1921 Leopoldo Metlicovitz, La Rinascente.

Moda

Quando la moda sfilava sui muri

Una mostra sulla moda, ma senza manichini né abiti in bacheche. Viene da dire, per fortuna. Qui lo scopo scientifico e narrativo, infatti, è raccontare l’evoluzione dei costumi, la nascita di una nuova rappresentazione sociale, l’emancipazione femminile progressiva e soprattutto le ripercussioni dello sviluppo economico dell’età industriale sull’abbigliamento attraverso la grammatica visiva ed evocativa della pubblicità. Mezzo potente per la sua capacità di penetrazione e persuasione e quindi fortemente legato alla divulgazione di mode e stili di vita, come avevano capito sarti e commercianti già dalla metà dell’Ottocento.

Non è un caso, quindi, che il titolo della mostra reciti semplicemente Moda e pubblicità, 1850-1950. Allestita alla Fondazione Magnani-Rocca, a Mamiano di Traversetolo, in provincia di Parma (fino all’11 dicembre 2022), nelle stanze attigue a quelle che ospitano la «permanente» con opere di Tiziano, Dürer, Van Dyck, Goya, Canova, Moda e Pubblicità, 1850-1950 vanta la curatela di tre studiosi di storia della moda, del costume e della comunicazioni quali Dario Cimorelli, Eugenia Paulicelli e Stefano Roffi.

Dalla loro ricerca emerge come l’affermarsi dei Grandi Magazzini, nella seconda metà dell’Ottocento, prima in Francia con Au Bon Marché e poi in Italia, a Milano con Aux Villes d’Italie, italianizzato in Alle città d’Italia, fondato nel 1877 dai fratelli Luigi e Ferdinando Bocconi, rappresenti lo stadio iniziale della contemporanea cultura del consumo che si avvale di un supporto pubblicitario sempre più elaborato e sofisticato.


1932 Domenico Lubatti, Camicie sport Impero.


1914 Leopoldo Metlicovitz, Calzaturificio di Varese.


1934 Luciano Bonacini, Calze Rayon.


1915-1920 Adolfo Busi, La Moda.


1890-1910 Leopoldo Metlicovitz, E. & A. Mele & C. Napoli, Casa primaria di confezioni.


1935-1936 Zingone veste tutta Roma.


1939-40 Luigi Veronesi, Borsalino.


1921 Leopoldo Metlicovitz, La Rinascente.


«La competizione tra i grandi magazzini è agguerrita e ogni mezzo, ogni idea, ogni novità è occasione per catturare e fidelizzare la clientela. Il manifesto, in quanto più grande e più appariscente, è lo strumento che dalla fine dell’Ottocento ai primi anni Cinquanta tappezza i muri delle città, costruendo modelli e mondi e modi di partecipazione e rappresentazione» racconta il curatore Stefano Roffi. «La mostra racconta questa particolare realtà nascente della comunicazione, presentando un centinaio di grandi manifesti, molti restaurati per l’occasione e mai esposti al pubblico dal tempo della loro realizzazione, soffermandosi anche su due casi unici che distinguono l’Italia da qualunque paese al mondo: la comunicazione dei Magazzini Mele di Napoli, la più imponente, capillare, ricca attività di promozione mai realizzata, che inizia nel 1889 e prosegue fino al secondo decennio del XX secolo; e la comunicazione de La Rinascente a Milano, che sceglie Marcello Dudovich come direttore artistico dal 1921 al 1956, mantenendo così una coerenza stilistica unica e irripetibile».

Dudovic, ma anche Aleardo Villa, Leopoldo Metlicovitz, Domenico Lubatti sono i pionieri di un linguaggio sperimentale e creativo che ha alimentato l’imma- ginario collettivo della nascente borghesia europea e, addirittura, ha gettato le basi per le successive comunicazioni pubblicitarie. «Quelle più vicine al cinema e alla fotografia in un arco cronologico che inizia nel XIX secolo fino al 1951, anno preso a riferimento come fine di questa prima fase di nascita e consolidamento della storia della moda italiana e inizio di un secondo periodo, i cui sviluppi vediamo oggi e che forse sarà oggetto di un nuovo progetto espositivo» promette Eugenia Paulicelli, docente di Fashion Studies al Graduate Center e al Queens College di New York.

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