo dire il curatore (per quanto ogni autore sia curatore di una piccola parte di mondo), dà voce in questo libro al silenzio della natura attraverso le parole dei migliori scrittori della modernità. Da Nabokov a Primo Levi, da Calvino a Franzen, da Thoreau a Gadda, davanti al lettore sfilano alcune fra le pagine più affascinanti e neglette della storia della letteratura contemporanea.
Qual è infatti la reazione del più scafato dei lettori che incappi in cinque pagine di caccia alle farfalle fra un duello e un’estrema unzione? Saltarle, naturalmente. Proprio come ci capita nella quotidianità, siamo portati ad andare oltre, a inseguire lo scopo, il fine, tenere il passo della narrazione e della vita scansando quei (rari) momenti di contemplazione come inciampi, quasi come pericoli. E adesso eccoli qua, tutti in fila, pronti a lasciarsi ammirare: frammenti di testo piccoli come formiche, lucenti come coleotteri.
È il grande duello fra lo sguardo dello scienziato e quello del pittore che si ripresenta, due sguardi diversissimi ma che in noi convivono: quello in grado di confrontarsi col dato (che dato non è a occhi poco attenti) e quello dell’emozione, quello dell’esattezza e quello dell’approssimazione (che non è incertezza, ma la sicurezza di uno sguardo sempre più da presso).Un’educazione al bello e all’umiltà, alla nobiltà dell’infinitamente piccolo e alla maestà dell’infinitamente grande, ma soprattutto alla complessità.
La contemplazione naturalistica infatti non è semplicemente l’incontro fra un’immagine e uno sguardo: servono esperienza, intelligenza emotiva e una straordinaria elasticità mentale. Diversamente come si potrebbe passare dallo studio dell’infinitamente piccolo filo d’erba all’infinitamente grande ecosistema pluviale? Sarebbe come pretendere da un miniatore di manoscritti anche l’abilità di disegnare la mappa di New York, eppure è esattamente quel che il naturalista tenta di fare. Senza dimenticare naturalmente l’antropologia e la religione: osservare un insetto ritenuto sacro non è la stessa cosa di osservare un insetto di cui ci si nutre quotidianamente. Ci sono posti nel mondo dove uno scarafaggio non è poi così diverso da un gamberetto, culturalmente parlando.
Guardare la natura è dunque colore, odore e sapore, ricordo e scienza, emozione e dato, e chi più qualificato di uno scrittore per tenere assieme tutto ciò? Forse un curatore letterato come Sturani, un entomologo di scritti altrui.
Pietre, piume e insetti. L'arte di raccontare la natura, a cura di Matteo Sturani, 403 pagine, 21 euro