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November 26 2017
Questo non è un Paese per donne (che denunciano una violenza).
“Per le ragazze è stata una giornata sfiancante, che non si può augurare a nessuno, e che io non mi sarei mai aspettato. Una delle ragazze, la mia assistita, ha concluso l’esame ed è mezza svenuta”.
Così l’avvocato che difende una delle due studentesse americane che hanno denunciato due carabinieri in servizio la notte del 7 settembre di averle stuprate. Ma uno dei legali dei carabinieri, Giorgio Carta, ha detto invece che quei due “non hanno niente da chiedere scusa”.
E ha aggiunto: “Io sono un ex ufficiale dei carabinieri. Sono stati fessi a caricarle in macchina. Tutto il resto di cui li accusano non l’hanno commesso. Anzi, siamo noi amareggiati, io come ex ufficiale dei carabinieri e i nostri assistiti, che l’Arma abbia già chiesto scusa. Secondo noi non devono affatto chiedere scusa”.
L’avvocato, che per ben due volte ci tiene a dire di essere un ex ufficiale dell’Arma, ha predisposto per l’incidente probatorio con le ragazze di 19 e 21 anni – leggo su “Repubblica” - 263 domande per una e 197 per l’altra. Ripeto: 263 e 197... Ovvero 460 domande che ovviamente non sono state ammesse se non in parte, e hanno portato magistrati e difensori a reagire dicendo di non “voler tornare indietro di 40 anni”.
Domande come se le ragazze indossassero gli slip o trovassero sexy i carabinieri. Alle quali la risposta è stata che neanche all’inferno si sarebbero fatte toccare da uno che sembrava loro nonno.
Però i “difensori” delle ragazze sembravano gli avvocati degli accusati, sulla difensiva, rispetto alla sicumera del legale dei carabinieri che andava all’attacco. Quasi dovessero essere le studentesse a giustificare come erano vestite quella sera o accusate di provare attrazione per quelli che hanno denunciato come i loro violentatori.
Ci sono in questa storia alcuni fatti che nessuno ha smentito. Il primo è che c’è stato rapporto sessuale tra i carabinieri e le ragazze. Adesso l’avvocato Carta, che ci tiene a dire di essere un ex ufficiale dell’Arma, insinua che le ragazze non fossero ubriache già prima, ma che avessero bevuto dopo, visto che in casa avevano degli alcolici…
Insomma, avrebbero fatto una messinscena. I carabinieri in servizio, in uniforme, armati, che avevano impropriamente usato la gazzella per “caricare” (ma che termine è!) le ragazze e a quanto leggo sul “Corriere della Sera” avevano omesso di riportare la “deviazione”, erano finiti in una zona di competenza di altri commilitoni, avevano lasciato incustodita l’auto e accompagnato le ragazze fino al pianerottolo, di fatto erano poi “spariti”, per un’ora. Ma non hanno “niente da scusarsi”.
A garantirlo è un avvocato che fa valere il suo essere stato ufficiale dell’Arma. Ripeto: due carabinieri, in uniforme, armati, di fronte a due studentesse, giovani, straniere e ubriache. Ma “niente scuse”. Anzi, a riprova che non c’è da chiedere scusa, ecco un bombardamento di 460 domande per “sfiancare” la resistenza di quelle giovani che hanno fatto “fessi” i carabinieri.
Provo un senso di vergogna e di squallore infinito di fronte a tutto questo. Tanto più per l’ammirazione, la riconoscenza e il rispetto che nutro per l’Arma dei carabinieri. Vorrei tanto che quell’avvocato non ripetesse mai più di essere un ex ufficiale, la sua difesa a oltranza va oltre il dovere di un avvocato, si colora di una convinzione, da lui stesso dichiarata, di totale innocenza che è fuori luogo o almeno azzardato, considerate le evidenze.
Mi chiedo che cosa penserà il padre di una delle ragazze, quello che è stato il primo, il 7 settembre, a raccogliere lo sfogo tra le lacrime della figlia e le ha detto di stare calma e chiedere aiuto. E mi colpisce la compostezza della indignazione nell’avvocato di una delle studentesse, Gabriele Zanobini, che alla domanda se le ragazze sarebbero tornate subito a casa, negli Stati Uniti, risponde con un sospiro: “Dove vuole che vadano?”.
Questo non è un paese per donne (che denunciano una violenza).