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November 09 2018
L’accordo è stato raggiunto: l’emendamento al ddl Anticorruzione, fortemente voluto dal M5S e inserito nel programma di governo, approderà in Aula la prossima settimana e modificherà i tempi dei processi. La prescrizione, che finora prevedeva lo stop ai procedimenti in caso di superamento di un certo limite di tempo, interverrà dopo la sentenza di primo grado: nelle intenzioni, dunque, permetterà di arrivare fino alla fine dell’iter processuale, con una sentenza certa.
I contrari sostengono, invece, che con la novità si dilateranno ulteriormente i tempi già lunghi della giustizia italiana. Per evitare questo effetto, che rischia di tenere un soggetto nel limbo per anni, il governo ha chiarito che il provvedimento entrerà in vigore nel 2020 dopo la riforma del processo penale, che mira proprio a snellire e migliorare le procedure processuali. Ecco in cosa consiste la riforma della prescrizione.
La prescrizione prevede che un reato sia estinto, dunque che il procedimento che lo riguarda abbia fine, “decorso il tempo corrispondente al massimo della pena edittale stabilita dalla legge e comunque un tempo non inferiore a sei anni se si tratta di delitto e a quattro se si tratta di contravvenzione, ancorché puniti con la sola pena pecuniaria”, come stabilito dall’articolo 157 del Codice penale, poi modificato dalla legge n. 251/2005 (ex Cirielli).
In pratica, trascorso un certo periodo, il reato non può più essere perseguito e chi è sospettato di averlo commesso non è più processato. Il senso della norma si rifà alla convinzione che, dopo un determinato numero di anni, non sia più nell’interesse della comunità perseguire alcuni reati oppure non ci siano più le condizioni per farlo.
Fanno eccezione i reati di particolare gravità, per i quali è prevista la pena dell’ergastolo.
Nel ddl Anticorruzione “ci sarà la riforma della prescrizione che prevede l'interruzione dopo la sentenza di primo grado ed entrerà in vigore il prossimo anno con la riforma epocale del processo penale”. Così il Guardasigilli Alfonso Bonafede ha annunciato la modifica dei termini sulla prescrizione che lo stesso ministro ha spiegato così: “La prescrizione resta quindi così com'è, l'emendamento rimane al ddl Anticorruzione che andrà in aula la settimana prossima”.
La riforma, che prevede la sospensione della prescrizione dopo la sentenza di primo grado, sarà contenuta in una “legge delega che entro il dicembre 2019 stabilirà tempi certi per la durata dei processi”, ha spiegato il ministro della Pubblica Amministrazione, Giulia Bongiorno, inizialmente molto critica nei confronti del provvedimento.
Uno dei rischi maggiori paventati dai detrattori della riforma è che i tempi della giustizia possano allungarsi ulteriormente rispetto agli attuali. Al contrario, i sostenitori invocano lo stop alla prescrizione per evitare che i processi siano cancellati per lungaggini spesso “agevolate” dagli avvocati, con ricorsi ad arte e richieste di rinvii, lasciando dunque impuniti coloro che sono sospettati di aver commesso un reato.
Secondo i dati del ministero della Giustizia, nel 2017 i processi terminati senza sentenza per superamento dei tempi previsti sono stati 125.564, in calo rispetto ai 136.888 del 2016 e i 130.208 del 2015. In generale, quasi un processo su 10 (9,4%) degli oltre 1,3 milioni annuali in Italia non arriva a termine. Nelle grandi città come Roma, però, la percentuale arriva anche al 40%. Situazione analoga anche a Torino, Napoli e Venezia.
Nel 50% dei casi circa la prescrizione interviene nella fase preliminare, ossia in quella delle indagini che precedono il rinvio di giudizio: in sostanza non si fa in tempo ad arrivare in tribunale, o perché le indagini durano troppo o perché i fascicoli rimangono in attesa di essere presi in mano dai magistrati per un eccesso di denunce e di lavoro, o ancora per disfunzioni organizzative.
Sono sempre i numeri del ministero della Giustizia a indicare che nel 2017 i casi di prescrizione in questa fase sono stati 66.904, a fronte dei 27.436 avvenuti a processo iniziato.
I casi di estinzione del reato in fase di appello sono stati invece 28.125, pari al 25,7%, in Cassazione 670, davanti ai Giudici di Pace 2.439. L’andamento è comunque in calo negli anni, con una tendenza alla diminuzione dei casi di prescrizione.
Il Movimento 5 Stelle ha voluto inserire la riforma nel contratto di governo sostenendo che la prescrizione possa rappresentare uno strumento per evitare di arrivare a una condanna, soprattutto da parte di soggetti coinvolti in casi di corruzione, tanto da aver inserito la norma nel ddl Anticorruzione. Si ritiene, infatti, che spesso gli avvocati ricorrano a richieste di rinvii, di spostamento di sede processuale o altre forme di dilazione dei tempi per arrivare proprio alla prescrizione del reato per il proprio assistito.
Il premier Conte è intervenuto su Twitter spiegando: “Riforma prescrizione e accelerazione dei processi penali: avanti spediti per l'attuazione del contratto di governo. Certezza del diritto e dei tempi processuali sono i nostri obiettivi. Come sempre ci confrontiamo e come sempre troviamo la soluzione migliore per gli italiani".
Ha parlato di “processi brevi e tempi certi” anche il vicepremier Di Maio, aggiungendo l’hashtag #BastaImpuniti.
Al contrario la Lega si era mostrata inizialmente contraria, temendo un ulteriore aggravamento delle condizioni di lentezza della giustizia italiana, che possono finire per tenere un cittadino “in ostaggio” per anni prima di arrivare a sentenza, magari di assoluzione. L’annuncio del ministro della Giustizia, Bonafede, sulla riforma della prescrizione aveva scatenato una reazione negativa anche da parte del ministro per la PA, Bongiorno. L’avvocato aveva definito il provvedimento una “bomba atomica nel processo penale”, paventando il rischio di “bloccare la giustizia per sempre”. Anche il vicepremier Salvini aveva manifestato perplessità.
Alla fine l’accordo di governo è stato raggiunto, dopo un vertice al quale hanno preso parte lo stesso Salvini, l’altro vicepremier Di Maio, il premier Conte e il Guardasigilli Bonafede. La svolta è arrivata decidendo di far entrare in vigore la norma solo dopo la riforma del processo penale, da gennaio 2020.
Ad essere fortemente critici nei confronti della norma sono anche gli avvocati. L’Unione delle Camere penali ha proclamato quattro giorni di sciopero dal 20 al 23 novembre, ritenendo che la prescrizione, soprattutto in Italia, rappresenti una “difesa” degli imputati dall’eccessiva lunghezza di processi e indagini preliminari. Anche in caso di sentenza positiva, infatti, un cittadino sarebbe costretto ad attendere anni prima di un giudizio definitivo.