La prescrizione del reato, un istituto giuridico tornato prepotentemente d'attualità con la conclusione delprocessoEternit, non è un accidente della Storia o un principio sbagliato; né è una garanzia eccessiva che andrebbe abolita, come sostengono semplicisticamente alcuni "giuristi per caso" ai quali (in realtà) piacerebbe soltanto eliminare tribunali e avvocati, e trasformare i processi in banali linciaggi di piazza.
Certo, a volte la prescrizione fa male. Ma se è arrivata in Cassazione nel processo Eternit, dov'è appena intervenuta per il reato di disastro ambientale, questo è fondamentalmente il frutto di un'errata valutazione dell'accusa: la Procura di Torino avrebbe potuto e forse dovuto elevare fin da subito il reato di omicidio volontario per dolo eventuale, così come ha fatto per le morti della Thyssen Krupp. Anche se la stessa Cassazione nell'aprile 2014 ha delimitato l'impiego di questa fattispecie, stabilendo che possa essere contestata soltanto a un imputato che abbia avuto la piena consapevolezza delle conseguenze concrete del proprio comportamento (nel caso, le morti per amianto causate dall'assenza di un'adeguata e tempestiva eliminazione delle loro cause) e, ciò nonostante, abbia deciso di agire lo stesso.
La prescrizione, comunque, non è la causa di tutti i mali e in realtà risponde a un principio di economia dei sistemi giudiziari: lo Stato rinuncia a perseguire l'autore di un reato quando dalla sua commissione è trascorso un periodo di tempo giudicato eccessivamente lungo e solitamente proporzionale alla gravità dello stesso reato.
Il suo scopo è evitare che la macchina giudiziaria continui a impegnare risorse per la punizione di crimini commessi troppo tempo prima e per i quali è socialmente meno sentita l'esigenza di una tutela giuridica penale. E l'istituto ha anche la funzione di garantire l'effettivo diritto di difesa all'imputato: perché con il passare del tempo è sempre più difficile per chi è accusato di un crimine recuperare fonti di prova a suo favore.
La prescrizione non è poi un'assoluzione con formula piena, anche se in certi casi gli effetti per l'imputato possono sembrare identici. Perché intervenga la prescrizione serve infatti che il giudice, nel dispositivo della sentenza, individui comunque un reato e lo attribuisca all'imputato, stabilendo quindi che è prescritto. In caso contrario l'imputato deve essere assolto. Va detto che comunque l'imputato può anche rinunciare alla prescrizione: può insistere nel processo allo scopo di vedere riconosciuta la sua innocenza.
L'articolo 157 del codice penale elenca dettagliatamente quali sono i tempi della prescrizione, suddividendone l'intervento in base alle pene stabilite per i diversi reati. La prescrizione estingue il reato dopo20 anni quando la legge stabilisce una pena della reclusione non inferiore ai 24 anni; arriva dopo 15 anni quando la pena stabilisce un massimo di 10 anni di reclusione; arriva dopo 10 anni se il codice stabilisce una pena fino a 5 anni; arriva dopo 5 anni se il codice stabilisce pene fino a 5 anni; arriva dopo 3 anni se s tratta di una contravvenzione punita con l'arresto; infine arriva dopo 2 anni se si tratta di una contravvenzione punita con un'ammenda.
Il problema, per il nostro sistema giudiziario, è che nel 2012 (ultimi dati disponibili) le prescrizioni sono state tantissime: addirittura 113.057. Cioè quasi 310 al giorno, sabati e domeniche compresi.