Economia
August 23 2023
Non è finita e questa volta è colpa dell’Australia (e degli speculatori). Torna ad aumentare il prezzo del gas naturale e preoccupano le ripercussioni sulle bollette da settembre. In più sono in scadenza (il 30 settembre) i vari bonus bollette, tra cui l'azzeramento degli oneri di sistema e la riduzione dell'Iva per il gas, ma anche il bonus sociale luce e gas. Entro quella data il governo potrebbe decidere di rinnovare alcune misure, ma non ci sono i soldi. E il prezzo del gas intanto aumenta.
Alla borsa di Amsterdam (il valore di riferimento per la formazione del prezzo del gas in Europa to) ha superato i 45 euro al megawattora negli scorsi giorni, attestandosi poi intorno ai 40 euro. Siamo lontani dai picchi di 190 euro al megawattora del febbraio 2022, con l’inizio della crisi energetica sulla scia della guerra in Ucraina. Ma siamo lontani anche dai minimi dello scorso maggio (24 euro al megawattora). Cosa sta succedendo? La spinta al rialzo ora arriva dall’Australia.
I lavoratori degli impianti di gas naturale liquefatto (GNL) di Woodside Energy Group sono pronti a scioperare il 2 settembre, se non si raggiungerà un accordo. E con loro sono pronti allo stop al lavoro i colleghi di Chevron, che gestisce altri due impianti (Gorgon e Wheatstone). Il motivo? La richiesta di un aumento delle retribuzioni, che finora è rimasta inascoltata. I tre impianti costituiscono circa il 10% della fornitura mondiale di GNL.
Il possibile blocco dei tre impianti significherebbe stop ai rifornimenti e questo influirebbe certamente sul prezzo del gas all’ingrosso e quindi sulle nostre bollette.
Innanzitutto, se l’Australia, che è uno dei tre grandi fornitori mondiali (gli altri sono Quatar e Stati Uniti), interrompe la distribuzione di gas saranno sicure le ripercussioni sul prezzo. Cala l’offerta e chi ha il GNL fa il prezzo e si impone la concorrenza tra i Paesi che hanno bisogno di gas liquefatto. Molti Paesi si affidano al GNL da quando la Russia per la guerra in Ucraina non fornisce più gas naturale all’Europa. "L'Australia normalmente rifornisce l'Asia, ma se questi scioperi dovessero andare avanti e il gas australiano venisse tagliato ai consumatori asiatici, vedremmo i consumatori asiatici girarsi e guardare, ad esempio, in Qatar e lì competere con gli acquirenti europei. Con un effetto a catena sui prezzi”, ha chiaramente spiegato alla BBC Ben McWilliams, membro del Bruegel (Brussels European and Global Economic Laboratory).
C’è poi il fattore speculativo. L’incertezza nei mercati globali del gas ha portato gli investitori a mosse speculative, per trarre vantaggio dalla volatilità dei prezzi. L’altalena del costo aiuta le mosse speculative.
Ma non avevamo fatto stoccaggio lo scorso anno per dormire sonni tranquilli? Siamo a livelli record di stoccaggio. Ursula von der Leyen, la presidente della Commissione europea, ha annunciato da poco che l’Unione europea è al 90% della sua capacità, con due mesi di anticipo (era l’obiettivo da raggiungere entro il 1 novembre prossimo). L’Italia è oltre il 90% dietro a Germania (oltre il 91%) e la Spagna (quasi al 100%). Ma l’Australia preoccupa, siamo in balia della concorrenza mondiale oggi molto più di quando eravamo vincolati al gas russo. Senza importare da Mosca, anche se abbiamo uno stoccaggio consistente, sediamo allo stesso tavolo di Cina e Giappone per conquistarci il gas liquefatto che ci serve. Ecco perché quello che decideranno i lavoratori e le aziende australiani nelle prossime ore potrebbe vedersi nelle nostre bollette del gas dei prossimi mesi.