Politica
June 04 2020
L'idea di unire la Sicilia con il resto della penisola attraverso un ponte che collega i due lembi di terra vigilati da Scilla e Cariddi è vecchia come il mondo. Gli storici del Ponte sullo Stretto di Messina fanno addirittura risalire questo sogno alle Guerre Puniche quando gli antichi romani avevano studiato una sorta di catena di navi da ancorare nello stretto una accanto all'altra per percorrere quei 3,2 chilometri di mare senza utilizzare un'imbarcazione.
Eppure secoli dopo siamo ancora punto e a capo con il progetto mai realizzato del Ponte sullo Stretto di Messina che rappresenta l'eterna metafora del "vorrei ma non posso" italian style.
Prima che il Premier Giuseppe Conte ne parlasse asserendo "Lo valuterò senza pregiudizi" a proposito dell'eventualità di destinare parte del pacchetto Recovery Fund alla sua realizzazione, era stato Matteo Renzi nel 2016 a tirare fuori dal cappello il Ponte sullo Stretto in piena campagna referendaria annunciandone la ripresa della realizzazione.
E prima di lui è da più di un secolo che, a intervalli regolari, questo o quel politico utilizzano il Ponte di Messina come strumento di propaganda politico elettorale che, a elezioni avvenute, sparisce nei meandri di un buco nero che, è stato calcolato, solo dal 1969 a oggi ha inghiottito almeno miliardi di euro.
Se si pensa che l'Italia, tra i paesi europei, è quello con la più bassa percentuale di opere pubbliche completate nei tempi e nei budget stabiliti e quello con la più alta quantità di grandi opere incompiute si comprende che il Ponte è la quintessenza di un modus operandi fallimentare e da rivedere dalle fondamenta visto che la prima volta, senza scomodare gli antichi romani, che si è parlato concretamente del Ponte è stato il 1866 con l'allora Ministro per i Lavori Pubblici Jaccini che diede l'incarico all'ingegnere Alfredo Cottrau di studiare il progetto di un ponte tra Sicilia e Calabria.
Dopo un secolo di progettazioni e studi ingegneristici l'anno da ricordare è il 1955 quando viene costituito il Gruppo Ponte Messina S.p.A. formato da Finsider, Fiat, Italcementi, Pirelli e Italstrade con lo scopo di promuovere studi ingegneristici e ambientali finalizzati alla realizzazione di un collegamento stabile viario e ferroviario tra la Sicilia e il resto del Paese.
Iniziano 9 gli studi di fattibilità e i progetti per vagliare il numero di campate a sostegno del ponte. Per far chiarezza tra un'enorme quantità di ipotesi ingegneristiche più o meno campate in aria nel 1969 il Ministero dei lavori pubblici bandisce un "Concorso internazionale di idee" per un progetto di attraversamento dello stretto. Ne vengono presentati 143 e i premi assegnati sono 12: 6 primi posti ex equo e altrettanti secondi posti. Un concorso con 12 vincitori, però, è un concorso in cui non ha vinto nessuno perché realizzare un ponte fondendo 12 progetti è palesemente impensabile. Eppure da Roma arrivano i primi soldi: 3 miliardi e 200 milioni di lire per gli studi preliminari.
Da qui in poi tra concessionarie, appalti, cambi societari, studi di fattibilità, supervisori, indennizzi e subappalti il Ponte inghiotte idee, risorse, soldi e fascicoli in un nulla di fatto con cui facciamo ancora oggi i conti.
La legge n. 1158 autorizza la creazione di una società di diritto privato a capitale pubblico, concessionaria per la progettazione, realizzazione e gestione del collegamento stabile viario e ferroviario.
La soluzione a campata unica – su cui ancora oggi si ragiona - per un totale di 3.300 mt. è stata presentata nel 1978 dal Gruppo Ponte Messina S.p.A. La campata unica (che sarebbe la più lunga al mondo) è la soluzione che permette di evitare di piantare piloni nel profondissimo stretto e nello stesso tempo sarebbe quella in grado di ammortizzare meglio la spinta sismica del territorio.
Tre anni dopo, è il 1981, viene costituita la concessionaria Stretto di Messina S.p.A. a cui partecipano finanziariamente l'Italstat e l'Iri con il 51% e Ferrovie dello Stato, Anas, Regione Siciliana e Regione Calabria in percentuali uguali del 12,25% ciascuno.
Per la prima volta viene fornita una data entro cui il Ponte sullo Stretto vedrà la luce. A dare l'annuncio è l'allora ministro per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno, Claudio Signorile e a Palazzo Chigi siede per la prima volta Bettino Craxi. Presidente dell'Iri è Romano Prodi. La data di realizzazione è il 1994.
Tra studi di fattibilità, fascicoli, progetti, burocrazie varie, dichiarazioni a mezzo stampa, rinvii, cambi di budget e balletti di cifre passano gli anni senza che, però, nulla venga fatto mentre un mare di soldi spariscono nel nulla.
Ancora una volta a tirare fuori dal cappello di jolly "Ponte sullo Stretto" è Bettino Craxi in piena campagna elettorale. Viene presentato il "progetto di massima definitivo" un ossimoro semantico comprendente relazioni tecniche, previsioni di spesa, tempi di esecuzione, e la valutazione d'impatto ambientale, a firma dell'ingegnere inglese William Brown. Poi arriva Tangentopoli e la fine della Prima Repubblica e bisogna aspettare il 1997 perché il "progetto di massima definitivo" venga approvato dal Consiglio Superiore per i Lavori pubblici.
Ancora tempo di elezioni politiche. A sfidarsi sono Silvio Berlusconi e Francesco Rutelli e per entrambi il Ponte è nel programma elettorale.
Il Cipe approva il progetto preliminare che nel frattempo è stato ulteriormente modificato e viene stipulato l'ennesimo accordo di Programma tra Ministero delle Infrastrutture, Ministero dell'Economia, Regione Calabria e Regione Siciliana, Anas, Rete Ferroviaria Italiana e Stretto di Messina S.p.A. che si impegnano a realizzare l'opera entro il 2020.
L'Associazione Temporanea di Imprese Eurolink S.C.p.A., capeggiata da Impregilo S.p.A. vince la gara d'appalto per la costruzione del ponte con un'offerta di 3,88 miliardi di euro. Il Comitato di Coordinamento per l'Alta Sorveglianza delle Grandi Opere e la Società Stretto di Messina sottoscrivono un protocollo d'intesa per la prevenzione delle infiltrazioni della criminalità organizzata nella realizzazione del Ponte.
A Palazzo Chigi questa volta siede Romano Prodi che vorrebbe annullare il contratto con la Impregilo, ma il Ministro dei Trasporti Antonio Di Pietro, insieme all'opposizione di centrodestra, lo evita e accorpa la Stretto di Messina S.p.A. all'Anas al fine di scongiurare il pagamento di penali per oltre 500 milioni di euro alle società appaltanti per la mancata esecuzione dei lavori.
Un anno dopo è il Governo Berlusconi ter a ripartire alla carica con il progetto.
La data di fine lavori viene stabilita per il 2016 e il Cipe stanzia 1,3 miliardi di euro oltre a nominare un Commissario Straordinario che verifichi la messa in opera del ponte.
Eurolink invia a Stretto di Messina S.p.A . il progetto definitivo del ponte e degli oltre 40 chilometri di raccordi stradali e ferroviari: tutte le impostazioni tecniche e i costi di costruzione del progetto preliminare vengono confermate.
Vede la luce il primo "Progetto definitivo" per la realizzazione del ponte. Il costo previsto è di 8,5 miliardi ma l'Unione Europea sottolinea che non intende stanziare fondi per un'opera non ritenuta prioritaria.
Gli anni passano e il ponte non si realizza ancora. Scattano le penali. E' il 2012, al Governo c'è Mario Monti che con la Legge n. 2217\12 stanzia 300 milioni per il pagamento delle penali per la non realizzazione del progetto e dispone che Stretto di Messina S.p.A. e il general contractor Eurolink la stipula di un contratto aggiuntivo entro il 2013.
Decadono i termini per la stipula del contratto aggiuntivo e quindi l'appalto decade. A Eurolink dovrebbero essere versati 45 milioni di euro d'indennizzo per la mancata realizzazione, ma la concessionaria fa causa all'Italia chiedendone 779.
Dopo quella data è Matteo Renzi a tornare a parlare del ponte sullo stretto nel 2016 mettendolo tra le priorità di un Governo affamato di consensi in vista della campagna referendaria costituzionale. Anche in quel caso un nulla di fatto.
Giuseppe Conte in conferenza stampa è tornato a parlare del Ponte. L'ennesima promessa. Ora col pacchetto Recovery Fund e i guai dell'Italia post Covid 19 c'è da vedere cosa riuscirà a fare Giuseppe Conte e il suo esecutivo dalle mille promesse.