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April 14 2015
Ha liquidato tutte le società di Stato e lo Stato lo ha collocato nell’unica società che ha il compito di costruire. E sicccome in Italia piacciono i contrasti e gli uomini fuoriposto, dal 2006 il presidente dell’Anas, Pietro Ciucci, non era certo un ingegnere ma un economista.
Se la geologia, le frane non avessero fatto il suo corso, Ciucci sarebbe rimasto presidente Anas fino a maggio 2016, quando una legge, e va dato atto che è di Matteo Renzi, lo avrebbe costretto a lasciare il suo incarico. Ciucci infatti non dimostrava segni di stanchezza nonostante fosse dal 1969 un mandarino della burokrazia che non solo lo ha cresciuto sin da quando aveva diciannove anni, ma gli ha permesso di spadroneggiare tra società di Stato, consigli di amministrazione, digerire un'abbuffata di cariche, l'abbondanza di crolli, flop storici, lavori che naturalmente oggi sono più in corso di ieri.
Sicuramente Ciucci conosce l’Anas, la società che amministra i dispiaceri più grandi dell’automobilista italiano, quasi 21 mila kilometri di strade e ponti che solo la buonasorte oggi tiene in piedi, meglio di qualsiasi ministro essendoci nato, rimasto e riprodotto. A riportarlo in Anas dopo una parentesi in Iri è stato Romano Prodi che poi era sempre lo stesso che lo aveva sottratto all’Anas e portato all'Iri. L’uomo non è bizzoso, conosce la fedeltà, si fa concavo e convesso a secondo dei governi.
Con Berlusconi è stato infatti nominato amministratore delegato della società “Stretto di Messina” che doveva realizzare quel ponte che ormai appartiene al cinema fantasy. Finora la società ha costruito solo debiti: 200 milioni è costato dal 1986 al 2008 secondo la Corte dei Conti, nessuna pietra e tanta carta.
Ma torniamo alla riproduzione di Ciucci. Tornato all’Anas, Ciucci non si accontenta della carica di presidente del consiglio di amministrazione di Anas spa, dato che ormai in questo paese il titolo di presidente ha sostituito il dottore di Totò. A espandere le sue funzioni in Anas ci pensa nel 2013 l’assemblea degli azionisti che lo incorona questa volta presidente di Anas (manca la parola consiglio), amministratore delegato sempre di Anas (qui l’aggiunta è amministratore delegato) e direttore generale. Sono tre cariche per un uomo solo come facevano i generalissimi che collezionavano le medagliette sul petto: maresciallo, federmaresciallo, colonnello.
Ma come ogni professionista, Ciucci se lo sono contesi anche i privati, senza che il pubblico facesse una smorfia. Ciucci ha prestato la sua consulenza "preziosissima" al Mose di Venezia, ottenendo mezzo milione di euro di incarichi. E come si vede siamo sulla strada di Ercole Incalza, l’altro immarcescibile delle Infrastrutture italiane che dirigeva la struttura operativa del ministero, ma arrotondava di pomeriggio con l’elemetto sulla testa per conto terzi. Ciucci si è seduto anche nei consigli di amministrazione dell’Alitalia, Rai, Stet, Finmeccanica, Comit, Aeroporti di Roma… e non si può continuare per la sensibilità che si ha nei confronti di chi legge.
E insomma basterebbe la proliferazione dei compiti di Ciucci per aprire la grossa discussione su cosa sia stata l’amministrazione pubblica in questi anni. Qui dove la sfrontatezza è destino, Ciucci dopo aver addizionato le tre cariche si autoscorpora per darsi la buonauscita. Il presidente Ciucci congeda direttore generale Anas, Ciucci. Essendo due persone in una, la decisione è cosi repentina che non ha bisogno di preavviso, tranne che per le guarentigie di Stato. Il licenziamento senza preavviso da parte del presidente Ciucci al direttore generale Ciucci vale quasi due milioni di euro.
E pure poco importerebbe se solo le nostre strade non fossero tappeti elastici. Negli ultimi mesi sono crollati tre viadotti: Scorciavacche (Palermo), Salerno-Reggio Calabria (un operaio è morto), Palermo-Catania (e la Sicilia è divisa in due) e non si fa la piccola contabilità che necessiterebbe di un dizionario. Con Graziano Del Rio ministro, Ciucci ha rimesso il mandato e non per sensibilità ma per non sopportare l’onta delle dimissioni, come quegli allenatori che si dimettono prima che arrivi l’esonero. Si è messo sulla strada nell’Italia che rimane per strada.