Pittalis: «Unità di intenti e serenità nell’abrogazione dell’abuso d’ufficio»

Entra nel vivo la riforma dell’abuso d’ufficio che approderà all’abolizione del reato previsto e punito dall’art. 323 del codice penale, con le inevitabili code polemiche. Il ministro della giustizia Nordio, che difende l’abolizione di fatto della norma, ha di fronte uno scenario in piena evoluzione: solo qualche giorno addietro aveva fatto suo un dossier dell’onorevole Andrea Costa, responsabile Giustizia di Azione, riguardante vicende giudiziarie di sindaci e amministratori comunali che dopo lunghi procedimenti penali avevano visto le proprie posizioni assolte o archiviate. Ma è nel rapporto con i magistrati che la partita del Ministro è sembrata inasprirsi: Nordio è infatti intervenuto in merito alla polemica con il presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia ed ha ribadito che “l’interlocutore istituzionale del Governo e della politica non è il sindacato, ma il Csm”. Le toghe, infatti, avevano affermato che fosse loro diritto intervenire sulla vicenda della abolizione dell’abuso d’ufficio e il ministro aveva rincarato la dose: “Se un magistrato singolarmente ritiene, dal suo punto di vista, che una legge sia sbagliata, nessuno ha il diritto di togliergli la parola o di dire che interferisce”, se però “il rappresentante di un sindacato di magistrati, prima che fosse noto il testo del disegno di legge, pronuncia tutta una serie di critiche severissime”, aveva concluso Nordio, “secondo me, in corretto italiano, significano interferenze”.

Panorama.it, ha chiesto al Vice presidente della Commissione giustizia della Camera, Pietro Pittalis, di spiegarci lo stato di avanzamento dei lavori e il clima che regna in Commissione.

Vicepresidente, l’abuso d’ufficio sta occupando l’agenda politica della Commissione Giustizia.

«Nell’attesa del provvedimento definitivo, la Commissione Giustizia si è mossa da tempo per esaminare le proposte di legge intervenute, nello specifico quelle di Forza Italia (Pittalis, Rossello e Pella) e di Azione, a firma di Enrico Costa. In particolare la mia proposta contiene anche una modifica del reato di Traffico di influenze illecite normato ad oggi dall’art. 346 bis del codice penale. Abbiamo già avviato l’esame del provvedimento con le audizioni di numerosi magistrati, docenti universitari ed avvocati: senza dimenticare i numerosi sindaci che hanno offerto elementi utili per una valutazione spedita del provvedimento in studio».

Il ministro Nordio ha affermato si tratti di reato “evanescente”…

«Questa sfumatura, in effetti, sta emergendo proprio durante queste audizioni: sembra ormai arrivato il momento di eleminare dall’ordinamento penale italiano un reato che ha dimostrato una vera inutilità nel corso del tempo. Lo dicono i numeri, del tutto insignificanti, se è vero che a fronte di migliaia di iscrizioni nel registro degli indagati, alla fine soltanto un numero irrisorio di procedimenti riesce ad arrivare a sentenza».

Solo inutile?

«No, anche dannoso, per aver costituito un vero grimaldello nelle mani dei procuratori della Repubblica per invadere spazi, ruoli e funzioni che non competono alla magistratura, determinando quella che è stata definita “la paura di firma”, che nel tempo ha impedito o rallentato la realizzazione di importanti opere pubbliche, limitando l’azione della pubblica amministrazione in casi in cui non era assolutamente necessaria un’azione penale».

Un reato, sembra di capire, che colpisce l’immagine degli amministratori pubblici?

«Basta chiederlo proprio alle migliaia di amministratori e di funzionari pubblici finiti nella rete della magistratura inquirente e poi risultati assolti. L’effetto è stato dannoso per la loro immagine pubblica e privata: ricordiamo che la pubblicazione di notizie di informazioni di garanza a carico di chi esercita cariche pubbliche, è sempre valsa -già di per sé- come indice di colpevolezza, oltre all’esposizione al pubblico ludibrio assolutamente nefasta, salvo poi approdare ad inchieste sgonfiatesi nel corso dell’istruttoria dibattimentale».

Il dibattito di questi giorni si è surriscaldato a tal punto da chiamare in causa la normativa europea…

«Il solito spettro agitato da quelle fazioni giustizialiste che guardano all’esterno. Si tratta dell’argomento delle infrazioni cui si esporrebbe l’Italia rispetto alla normativa comunitaria in materia: ma tutto ciò è frutto di una lettura del tutto errata sia della nostra normativa che di quella comunitaria. Infatti quest’ultima fa esplicito riferimento a “fatti di corruzione, di peculato, di malversazione e concussione”, fattispecie queste che, come sappiamo, non verranno minimamente toccate dalla abrogazione normativa in corso di approvazione».

Una bella differenza normativa, diremmo…

«Non si capisce quale potrà essere l’interferenza con la normativa europea, o, addirittura -per come palesato…- l’eventuale contrasto con la normativa interna della lotta alle organizzazioni criminali. Si tratta, evidentemente, di argomentazioni che danno il senso di una volontà diretta ad ingessare il tema giustizia».

In ogni caso la materia occupa sia il versante tecnico-giuridico che quello politico. La maggioranza è compatta?

«In Commissione Giustizia, alla Camera, per diretta conoscenza, il clima è di assoluta condivisione sia sull’abrogazione totale dell’abuso d’ufficio che sulla modifica del reato di Traffico di influenze illecite. Il Ministro Nordio ha, nello specifico, riferito di un suo recente chiarimento anche con la senatrice Giulia Bongiorno, che, ricordiamolo, è la presidente della Commissione Giustizia al Senato».

In tema di riforma della giustizia, spicca, ovviamente, quello delle intercettazioni…

«Tema centrale della riforma, ovviamente. E si sta intervenendo con una disciplina definita -a torto- come “bavaglio” sul terreno della libertà di informazione. Mai la riforma inciderà su tale diritto fondamentale, in quanto l’intervento normativo servirà soltanto a riportare il sistema ad una regola di civiltà giuridica, ovvero consentire le pubblicazioni delle intercettazioni che sono comprese nel contesto motivazionale dei provvedimenti giurisdizionali».

Per le altre non ci sarò diritto di pubblicazione…

«Certo. Si tratta di quelle intercettazioni che non hanno attinenza con le indagini, che non hanno assoluta rilevanza penale e che, soprattutto, si riferiscano a conversazioni di terzi estranei alle indagini stesse. La pubblicazione di brani di conversazioni tra persone del tutto estranee alle indagini è un aberrante meccanismo per distruggere vite private e per stroncare carriere, con un’invasione di campo. E della privacy…».

*

Pietro Pittalis, nato a Charleoi, in Belgio da genitori sardi, classe 1958, avvocato, è vice presidente della Commissione Giustizia della Camera dei Deputati. Consigliere regionale della Sardegna dal 1994 al 2018 nelle liste di Forza Italia, è stato assessore regionale a Programmazione, Bilancio, Credito e Assetto del Territorio dal 1999 al 2004. Alle elezioni politiche del 2018 è stato eletto alla Camera dei deputati con Forza Italia nella circoscrizione Sardegna. Dal 21 giugno 2018 è membro della Commissione Giustizia della Camera e dal 20 luglio dello stesso anno ricopre il ruolo di capogruppo di Forza Italia nella Giunta per le elezioni. Dal 26 aprile 2019 è membro della Giunta per le autorizzazioni. Al 9 agosto 2022 risulta avere un indice di presenze pari all’84.80%. È stato nella XVIII legislatura relatore di tre disegni di legge e co-firmatario di 108.

YOU MAY ALSO LIKE