Errori e solitudine, così Pioli si è giocato il Milan

La confusione che ha accompagnato la settimana del doppio derby d'Europa League contro la Roma è stata la fotografia sul finale della storia di Stefano Pioli con il Milan. Non solo l'eliminazione, mai in discussione lungo tutti i 180 minuti, ma anche il modo in cui è maturata con due match tatticamente dominati da Daniele De Rossi sono il capo d'accusa più difficile da allontanare per l'allenatore dello scudetto del 2022 e della semifinale Champions League dell'anno scorso. Tra San Siro e Olimpico Pioli ha dimostrato di essere in confusione e, forse per la prima volta, messo sotto pressione e all'ultima spiaggia non è stato capace di trovare una via d'uscita.

La gara di ritorno contro la Roma è stato un cimitero di errori. Squadra che si è presentata senza il sacro fuoco di chi deve ribaltare una sconfitta, mangiata nelle motivazioni prima che in campo dall'avversario, e con uno schieramento in cui nessuna delle mosse pensate per cambiare l'impasse dell'andata ha funzionato. Anzi. Giocatori fuori ruolo (Calabria, Loftus Cheek e Pulisic), centrocampo improvvisato davanti a una difesa che aveva già dato segnali preoccupanti di scollamento, manovra affidata a un mediano inventato come Calabria e poi, una volta trovata la superiorità numerica con ancora un'ora a disposizione, cambi illogici e il sacrificio di Chuckwueze che pure in questa fase della stagione appare il più in forma e determinante.

Un corollario di decisioni sbagliate che apre uno squarcio sulla difficoltà vissuta da Pioli nel preparare una sfida che per lui valeva doppio: per il presente, provare ad allungare la strada in Europa, e per il futuro. Se fino a dieci giorni fa il borsino per la conferma segnava un incoraggiante più, ora la situazione si è ribaltata. Uscire male contro una squadra che in classifica ti segue distaccatissima, con in mezzo una prestazione difensivamente imbarazzante come quella di Reggio Emilia, con alle porta il derby che può consegnare la seconda stella all'Inter, assomigliano a una sentenza.

Nella pancia dell'Olimpico anche Pioli è parso sconsolato. Consapevole che la stracittadina rischia di essere un'ulteriore stazione di una via crucis tecnica e che i crediti per tenersi la panchina si sono esauriti. Sul tavolo non c'è solo un rapporto ormai logoro con l'ambiente, cristallizzato dalla contestazione della Curva Sud e dal messaggio recapitato via social che invita la società a cambiare guida tecnica a giugno.

A decidere sarà Zlatan Ibrahimovic che a Roma era presente insieme a Giorgio Furlani. Nessuno dei due ha voluto metterci la faccia ad eliminazione consumata, sono sfilati via per tornare a Milano mantenendo silenzio e distacco. In prima fila si è trovato solo Pioli a cercare di argomentare, immagine plastica di una solitudine anch'essa paradigmatica di quale sia la temperatura oggi tra Casa Milan e Milanello.

A chiudere la stagione mancano ancora sei impegni. Alcuni - derby e Juventus - di alto contenuto emozionale. La sensazione è che non possa bastare nemmeno uscire trionfando da queste curve per cambiare il finale della storia. Pioli ha chiesti pazienza perché i bilanci si fanno quando tutto è chiuso. Il percorso di Psg e Borussia Dortmund in Champions League hanno rivalutato quello del Milan nell'Europa che contava, ma da febbraio in poi anche fuori dai confini italiani il passo è stato incerto. In campionato non basta la proiezione oltre gli 80 punti, oltretutto a distanze enormi dall'Inter. La Coppa Italia è un'aggravante in più. Il mondo intorno al Milan aspetta solo l'addio, difficile che Ibrahimovic possa scegliere un finale diverso.

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