Politica
July 16 2023
Il clima politico di questi giorni, ben oltre le temperature estive, appare surriscaldato dallo scontro tra governo e magistratura, e le fiammate arrivano sin dentro Palazzo dei Marescialli, storica sede del Csm. L’apertura di un fascicolo a tutela della dott.ssa Emanuela Attura, il gip romano che qualche giorno addietro aveva disposto la c.d. l'imputazione coatta nei confronti del sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro, coinvolto nell’inchiesta-Cospito, ha letteralmente ingenerato un effetto-domino: il gruppo di magistrati proponenti ha, infatti, sollecitato l’intervento del Csm per respingere l’attacco rivolto dall’Esecutivo alla gip. Il governo, con una sua nota, aveva attribuito a parte della magistratura l’intenzione di fare fronte comune con l’opposizione, schierandosi così contro la squadra di governo.
Tecnicamente l’imputazione coatta rappresenta, ex art. 409 c. 5 c.p.p., un atto giudiziario che dispone che la Procura, che aveva chiesto precedentemente l’archiviazione di un caso, sia praticamente obbligata ad esperire l’azione penale. In pratica è lo stesso gip ad assumersi la paternità sostanziale dell’azione penale, disponendo che entro dieci giorni il pm formuli l’imputazione. In tale modo il gip lascia al pm l’imputazione nominale e formale, avendo -quest’ultimo- il dovere giuridico di formulare l’imputazione come adempimento tecnico e non già come scelta operativa. Inoltre, entro due giorni dalla formulazione dell’imputazione, il gip fissa con decreto l’udienza preliminare: c’è però da precisare che il gip che ha ordinato la formulazione dell’imputazione, non potrà, per incompatibilità, fungere, nel medesimo processo, anche da giudice per l’udienza preliminare o da giudice dibattimentale.
Il presidente dei politologi italiani ricorda come «più che i tecnicismi dietro cui si stanno trincerando gli schieramenti, sono da tenere sotto osservazione i tempi tecnici di riforme epocali per il nostro tempo».
Panorama.it, al di là del profilo processualistico, ha chiesto a Luca Verzichelli, presidente dei politologi italiani, di sintetizzare l’ingarbugliato momento storico che vede gli schieramenti accapigliarsi per tecnicismi.
Professore, è in atto un duro scontro tra “titani”, potere politico e potere giudiziario...
«Non vi è dubbio che i fatti degli ultimi giorni mettono in evidenza la difficoltà strisciante nel rapporto politica-magistratura in Italia. Ciclicamente, riemergono asperità che sono largamente trasversali rispetto agli schieramenti, anche se il centro-destra ha storicamente sfidato in modo più aperto i giudici sia sul modello di giustizia che su alcune prerogative di controllo sul loro operato».
Sembra che Berlusconi non sia mai uscito di scena…
«Ai tempi della leadership di Berlusconi il conflitto si era palesato nella sua forma più smaccata, anche per i toni usati dal padre del “populismo all’Italiana”. Ma ripeto: la storia ci insegna che si tratta di tensioni più o meno sopite ma striscianti».
I commentatori, però, insistono su una forte incidenza del conflitto. Le armi sembrano più affilate…
«Il conflitto è particolarmente difficoltoso in questo momento per la particolare composizione del centro-destra e anche per la storia personale dei personaggi chiave che guidano la politica della giustizia. Nordio è un ex magistrato, sebbene da sempre molto autonomo rispetto alle diverse posizioni “sindacalizzate” delle toghe italiane. Giorgia Meloni è una leader tradizionalmente giustizialista che ha nel consenso alle toghe e agli “eroi dello stato” uno dei pilastri della propria narrazione».
Il campo del populismo sembra affollato più che mai…
«In questo, il populismo di Meloni è diverso da quello di un Salvini che ha potuto in passato alternare giustizialismo generico a un duro confronto con quei giudici (spesso epitetati toghe rosse come il maestro Berlusconi faceva già dagli anni novanta) che lo attaccavano per il modo in cui interpretava i propri ruoli di governo, soprattutto nel suo periodo al Viminale».
Ha dimenticato Daniela Santanchè?
«Anche le implicazioni delle inchieste giornalistiche sulla ministra Santanchè – vedremo poi se seguite e come sviluppate in inchieste della magistratura ordinaria – rappresentano un evidente elemento di imbarazzo. Vero che il ministro Santanchè rappresenta un elemento di fusione tra quella “destra tradizionalista” di cui fa parte da molti anni e quel nuovo “establishment imprenditoriale” sviluppatosi in parallelo alla fase Berlusconiana».
Equilibrismi e funambolismi?
«Questo tipo di equilibrio rischia di rompersi quando gli elettori di Fratelli d’Italia dovessero essere chiamati ad avallare comportamenti pur legali ma sostanzialmente spregiudicati e lontani dalla mentalità di una forza politica che ha ancora una visione “sociale” della destra».
Cosa ha in serbo il futuro?
«Non vedo implicazioni di ordine rivoluzionario. D’altra parte, è difficile immaginare un fronte coeso nelle opposizioni, con un PD ancora molto diviso (su questo e su altri temi in agenda), un M5S che non può essere più l’alfiere del giustizialismo dei tempi della opposizione solitaria al sistema, e un centro nel quale le posizioni (di Calenda e soprattutto di Renzi) sul modello di giustizia sono state spesso più affini a quelle di Nordio che non a quelle degli altri partiti di minoranza».
I problemi, in realtà, sono altri…
«L’unica implicazione di breve periodo che vedo è un ulteriore rallentamento dell’unica riforma necessaria: quella della riduzione dei dossier inutili che metta la giustizia e la intera PA italiana in grado di funzionare adeguatamente negli anni in cui dovremo eseguire le tante politiche pubbliche legate all’uso delle risorse messe a disposizione dal PNRR».
Luca Verzichelli, grossetano, classe 1964, ordinario di Scienza politica presso il dipartimento di scienze sociali, politiche e cognitive dell’Università di Siena è il presidente della Società italiana di scienza politica (Sisp), nata nel 1973 per volontà del professor Giovanni Sartori (1924-2017), che ricordiamo tra i più autorevoli politologi della scena internazionale. Studioso del sistema politico italiano e di analisi delle istituzioni e rappresentanza parlamentare in prospettiva comparata, è stato visiting fellow al St. Antony College dell’Università di Oxford e alla Australian National University, e tra le sue pubblicazioni ricordiamo “Il sistema politico italiano” (Carossi, 2020) scritto a due mani con Maurizio Cotta
Solo la riforma della giustizia può salvare la giustizia
Nordio: »La politica smetta di inchinarsi alla magistratura»
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