Le professioni della moda, come orientarsi e su quali puntare

Il settore moda rappresenta uno dei tratti più rappresentativi di quello che viene definito Made in Italy e per il nostro Paese il fashion è da sempre un biglietto da visita universalmente riconosciuto e tenuto in grande considerazione.

Il comparto sta subendo solo in parte i contraccolpi negativi della crisi ma allo stesso tempo si sta trasformando profondamente grazie all’avvento di nuovi mercati e a nuovi strumenti a disposizione dei brand, a partire dal mondo digitale, che permettono di aprirsi maggiormente all’estero.

Quali sono le tendenze della moda in ambito professionale e quali i profili legati al settore? Per approfondire questi temi abbiamo parlato con Francesca Romana Rinaldi, direttore del Master in Retail & Brand Experience Management del Milano Fashion Institute , docente dell’Università Bocconi e della SDA Bocconi e creatrice di Bio-Fashion , che si occupa di formare i futuri manager del settore moda.

Quali sono le macro-tendenze del settore?

Ritengo che le principali macro-tendenze strutturali del settore moda siano la “digitalizzazione” delle aziende nelle strategie di comunicazione e distribuzione e la “corporate responsibility”.

Quali sono i cambiamenti più interessanti rispetto al passato che stanno avvenendo nel mondo della moda?

Internazionalizzazione, distribuzione multicanale, transmedia storytelling e customizzazione del prodotto sono oggi le quattro direzioni che guidano la crescita e influenzano le strategie delle aziende del settore. Guardando ai consumatori si intravede la crescita di un segmento sempre più ampio che persegue uno stile di vita sostenibile, basando le proprie scelte di acquisto e di consumo sull’attenzione alla salute e alla cura della persona, sul rispetto dell’ambiente e la salvaguardia del pianeta, sul raggiungimento del benessere proprio e della comunità.

Come si posiziona l'Italia e che ruolo sta svolgendo il "made in Italy"?

L’Italia continua ad essere una nazione di forte interesse per i “nuovi ricchi”: è quindi fondamentale continuare a riempire di significato il nostro “Made in Italy” perché non sia percepito solo come un “minded in Italy, created elsewhere” ma un brand pieno di associazioni positive legate ad un know how ormai riconosciuto da decenni (competenze produttive) che oggi più che mai deve essere raccontato attraverso uno storytelling innovativo ed emozionante.

In prospettiva futura quali margini di crescita ha il nostro paese in questo settore?

Ritengo che la via più saggia per la sostenibilità del proprio vantaggio competitivo nel medio-lungo periodo sia quello della crescita lenta e controllata, affiancando ad obiettivi economici e di performance anche quelli della responsabilità sociale e ambientale.

Parlando di professioni, quali sono le figure manageriali esistenti in questo settore?

Lo stereotipo con cui si batte continuamente chi si occupa di formazione nella moda è che le uniche professioni della moda siano quelle del prodotto e della comunicazione. In realtà esistono innumerevoli professioni anche nel retail e sono quelle che ad oggi risultano più ricercate dalle aziende italiane.

Di seguito un elenco delle principali professioni del settore:

Professioni trasversali:

- Brand manager

- Marketing manager

- CSR manager

Retail:

- Direttore commerciale

- Retail manager

- CRM manager

- Area manager

- Buyer

- Store manager

- Visual merchandiser

- E-commerce manager

- Digital marketing manager

Prodotto:

- Merchandising manager

- Direttore creativo

- Ricercatore di tendenze

- Designer

- Product manager

- Direzione della produzione

- Buyer

Comunicazione:

- Art director

- Direttore della comunicazione

- Press manager

- Social media manager/community manager

- PR manager

- Web designer

- Stylist

Quali di queste professioni sono più richieste?

Le professioni più richieste sono quelle legate ai driver del cambiamento: retail manager e merchandising manager che abbiano dei profili sempre più internazionali, e-commerce e social media manager o community manager per la gestione delle strategie digitali.

Nel tuo libro “L'impresa moda responsabile” (Egea 2013), parli dell'importanza della responsabilità d'impresa per le aziende del settore. Quanto in Italia questo avviene e quali vantaggi può portare?

Nell’ultimo decennio la visione «democratica» della moda ha consentito di pagare prezzi sempre più bassi grazie a costi sempre più ridotti, tanto da rendere insostenibile la garanzia di una buona qualità e di un processo produttivo equo. Una rivoluzione, ha inaugurato l’era del consumo critico e partecipativo. Il nuovo «consum-attore» o «consum-autore» sta contribuendo a ripensare, ricreare e ridisegnare le regole del mercato. L’acquirente vuole essere sempre più informato sull’origine del prodotto, sulla modalità produttiva, sulla manodopera utilizzata. La crescente delocalizzazione produttiva, inoltre, ha generato una progressiva globalizzazione della supply chain. Tutto ciò ha portato ad un’accresciuta attenzione alla qualità e al recupero di controllo della filiera. Considerando questi grandi cambiamenti, per le aziende italiane del Made in Italy e del Full Made in Italy le opportunità sono evidenti: lo storytelling del prodotto, la trasparenza o tracciabilità di filiera possono aiutare a spiegare il premium price e a far innamorare i consumatori (italiani e stranieri) dei brand e dei prodotti italiani.

Qualche informazione sul tuo libro?

L’impresa moda responsabile ” è un viaggio esplorativo (e multimediale ) che racconta tantissime best practices italiane ed internazionali sui legami tra moda e responsabilità d’impresa. L’idea di fondo è che anche per le aziende del settore fashion l’equilibrio di lungo termine possa essere raggiunto solo integrando obiettivi economici di breve, irrinunciabili per la remunerazione di capitale e lavoro, con altri, non economici ma capaci di generare valore mettendo al centro l’etica (booktrailer ).

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