Calcio
November 30 2020
Il deludente pareggio della Juventus a Benevento, il terzo della serie contro le piccole Crotone e Verona e il quinto complessivo da inizio campionato, segnano un prima e un dopo nella stagione bianconera. In 90 minuti si è passati dai segnali incoraggianti visti contro Lazio e Cagliari, ai dubbi espressi non più solo nel segreto dello spogliatoio su Andrea Pirlo. Il tecnico debuttante, predestinato per definizione di Agnelli e Paratici, catapultato sulla panchina dei campioni d'Italia senza essere transitato nemmeno su quella dell'Under 23 se non per qualche giorno senza lavoro. Una luna di miele che i molto ben informati (Massimiliano Nerozzi sul Corriere della Sera) definiscono finita con senso di disorientamento crescente da parte dei giocatori per i silenzi in campo dell'ex fuoriclasse che da sempre si è abituato a far parlare i suoi piedi prima ancora delle parole.
I numeri non dicono tutto nello sport, ma aiutano a capire. E' un dato di fatto incontrovertibile che la partenza di Pirlo sia stata lenta. La più lenta di un tecnico del ciclo vincente visto che Sarri (23 punti), Allegri (22) e Conte (19) avevano fatto tutti meglio rispetto al bresciano nelle prime 9 giornate di campionato sulla panchina bianconera. Nulla di irreparabile, vista l'anomalia di un torneo ancora senza padrone, però la domanda su come sarebbe stata accolta una performance simile da parte di Sarri è lecita. Perché la Juve di Pirlo si sta trascinando difetti da settembre e l'alibi, giustificato dai fatti, del non aver avuto tempo di preparare la svolta viene meno col passare delle settimane.
Sarri probabilmente sarebbe stato criticato come gli è puntualmente capitato quando i risultati sono peggiorati a inverno iniziato. Pirlo è stato fin qui protetto dall'etichetta di predestinato appiccicatagli addosso da Agnelli nel giorno della scelta e che ha accompagnato il suo debutto come allenatore. E' stato circondato da uno staff molto più esperto di lui e, da quello che emerge dagli spifferi di spogliatoio, molto attivo nel gestire il lavoro tattico in settimana e durante le partite.
In assoluto non c'è nulla di male. In fondo questa situazione strana di pandemia, in cui i tecnici ogni tanto devono allontanarsi dal gruppo spostando il proprio contributo in smart working, dimostra come i grandi club facciano bene a ragionare di staff e non solo di singoli uomini. Però il solo fatto che da dentro comincino ad essere espressi dubbi su Pirlo e sul suo modo di gestire la situazione non può non far riflettere.
Le critiche esterne sono state poco pungenti. L'etichetta del predestinato è piaciuta, fin troppo. Se nel muro dovesse crearsi una breccia il rischio è che il consenso al buio dell'inizio si trasformi in eccesso di critica in corso d'opera. Con qualche richiamo sinistro, se così fosse, a quanto accaduto un anno fa con Maurizio Sarri la cui colpa più grande, parole del presidente Agnelli, fu quella di "non riuscire a creare un'alchimia dentro lo spogliatoio.
Difficile trovare riscontri alle perplessità interne. Anzi. L'argine rimane tuttora solido e compatto e la considerazione che viene fatta è che la mancanza d'esperienza, che si traduce in incapacità di gestire le partite, discende dal profondo rinnovamento che la rosa ha subito nei mesi scorsi. Un lavoro che ha portato la Juventus di oggi ad avere un Dna meno esperto del passato: non solo una questione di età, ma di abitudine a confrontarsi con le difficoltà tattiche del nostro campionato. In fondo, tolti Bonucci, Chiellini e Ronaldo, lo juventino di più lungo corso in campo a Benevento era Cuadrado peraltro fiaccato nel fisico dal logorio di un novembre fatto di impegni e trasferte, anche da un lato all'altro dell'Atlantico.
Da qui l'andamento a strappi tra una gara e l'altra e anche dentro la stessa partita. Un male che sta colpendo anche altre big in giro per l'Europa in questo anomalo inizio di stagione. Il primo trimestre di Pirlo non preoccupa la società, che ne vede soprattutto i lati positivi: il rendimento di Ronaldo, il recupero di Rabiot e Ramsey e i segnali di crescita sul piano del gioco. I risultati mancano, ma in una classifica molto compressa sembra il minore dei mali.