In un periodo sociale in cui tutti sono depressi, lei sorride.
Alessandra Kustermann, 59 anni, ci apre la porta della sua casa, nel centro di Milano, mentre Lilla, il segugio di quattro anni, grufola dentro la borsa.
È stanca perché queste sono state, indubitabilmente, le primarie più rapide della storia. Sabato si vota e – sebbene gli eventi nazionali si siano presi la scena della cronaca, lasciando alla Lombardia il ruolo di deuteragonista – i cittadini sceglieranno chi, nel centro-sinistra, correrà per la carica di governatore della regione più ricca d'Italia.
“Ma temo per l'affluenza: è perfino prevista una tempesta di neve”, sospira – fasciata in un abito rosso e dentro a stivali neri senza tacco, ma lunghi fin sopra il ginocchio.
Si parla di Maroni come vincente, in Lombardia.
Non mi spavento. La campagna elettorale non è ancora iniziata e la partita è ancora tutta da giocare. Il centro-destra non ha ancora deciso. Vedremo.
La sua candidatura è nata con qualche intoppo. Le firme “a loro insaputa” inserite nella lista a suo sostegno...
Si è trattato di un equivoco. Ma è superato, visto le oltre 3500 firme raccolte dopo.
Pizzul, Biscardini e Cavalli si sono ritirati. Lei ha voluto queste primarie a ogni costo. Qualcuno le ha offerto di fare “un passo indietro” in cambio di altro, magari un assessorato?
Il segretario regionale del pd, Maurizio Martina, mi ha fatto notare l'inopportunità della mia candidatura.
Ma lei non ha ceduto.
Io? Mai!
Chi preferisce tra Ambrosoli e Di Stefano?
Me stessa. Stimo Di Stefano per la sua attività politica, il suo impegno e la sua passione ma ci sono dei punti del suo programma che non ritengo attuabili. Per esempio quello sulla Sanità. La revisione dell'accreditamento è troppo poco. Su Ambrosoli non mi esprimo perché non ho ancora capito il suo programma.
Ha accusato la stampa d'essere tutta per Ambrosoli..
Adesso c'è una maggiore equità.
L'elettorato è stanco. Dopo le primarie nazionali, ora si prepara alle politiche. In mezzo le primarie regionali. Non è un po' troppo?
Dipende da quanti cittadini lombardi saranno informati. Sarebbe un flop, credo, se registrassimo meno di 200mila votanti.
Nel suo programma cita 4 punti della costituzione: salute, scuola, lavoro, parità. Partiamo da qui.
Salute: lei vorrebbe accorpare assessorato alla Salute e alla tutela del Benessere sociale dei cittadini, liberando così risorse. A cosa destinerà il risparmio?
Al sociale. La riforma di Formigoni ha distrutto la medicina sul territorio. Occorre, ora, concentrare le eccellenze. Non c'è bisogno di 28 cardiochirurgie in Lombardia. È sufficiente procedere a una seria indagine epidemiologica e programmare quanti servizi, e ogni quanti chilometri, sono necessari per coprire il territorio.
Rivedrà gli accreditamenti e il miliardo di euro di spese discrezionali attualmente a bilancio?
Certo, anche se, sia chiaro, non voglio uccidere il privato d'eccellenza. Dobbiamo diminuire il numero delle aziende (sia ASL sia aziende ospedaliere): una sola ASL per provincia (in totale sette) e sette grandi aziende ospedaliere. La filosofia è: niente sprechi e doppioni sempre che passi la riforma delle province, in bilico dopo la crisi di governo. Penso a una struttura gerarchica piramidale dove l'assessorato alla sanità dia le direttive, programmi i posti letto, e poi lasci alle asl la gestione delle problematiche sul territorio. L'assessorato alla Salute deve muoversi in sinergia con quello dell'Ambiente. Quest'ultimo, ad esempio, dovrebbe occuparsi della prevenzione primaria. Faccio un esempio: vi è una fabbrica inquinante da bonificare? La spesa dovrebbe essere ripartita tra assessorato all'Ambiente e alla Sanità. Occorre l'assistenza per un handicap? Spetta alla Sanità non al sociale. Io riallocherei i fondi. Penso a ospedali a bassa intensità di cura dove andare quando si esce da un nosocomio, gestiti da infermieri specializzati, e con medici, chiamati solo in caso d'emergenza, come consulenti. Alle altre strutture lascerei la gestione dei casi acuti. Non è necessario costruire nuovi edifici, basta riconvertire i vecchi con meno di 100 posti letto, o le case di cura.
A proposito di Sanità. Tocchiamo un argomento spinoso. Nel 2008 Formigoni propose un restringimento, a livello regionale, delle linee guida sulla 194. Cioè estendere a tutte le strutture lombarde il limite per l'interruzione di gravidanza a 22 settimane e tre giorni dal concepimento, anziché 24 settimane. Proposta che fu poi bocciata da una sentenza del Tar. Lei fu favorevole alla limitazione.
In Lombardia l’epoca della vitalità del feto scatta a 23 settimane, motivo per cui l’aborto terapeutico, sin dal 2004, lo si fa al massimo alla ventiduesima settimana, per evitare la sopravvivenza di un feto affetto da gravi malformazioni.
Ma patologie come le cardiopatie congenita, la coartazione aortica sono diagnosticabili anche alla 24esima, 25esima settimana.
E allora la donna vada in Francia ad abortire. La 194 non è eugenetica. È una legge equilibrata che tiene in considerazione il rischio della vita della madre e le esigenze del bambino. Quasi tutte le patologie sono diagnosticabili entro la 22esima. Alcune forme come il nanismo sono diagnosticabili dopo, ma sono compatibili con la sopravvivenza. E se il bambino può sopravvivere, deve essere lasciato sopravvivere. Non appartiene alla madre.
Qualcuno dice che, in cambio della sua autorizzazione, l'anno dopo ottenne da Formigoni l'incarico di primario alla Mangiagalli.
(Ride). Ma no, assolutamente no. Mi scelsero Tognoli, ex sindaco socialista di Milano e allora presidente della commissione, e Di Benedetti, l'allora direttore generale. Al concorso, nel giugno del 2009, fummo ammessi in tre, due appoggiati dal Pdl. Scelsero me per maggiore competenza, esperienza e numero di pubblicazioni.
Altra bagarre scoppiò nel gennaio 2007, quando Formigoni fece approvare in consiglio un regolamento che prevedeva la sepoltura – anche contro il parere dei genitori – di tutti i feti abortiti, anche inferiori alle 20 settimane. Lei, all'epoca, si pronunciò favorevolmente.
Mi chiedo se le femministe leggano le leggi. I feti venivano sepolti anche prima, in fosse comuni, a volte in aree cimiteriali, a volte no. Insieme ai fegati, agli arti e ad altri “rifiuti speciali”. Oggi è come allora: sono sepolti senza una lapide. È un obbligo di legge. La differenza è che, quando si va ad abortire, ora c'è un cartello in cui c'è scritto che, se le donne lo desiderano, posso chiedere che anche l'embrione sia seppellito. Pensi che alcune vogliono la foto del loro feto. Di prassi, però, se questa richiesta non c'è, gli embrioni possono essere anche inceneriti entro la dodicesima settimana.
Perché l'epidurale non è garantita gratuitamente a tutte le pazienti, come avviene in molti paesi esteri civilizzati?
Ci stiamo adeguando. Il problema sono i costi. Un anestesista ha un prezzo di 100mila euro all'anno e ne devi avere almeno 6 per coprire tutto l'arco della giornata. È meglio, perciò, avere un centro con almeno 2mila parti all'anno, per garantire la possibilità di chiedere l'epidurale gratuita. Strutture attrezzate con punti trasfusionali e un efficiente pronto soccorso neonatale.
A proposito di questo, in Lombardia, non è sicuro partorire in ospedali sotto le 800 nascite all'anno, come Garbagnate, Bollate e perfino Varese, perché manca il denaro per anestesisti, cullette termiche e si rischiano casi di asfissia neo-natale dovuti a sofferenza fetale durante il travaglio. Lei che intende fare?
Li chiuderei.
Non si congestionerebbero i grandi centri come Mangiagalli e Buzzi?
In regione i parti sono 60mila all'anno. Non sono così tanti. Io amplierei le sale parto delle grandi strutture. E assumerei nuovo personale, quello in esubero dei centri più piccoli. È sufficiente una sala maternità ogni dieci chilometri.
Cambiamo argomento. Emergenza trasporti, oggi più che mai attuale.
Propongo di investire sul trasporto su ruota. Organizzerei dei presidi territoriali collegati con minibus a richiesta in cui si raccolgano più persone. Presidi aperti per dieci ore al giorno. E poi trasporti leggeri di superficie, su gomma, con bus elettrici, come a Roma. Estenderei l'area C di Milano. Non ha senso affollare il centro con auto quando i trasporti pubblici funzionano bene.
Istruzione. C'è un'aspra polemica sulla dote scuola e su pubblico e privato.
Abolirei la dote scuola. Col denaro risparmiato distribuirei libri gratuiti agli indigenti e assegnerei borse di studio universitarie, anche nel privato. Acquisterei computer per i ragazzi dislessici. Per l'edilizia scolastica, invece, rimetterei a posto le strutture fatiscenti, investendo nel risparmio energetico degli edifici, per ridurre i consumi.
Lavoro. Nel suo programma elettorale vi è grande spazio per la formazione professionale.
Sì. Oggi è a carico della regione, ma è gestita da società private, in assenza di un controllo di qualità e dell'efficacia delle prestazioni. Procederei a una valutazione più seria.
C'è un punto che mi ha colpito: quello sull’imprenditoria agricola giovanile.
Una volta che è tramontata l'idea di posto fisso, molti potrebbero essere impiegati in questo senso.
Ma non c'è mancanza di richiesta da parte dei giovani?
Non è così vero. Deve essere un'agricoltura innovativa, però, non quella faticosissima dei nostri nonni.
Legalità. In Lombardia vi è un grosso problema di infiltrazione di criminalità organizzata. I suoi sfidanti propongono una commissione di controllo (Ambrosoli) e degli sportelli sul territorio (Di Stefano). Lei che ne pensa?
Ho immaginato un board con finanzieri, forze dell'ordine, amministrativi, magistrati in pensione e volontari che ruotino e controllino gli atti. Non sarebbe un servizio troppo costoso.
E su Aler, l'azienda che gestisce gli alloggi di edilizia popolare, dove a ricoprire cariche dirigenziali vi sono spesso personaggi che operano in collusione con la mafia?
Azzererei le cariche dirigenziali di tutte le società che hanno questo problema. Terrei in piedi solo le società partecipate che sono efficienti, se no le riassorbirei all'interno della regione: penso, ad esempio, a Lombardia informatica e Infrastrutture lombarde. Sia chiaro: ci sono molti dirigenti validi di Cl. Non è un'epurazione.
Welfare e donne: il suo programma elettorale, in questo senso, è molto approfondito. Ha parlato di “quote rosa” e tutela e incentivo del lavoro femminile, ma anche di iniziative che agevolino la vita di donne che lavorano e hanno una famiglia.
Le donne sono il motore sociale, il polmone delle comunità: ho pensato a una commissione d’inchiesta per individuare le pratiche discriminatorie al lavoro. Promuoverei la parità dei salari, ad esempio. E poi le donne non possono fare tutto. Per questo ho pensato a linee guida per la ripartizione delle responsabilità familiari e la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. Pensi agli orari dei servizi pubblici: asili, scuole, sportelli ASL. Li renderei più flessibili per venire incontro alle esigenze di una donna che lavora, ha famiglia, assiste gli anziani e i malati.
Parliamo di Expo. Siamo già terribilmente in ritardo, non crede?
Sì. Abbiamo perso troppo tempo per l'assegnazione delle poltrone. È ora di agire. Istituirei subito un tavolo tra la società che possiede i terreni e il direttore generale di Expo. E chiederei al governo di sostituire come commissario straordinario Formigoni. Subito.
Ma c'è qualcosa che salva della lunga amministrazione del Celeste?
La legge sui parchi, anche se l'intero pgt è da rivedere.
Chi preferisce, come sfidante, tra Albertini o Maroni?
Tutti e due, così finalmente vinciamo.
La prima cosa che farà una volta eletta?
Entro 20 giorni dal mio insediamento dovrà essere definito il futuro delle aree dove sorgerà Expo.
Dottoressa, ma lei ce l'ha un suo motto?
“Quello che si vuole si può”.