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October 04 2016
È un regalo a cinéphile e lettori quello che Adelphi fa ripubblicando La donna che visse due volte, della premiata coppia di giallisti francesi Thomas Narcejac e Pierre Boileau.
Intanto perché la scrittura di questo thriller psicologico straordinario dà il piacere di una bevanda fresca in una giornata torrida: scorre e rivitalizza. Il plot e la tenuta dei personaggi sono talmente perfetti che pagina dopo pagina il film che Alfred Hitchcock trasse dal libro sfuma sul fondo, ci si dimentica il volto di Kim Novak e quello angosciato di James Stewart.
Ciò che emerge è la forza della storia stessa, con il tema del doppio, della verità/menzogna, della vertigine amorosa e fisica.
Rimane cioè il libro, con la sua determinazione ad incantare il lettore. Anzi, leggenda vuole che i due autori francesi scrissero La donna che visse due volte con l’idea di conquistare i favori del regista. Vinsero la sfida, il film si guadagnò due Oscar e figura nella classifica dei fra i 100 più belli mai realizzati.
Molte sono le differenze fra scrittura e grande schermo, dall’ambientazione al colore dei capelli della protagonista (si sa, Hitchcock era ossessionato dalle bionde), dal finale allo sviluppo delle dinamiche fra i due amici uomini.
Come ricorda il risvolto di copertina, Francois Truffaut, intervistato sul perché di questa ossessione amorosa, rispose: “c’è un uomo che vuole andare a letto con una morta. È pura necrofilia”.