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December 20 2018
Cosa succede nel mondo dorato della Premier League? C'è un'emergenza razzismo e violenza che attraversa gli stadi inglesi considerati da anni un modello da esportare ovunque per il clima che si respira? Non esiste risposta, ma il crescendo di episodi delle ultime settimane ha fatto scattare l'allarme e portato a una riflessione che riguarda l'intero ambiente del football d'Oltremanica.
Non si tratta di un problema solo etico e di ordine pubblico. Il modello Premier League è vincente e smisuratamante ricco rispetto al resto d'Europa anche perché presenta al mondo un'immagine perfetta: stadi moderni, pieni, grande spettacolo e nessuna sporcatura. Il problema hooligans è stato, almeno all'apparenza e dentro gli impianti, sconfitto da almeno vent'anni. Tutto questo piace e viene pagato oro dalle tv di tutto il mondo.
Nelle ultime settimane, però, l'ingranaggio sembra essersi arrestato. Dalla bufera razzismo sul Chelsea alla banana lanciata in campo contro Aubameyang fino all'ultimo gesto di uno sconsiderato che ha colpito l'attaccante del Tottenham Dele Alli in testa con una bottiglietta di plastica. A Wembley, nel santuario del football inglese. Abbastanza per far suonare l'allarme.
Solo restando al mese di dicembre, l'escalation è stata sconcertannte. Si è cominciato con la banana lanciata in campo all'indirizzo di Aubameyang nel corso di Arsenal-Tottenham di Premier League costata un bando di 4 anni con multa di 500 sterline al tifoso responsabile (prontamente identificato).
Poi il caso Sterling, insultato con epiteto razzista nel corso di Chelsea-Manchester City. Un episodio che ha costretto il mondo del calcio britannico a cominciare a riflettere su se stesso dal momento che molti hanno fatto notare come lo stesso giocatore fosse stato oggetto di una lunga campagna stampa negativa pur in assenza di comportamenti realmente censurabili. E' razzismo questo?
I tifosi del Chelsea, peraltro, hanno causato anche l'apertura di un'inchiesta disciplinare da parte dell'Uefa nel corso dell'ultima trasferta d'Europa League contro il Vidi. L'accusa? Presunti cori antisemiti indirizzati verso i rivali del Tottenham. E' intervenuto anche il tecnico Sarri per condannare ogni forma di discriminazione, ricordando anche i suoi trascorsi napoletani e le difficoltà di altri ambienti calcistici.
Poi la bottiglietta in testa a Dele Alli durante Arsenal-Tottenham di Coppa di Lega. Nessuna conseguenza fisica per il calciatore, però la scena ha fatto il giro del mondo e non è piaciuta.
Certo, resta sempre la notevole differenza rispetto all'Italia (e non solo) che in Inghilterra i colpevoli li identificano nel giro di qualche ora, li processano e li mettono al bando per qualche anno o per sempre. Non solo un giudice, ma gli stessi club che ben comprendono il rischio della deriva e che hanno stadi e legislazione attrezzata per colpire il singolo e non la massa.
Una lezione che dovremmo imparare anche noi, invece di inseguire le chiusure di settori e stadi lasciando in mano agli ultras una formidabile arma di ricatto contro le società.
Questo, però, non consola i dirigenti della Premier League che stanno correndo ai ripari. Lo scorso 14 dicembre, nel pieno della bufera, la lega professionistica che raccoglie i club più ricchi del mondo ha lanciato un appello pubblico chiedendo al pubblico di segnalare comportanti non appropriati e di denunciarli sia agli stewards negli stadi che attraverso la piattaforma Kick It Out che in Inghilterra raccoglie segnalazioni e casi.
Le statistiche sono impietose. Nella scorsa stagione gli abusi legati al solo calcio professionistico sono saliti a 214 con un aumento del 10%. Le tipologie? Più della metà delle segnalazioni (53%) riguarda episodi di razzismo e uno su 10 antisemitismo.