Disastro sanità: tra gettonisti in pronto soccorso e persone senza medico di famiglia
Cercasi medico di Pronto Soccorso in chat. Novanta euro all’ora, per coprire a spot i turni lasciati sguarniti da quei professionisti di “emergenza e urgenza” che tutti noi dovremmo trovare quando accediamo a un PS, perché sono quelli che con le loro competenze possono fare la differenza tra la vita e la morte. Invece, si rischia sempre di più che ad assisterci ci siano medici non strutturati, non specializzati e “di passaggio”: i cosiddetti gettonisti.
Oggi qui, domani in un’altra città, forniti agli ospedali da cooperative esterne che reclutano anche all’estero per sopperire ai “buchi” di organico: questi medici arrivano a guadagnare, per ogni turno, anche 6 o 7 volte in più dei titolari.
Esattamente come successo poche settimane addietro in Veneto, dove proprio via chat si cercavano disperatamente –con poche ore di preavviso- medici disponibili a turni al Pronto Soccorso dell’ospedale Santorso di Vicenza.
Il sistema sanitario nazionale è il grande malato d’Italia, e la situazione è già troppo grave per poter essere sanata a breve: “La provocazione dei colleghi napoletani” spiega il dottor Massimo Geraci, primario del PS dell’ospedale Civico di Palermo, il più grande a sud di Napoli con 80.000 accessi all’anno “e le chat di reclutamento per i turni sguarniti in Veneto non mi sorprendono. La medicina di emergenza è in enorme crisi, in tutte le regioni. Mancano spazi, medici, risorse. Ma il PS è davvero, ancora, quel “faro sempre acceso nella notte” al quale i cittadini devono potersi affidare. Se non funziona il pronto soccorso, non funziona nemmeno il resto”.
ITALIA 2022: FUGA DAI PRONTO SOCCORSO
I dati diffusi da Simeu (Società italiana medicina di emergenza e urgenza) sono drammatici: a fronte di circa 21 milioni di cittadini (1/3 degli italiani) che ogni anno si rivolgono alle strutture di Pronto Soccorso, mancano quasi 4.500 medici e ogni mese se ne perdono almeno 100 che danno le dimissioni, alla ricerca di posti più comodi e meglio retribuiti. Dall’inizio del 2022 hanno già lasciato in 600. Non solo: i corsi di specializzazione rimangono per buona parte vuoti, così come i concorsi dedicati, che offrono il posto a tempo indeterminato, nei PS di tutta Italia. Niente da fare: non c’è modo di convincere i giovani medici: “Assistiamo a una fuga dai Pronto Soccorso che non ha precedenti” continua Geraci “Vanno via colleghi che non hanno nemmeno 40 anni, che non reggono ai turni, ai rischi di venire aggrediti (di recente il PS del Civico è stato devastato dai parenti di una paziente, ndr) e alle responsabilità. E vanno via anche perché la retribuzione è fortemente inadeguata. Noi guadagniamo quanto un collega di un reparto ordinario, a fronte di turni, notti, weekend e rischi enormemente maggiori. Resiste solo chi ha fortissima motivazione e disponibilità a sacrificare tutto il resto: vita privata, famiglia, tempo libero”.
Le retribuzioni, appunto. Inadeguate, non incentivanti: anche a fronte del fatto che il medico di PS non può fare, al contrario dei colleghi, attività di libera professione. Nonostante le tante promesse fatte, la situazione non è cambiata: e dire che solo pochi mesi fa, dal ministro Speranza erano giunte garanzie di fondi aggiuntivi, annunciati pomposamente come “indennità accessorie che andranno a rinforzare la prima linea del Servizio sanitario nazionale”, che però sarebbero appena sufficienti per un aumento di 80 euro in busta paga, e che comunque non sono ancora arrivati.
Numeri irrisori, offensivi. E solo pochi giorni fa, al congresso organizzato da Simeu, il titolare del dicastero della Salute ha candidamente dichiarato che “Occorre fermarsi un secondo a capire come si rilancia il nostro servizio sanitario nazionale, e come possiamo renderlo più forte.”
IN CORSIA PAGATI A GETTONE E SENZA SPECIALIZZAZIONI
Ma più che fermarsi a capire, non si sarebbe forse già dovuto agire? Sicuramente sì: “L’istituzione di questi 90 milioni in legge di bilancio sono sicuramente un primo passo” spiega Fabio de Iaco, presidente di Simeu “ Ma bisogna anche capire che 80, 90 euro in busta paga equivalgono al minimo importo di una visita privata che tutti gli specialisti degli ospedali possono fare. Noi del Pronto Soccorso non possiamo farle. E’ il lavoro che abbiamo scelto, lo amiamo, ma i turni massacranti e le carenze di organico l’hanno profondamente cambiato. Vederci riconoscere in più in busta paga nemmeno l’equivalente di una visita privata dei nostri colleghi è umiliante. A queste condizioni, perché un giovane medico dovrebbe scegliere il pronto soccorso?”.
E’ ovvio quindi che davanti a questi problemi, e alla “fuga” di 100 medici di PS al mese molti nosocomi si rivolgano ai “gettonisti” pagati a prestazione, o alle cooperative: si stima che almeno nel 30% delle strutture di emergenza se ne faccia ricorso. In Veneto si rivolgono a cooperative 18 strutture di pronto soccorso su 24, in Trentino come in Sicilia ci si affida anche a liberi professionisti non specializzati, in Sardegna il PS di Oristano è già retto da una coop: “Sono problemi enormi” prosegue De Iaco “che generano profondi disservizi. Arrivano in PS medici che magari non sono specializzati in emergenza e urgenza, che non conoscono l’ospedale, spesso sono stranieri e magari non parlano benissimo l’italiano, a volte sono molto anziani. Questo non è un aiuto, per il medico strutturato responsabile del turno che deve garantire il servizio, bensì un ostacolo”.
Ma non ci saranno, alla base di questi problemi, anche i troppi accessi inappropriati? Sicuramente sì, dato che –per esempio- al Civico di Palermo il 75% dei casi trattati ogni anno è composto da codici verdi o bianchi, che magari finiscono al Pronto Soccorso per aggirare le liste d’attesa degli esami più sofisticati, o perché non trovano sul territorio assistenza adeguata.
MEDICINA DEL TERRITORIO SGUARNITA
Inutile però farne una “colpa” ai medici di famiglia, professionisti additati spesso come capro espiatorio e invece anche loro oberati da troppo lavoro, burocrazia e carenza di organico: in “caduta libera” numerica, tanto che già un milione e mezzo di italiani si ritrovano senza il medico di medicina generale (e il dato è sottostimato perché non tutte le regioni forniscono i dati) e almeno altrettanti lo rimarranno a breve, dato che entro il 2027 sono previsti più di 35mila pensionamenti. Non si troveranno i sostituti, anche perché ci sono poche borse di specializzazione per un mestiere che veder ridursi sempre più il “tempo di cura” da dedicare al paziente a favore di lunghe pratiche burocratiche per piani terapeutici e prescrizioni. Ritmi insostenibili: “Occorrono finanziamenti specifici” spiega Silvestro Scotti, segretario FIMMG (Federazione italiana medici di famiglia) “che siano di supporto a questi medici per aiutarli a sburocratizzare il loro lavoro e a suddividere i carichi con personale amministrativo. Un medico deve curare, non può ridursi a compilare moduli perché non viene riconosciuto il “valore” della firma del professionista intellettuale, chiamato a codificare e giustificare ogni atto. A volte, per un piano terapeutico complesso, occorre anche mezz’ora di tempo. Ovvio che poi ne risenta il funzionamento complessivo della “macchina” sanitaria”.
Il cane che si morde la coda: se la medicina del territorio va in sofferenza, i danni si riversano a cascata sui pazienti, sulle guardie mediche, sui Pronto soccorso degli ospedali.
Si attendono forti segnali, dalle parti del Ministero retto da Roberto Speranza. Perché il nostro servizio sanitario nazionale, il fiore all’occhiello, è ora il grande malato: al momento incurabile.
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