Sicurezza stadi: le proposte portate dagli ultras in Senato

Quasi un mese fa, nella sala Caduti di Nassirya del Senato, i rappresentati di oltre 25 tifoserie italiane di calcio e basket si sono incontrati con avvocati e parlamentari trasversali, dal capogruppo M5S Vito Crimi a Gian Marco Centinaio, capogruppo della Lega Nord, passando per Loredana De Petris di Sel, l’ex deputato Paolo Cento, l’eurodeputato Carlo Fidanza e Mario Tullo del Pd. Un incontro che ha scatenato fin da subito polemiche ma che ha l'obiettivo dichiarato di aprire un dialogo con il mondo del tifo organizzato dopo anni difficili per gli stadi italiani tra violenze ingiustificabili e provvedimenti volti alla repressione che non hanno arginato la fuga di spettatori.

Gli scontri tra ultras e la difficile gestione dell'ordine pubblico negli stadi italiani è sfociata in una diaspora dagli impianti. In termini di presenze allo stadio l'Italia è infatti crollata in fondo al treno delle grandi: ultimo gradino europeo per percentuale di posti riempiti con il 55,2% (quest'anno 9 club di Serie A su 20 hanno una media di spettatori inferiore al 50%) contro il 95,5% della Premier League, il 91,9% della Bundesliga, il 68,3% della Liga e il 66% della Ligue 1 francese. L'incontro tra le parti è nato dalla volontà di presentare una proposta di legge concreta e di cercare un secondo tavolo d'incontro, quello con la Figc. Ma cosa hanno chiesto gli ultras alle istituzioni?

Le tifoserie organizzate, assistite dagli avvocati Giovanni Adami e Lorenzo Contucci, hanno chiesto modifiche agli articoli 8 e 9 della legge Amato del 2007. Il tema in questione è il Daspo, il divieto di assistere alle manifestazioni sportive. In particolare la richiesta riguarda la modifica dell'attuale applicazione della pena che per chi incorre nella condanna di un questore va a sommarsi con quella del magistrato. A supporto della tesi c'è anche un recente pronunciamento dalla Corte di Cassazione che, con la sentenza 17712 del 2013, ha imposto il principio del ne bis in idemletteralmente "non due volte per la medesima cosa". Altro punto discusso quello sul divieto di trasferte per tre anni dopo la conclusione del Daspo stesso, un prolungamento del provvedimento che gli avvocati hanno definito incomprensibile.  

Un primo incontro per mettere le basi ad un dialogo che per molti è inutile e ingiustificato, soprattutto alla luce delle condanne e delle violenze di cui diverse tifoserie sono accusate. Un esempio su tutti quello di Claudio Galimberti, detto "Bocia", tifoso dell'Atalanta che era presente all'incontro nonostante risulti sottoposto a sorveglianza speciale. Da qui la denuncia di Luca Di Bartolomei: "La Repubblica italiana, alla presenza di onorevoli parlamentari, avrebbe quindi ospitato in una sede istituzionale un soggetto sottoposto a una misura cautelare sovente utilizzata per la criminalità organizzata. Esprimo la mia solidarietà e vicinanza a Giovanni De Biase, dirigente della Digos che il Bocia si era sentito in dovere di minacciare, e al Pm Laura Cocucci (che aveva chiesto una condanna a tre anni di sorveglianza, ma il giudice li ha ridotti a 18 mesi, ndr )”.

Ora resta da capire cosa ne sarà della proposta di legge, chi avrà davvero voglia di lavorare nella stessa direzione. Argomenti difficili ma che mostrano crepe evidenti come la tessera del tifoso, lo strumento di fidelizzazione introdotto nel 2009 dal ministro Maroni al fine di identificare i tifosi. "Il controllo su eventuali violazioni del Daspo è già ampiamente garantito dalla nominalità del biglietto dello stadio. Perché continuare con questa burocrazia che ha allontanato e allontata la gente?" fanno sapere gli ultras in un comunicato congiunto. Altro argomento caldo le difficoltà nell'ingresso allo stadio di striscioni, tamburi e coreografie: "Non si parla di fare entrare allo stadio striscioni e armi. Stiamo lottando per qualcosa di completamente diverso, parliamo di colore e passione. Questo è quello che manca oggi così visibilmente nei nostri stadi, il tifo è libertà di espressione e fantasia"

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