Private Markets for Private Banking

Quando sentiamo parlare di private equity, di private debt o di private infrastructure pensiamo a una forma di investimento adatta ai fondi pensione, alle tesorerie delle grandi e ricche università americane e agli altri investitori istituzionali, magari al massimo a qualche privato particolarmente abbiente che attraverso il suo family office.

Ci mostrano che questa asset class è in grande espansione (si veda il grafico sottostante del Financial Times che mostra la crescita delle masse investite per esempio nel private equity), ma non ci basta.

Subito dopo infatti pensiamo alla complessità e all’illiquidità classica di questi strumenti, alla difficoltà nel capirne l’effettivo rendimento (IRR chi era costui?), alla non familiarità con nomi quali Partners Group, Hamilton Lane, Stepstone, Neuberger Berman, Ardian parlando di stranieri, che sono invece realtà solide e conosciute, che fanno questo mestiere piuttosto bene da qualche decina d’anni. O di altri nomi quali Obsidian Capital, 21 Invest, Praesidium, Wise Equity per parlare invece di players italici, probabilmente ancora meno noti al grande pubblico e agli investitori.

In realtà quello che è accaduto negli ultimi tre/quattro anni ha ampliato la platea di soggetti che possono investire in questa asset class andando a includere anche una fetta di clientela privata di fascia media e alta.

Qualcuno la definisce la “democratizzazione dei private markets”, termine che a me personalmente non piace, ma che dà comunque questa idea di maggiore apertura.

E ha reso molto più semplici le modalità di investimento, naturalmente per chi ha un profilo di rischio coerente e adeguato a questa asset class.

Come è avvenuto questo cambiamento?

  • in primo luogo, attraverso la nascita dello strumento denominato Fondo europeo di investimento di lungo termine (ELTIF in gergo) che è nato con l’obiettivo di aumentare la quantità di capitale disponibile per le aziende e i progetti che richiedono un finanziamento di lunga durata in Europa. Questo “veicolo” nella sua ultima versione nota come ELTIF 2.0 è veramente molto adatto a fare da “contenitore” a investimenti sui private markets e sta diventando lo strumento più utilizzato.

  • poi attraverso l’abbassamento delle soglie minime di investimento previste sia in Italia (da 500.000 Euro a 100.000 Euro in Italia per i fondi di investimento alternativi (FIA) riservati nella loro forma “classica”), che in Europa e di conseguenza nel nostro paese, appunto con gli ELTIF per i quali la soglia di investimento minimo è sostanzialmente sparita e viene normalmente fissata da chi costruisce lo strumento fra i 10 e i 25.000 Euro.
  • ancora con l’introduzione di formati, quali l’ELTIF appunto, che permettono all’investitore di versare in una sola soluzione il capitale destinato all’operazione (fully paid-in in gergo) evitando il meccanismo più complesso delle capital call periodiche e delle distribuzioni, perfette per gli investitori più sofisticati e ottimizzanti lato rendimenti, ma meno adatte a una certa fascia di clientela privata. Soluzione che porta ad una espressione della performance dell’investimento molto simile a quella dei fondi comuni o degli ETFs e quindi più comprensibile.
  • più recentemente con l’introduzione dei fondi evergreen e cioè di veicoli di investimento che non hanno una data di scadenza (tipicamente 10 anni per i fondi che investono in private markets), ma che continuanoa fare la loro attività di investimento e disinvestimento nel tempo al pari di qualsiasi fondo comune su titoli quotati. A questa caratteristica di non avere una scadenza, è stata infine abbinata una “semi-liquidità” e cioè la possibilità per parte degli investitori di uscire dal fondo evergreen a certe date e sulla base di un determinato preavviso. La gestione di queste finestre di liquidità non è banale, ma alcuni operatori sono particolarmente avanti nell’implementare strategie solide e adatte.

Le iniziative nel campo dei private markets da parte di banche italiane iniziano a essere abbastanza numerose anche se non tutti i players si sono mossi.

Fra le proposte oggi presenti sul mercato ricordiamo l’iniziativa di Banca Patrimoni Sella & C. che in collaborazione con Amundi distribuirà in esclusiva per il nostro paese un ELTIF su private equity che permette di investire in tutte le aziende nelle quali il fondo Investindustrial VIII entrerà e che avrà un focus sul Sud Europa come da tradizione per la società della famiglia Bonomi.

Altra iniziativa degna di nota è quella di Pictet che ha da poco lanciato un ELTIF dedicato al private equity tematico con focus su environment (economia circolare, consumi sostenibili, controllo dell’inquinamento, tecnologie abilitanti e riduzione dei gas serra). Si tratterà di 20-25 co-investimenti attuati tramite i gestori partners dell’asset manager svizzero. Focus su Nord America ed Europa.

E infine la partnership fra Mediobanca e la svizzera Partners Group che permetterà ai Clienti della banca milanese di investire nella Global Value Sicav un fondo evergreen nato ben 17 anni fa che ha come sottostante oltre 500 investimenti ed è diversificato a livello mondiale.

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