Politica
April 20 2020
Forse perché decreti e ordinanze li scrivono i grandi, ci siamo dimenticati che i bambini hanno diritto a giocare, a correre, ad andare in bicicletta e a rotolarsi nei prati assieme agli altri bambini. Oltre al diritto fondamentale di essere educati e istruiti, che è anche un dovere per la Repubblica.
Nelle minuziose liste di divieti a fini sanitari, abbiamo previsto deroghe per andare in edicola, a comprarsi le sigarette, a mettere la benzina, a portare il cane a fare i suoi bisogni. E ora stiamo lavorando certosinamente su liste di codici Ateco per capire quali attività riaprire, ma senza considerare scuole, parchi e negozi di giochi.
Ci siamo dimenticati dello sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale e sociale dei bambini. Nondimeno, sono diritti garantiti ai più alti livelli, a cominciare dalla Convenzione Unicef sui diritti dell'infanzia e dall'art. 31 della nostra Costituzione che affida alla Repubblica di proteggere «l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo».
Eppure, quando la circolare del Ministero dell'interno del 31 marzo ha timidamente previsto la possibilità di uscire «a un solo genitore per camminare purché questo avvenga in prossimità della propria abitazione e in occasione di spostamenti motivati da situazioni di necessità o di salute», subito sono arrivate le rettifiche dalle Regioni e dal Governo. I bambini restano a casa. Ebbasta! Perché?
Bambini che non possono più giocare con gli amichetti, che hanno perso il contatto con le maestre, che hanno visto repentinamente e immotivatamente bloccato il loro mondo di crescita.mE sono abbandonati nelle case, mentre i genitori cercano di arrabattarsi a lavorare in «smart working», fra nervosismi e lunghe ore di tv e video giochi. Con qualche compito su whatsapp o su piattaforme malfunzionanti.
Forse dovremmo rifletterci bene. I bambini sono i meno colpiti dal virus e invece li abbiamo segregati. Più degli adulti. Stiamo facilitando un trauma immotivato, che supereranno con molta più difficoltà di noi adulti. Che siamo aridi già di nostro.Stiamo togliendo ai bambini la loro infanzia, il loro sorriso spontaneo, per un virus che non vedono, non capiscono e che anche se li colpisce gli fa poco male. Senza spiegarlo e senza dire perché.
Ho letto e riletto a lungo circolari, decreti e ordinanze. Come anche faq e quesiti esplicativi. Ci si dilunga su seconde case, tipologia di animali vivi trasportabili, distanze per le attività motorie, corretto utilizzo di guanti e di mascherine, compilazioni di autocertificazioni e autodichiarazioni. Ma dei bambini non si parla mai.
Abbiamo frettolosamente rinviato a settembre il problema di aprire le scuole, a differenza di quanto avviene in tutti gli altri paesi Europei, ancora una volta più attenti di noi ai problemi dei piccoli. E ci stiamo dedicando a lunghe discussioni su come e quando far ricominciare il campionato di calcio.
Panem et circenses!
Per usare le parole dei giuristi, stiamo dimenticando di tutelare i diritti delle generazioni future: un giorno i nostri bambini di oggi ce lo verranno a dire. E scrivo da padre, prima ancora che da giurista.
Alfonso Celotto è professore di diritto costituzionale all'università Roma Tre