porno computer siti video
markjsebastian @ Flickr
News

Porno, la dipendenza sempre più giovane

Qualche anno fa a lanciare l’allarme era stato Philip Zimbardo, uno psicologo di fama mondiale. Professore emerito a Stanford, già docente a Yale, alla Columbia University e alla New York University, Zimbardo ha pubblicato un libro piuttosto corposo, Maschi in difficoltà. Perché il digitale crea sempre più problemi alla nuova generazione e come aiutarla, firmato assieme a Nikita D. Coulombe ed edito in Italia da Franco Angeli. Lo studioso ha esaminato la situazione dei giovani maschi occidentali, quelli che hanno tra i 15 e i 25 anni, e quello che ha scoperto è inquietante. Tantissimi di questi ragazzi hanno problemi di relazione con l’altro sesso e, in generale, tendono a isolarsi. E per trovare consolazione si rifugiano nella dipendenza e nella compulsione, in particolare affidandosi al porno online.

Quando si sente parlare di «dipendenza da porno» spesso si sorride o si pensa che il fenomeno sia amplificato dai giornali.
Eppure i dati parlano chiaro: il consumo di pornografia è in costante aumento. Pornhub, uno dei principali siti hard della rete, nel corso del 2018 ha avuto 33,5 miliardi di visite, ovvero 5 miliardi in più rispetto al 2017. Fanno circa 962 ricerche di video porno al secondo. Nel nostro Paese, l’incremento di ricerche su Pornhub è stato del 15 per cento. Secondo uno studio realizzato dai ricercatori americani Ingrid Solano, Nicholas R. Eaton e K. Daniel O’Leary, oltre il 90 per cento dei maschi occidentali frequenta siti porno. E alcuni di loro - sempre più numerosi - ne diventano dipendenti.

A spiegare che cosa sia la pornodipendenza è Antonio Morra, napoletano, studioso di teologia e autore di vari libri sull’argomento. Il più celebre si intitola Porno tossina (si può acquistare online sul sito www.pornotossina.it). Morra ha fondato un vero movimento, organizza conferenze in Italia, scrive articoli e continua da anni la sua attività di denuncia. «Ho iniziato a interessarmi alla questione della pornografia circa sei anni fa» spiega. «Dopo dieci anni di “pornodipendenza” ho sentito la necessità di condividere la mia storia per aiutare chi, come me, subiva questa condizione. Uscito dal tunnel, ho scoperto che a lottare contro questo moloch sono in tantissimi. La mia storia unisce scienza e fede. Ricordo sempre quel giorno in cui sentii la vocazione per utilizzare la mia esperienza per sostenere altri».

Morra è stato dunque un pornodipendente, ma è riuscito a lasciarsi alle spalle la compulsione con l’aiuto della fede. «Questa dimensione» spiega «è la ricerca del piacere sessuale che si raggiunge attraverso l’autoerotismo e la visione di materiale pornografico. La dipendenza è collegata ai nuovi mezzi di comunicazione, in particolare Internet. La persona non riesce più a controllare e ad avere coscienza del tempo, isolandosi dalla realtà, da esigenze e impegni quotidiani. Non solo. La pornodipendenza inquina il livello psichico, produce calo dell’autostima e della fiducia in sé stessi, modifica i ritmi sonno/veglia, causa ansia, alterabilità dell’umore, aumento del senso di colpa e di vergogna, tensione, rabbia e stress. A livello fisiologico, invece, può esserci un calo del desiderio sessuale verso il partner, disfunzione erettile e/o problemi di eiaculazione».

Di questi problemi si occupa Peter Kleponis, psicoterapeuta e direttore di una clinica di consulenza a Conshohocken, Stati Uniti. L’editore D’Ettoris ha appena pubblicato in Italia il suo libro Uscire dal tunnel. Dalla dipendenza da pornografia all’integrità, con prefazione del cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei. Secondo Kleponis, «la maggior parte delle persone non è cosciente del tragico impatto che la pornografia sta avendo sulla nostra cultura. Per esempio: la pornografia gioca un ruolo significativo nel 56 per cento dei divorzi. Sul Web la fascia più numerosa di utenti di pornografia è quella formata dagli adolescenti tra 12 e i 17 anni; è documentato che il 20 per cento degli uomini ammette di avere accesso a materiale pornografico sul luogo di lavoro, e che per questo motivo molti lo perdono; la maggior parte dei molestatori sessuali ha iniziato con la pornodipendenza. E il fenomeno non è un’esclusiva dei maschi, ma si sta diffondendo anche tra le donne».

Addirittura, prosegue Kleponis, la pornodipendenza assume aspetti di epidemia. «Ogni mese i siti porno ottengono più visualizzazioni di Netflix, Amazon e Twitter messi insieme e il 30 per cento di tutti i dati trasferiti su internet riguardano la pornografia. Il fatto è che non esiste alcun modo per misurare con precisione tale epidemia. Sappiamo però che di epidemia si tratta a causa del numero di vite rovinate dalla pornografia».

Per quanto riguarda gli adolescenti (maschi, ma anche femmine in misura crescente) l’impatto della dipendenza da porno è ancor più grave. Non solo - nei casi più estremi - fornisce una spinta ulteriore verso l’isolamento sociale, ma può avere effetti collaterali pesanti. Lo spiega bene la studiosa Elena Buday, nel libro a cura di Matteo Lancini Il ritiro sociale negli adolescenti, appena uscito da Raffaello Cortina. Il consumo diffuso di pornografia online, in sostanza, spinge i ragazzi a dissociarsi dalla realtà, in particolare quelli che non hanno ancora avuto esperienze erotiche. Questi giovani applicano alla pornografia, scrive la Buday, «la chiave di lettura che riservano generalmente ai tutorial, filmati in rete che ti insegnano a fare cose che non sai». In pratica, «anche la sessualità rischia di improntarsi a un tentativo di imitazione meccanica, scissa dalle componenti emotive profonde e personali che fondano l’incontro tra il Sé e l’altro. Il rischio è cioè quello che anche la sessualità, così come il corpo, venga vissuta in quanto immagine, ovvero in quanto oggetto di sguardo».

Il pericolo è che crescano generazioni di giovani la cui educazione sentimentale e sessuale è avvenuta per lo più grazie al porno online. Il video hard diventa così il modello da riprodurre nella realtà, e le conseguenze le abbiamo già sotto gli occhi. Una di queste è la diffusione del sexting, lo scambio di immagini intime attraverso le chat e i social.

«Il sexting è una pratica molto in uso tra gli adolescenti, come confermato da un’indagine di Telefono azzurro e Doxakids (2014), da cui emerge che il 35,9 per cento dei ragazzi conosce qualcuno che ha fatto sexting» scrivono le ricercatrici Loredana Cirillo e Tania Scodeggio. Lo scambio di immagini o, peggio, video sulla rete può rivelarsi però un azzardo. Quando gli scatti privati diventano pubblici accade il disastro. Succede ai più giovani, ma anche agli adulti. Lo dimostra la tragica vicenda di Tiziana Cantone, giovane donna napoletana che si è suicidata nel 2016, a 33 anni. Aveva girato alcuni video quasi per gioco, ma poi le immagini sono finite online e Tiziana, con un clic «di condivisione», è precipitata all’inferno. La sua storia viene ricostruita da Luca Ribustini e Romina Farace in Uccisa dal web (Jouvence), basato sul racconto di Maria Teresa Giglio, la madre di Tiziana.

Avere a che fare con la pornografia, insomma, richiede una bella dose di consapevolezza. Cosa che, purtroppo, nei giovanissimi non è diffusa.

© riproduzione riservata

YOU MAY ALSO LIKE