Come sarà la Rai del dopo Fuortes

«Prendo dunque atto che non ci sono più le condizioni per proseguire il mio lavoro di amministratore delegato».Carlo Fuortes non è più l'ad della Rai: si è dimesso questa mattina e lo ha fatto diramando un comunicato dai toni inaspettatamente secchi, che sanno di risposta indiretta sia al Governo Meloni che al fiume di ricostruzioni giornalistiche degli ultimi mesi. "Vuole la Scala", "Vuole il San Carlo". Si è scritto di tutto sul coriaceo manager voluto da Draghi. E proprio quando il suo approdo al teatro partenopeo in veste di sovrintendente (con tanto di decreto ad hoc per pensionare Lissner, il quale a sua volta sarebbe stato pronto a fare ricorso) sembrava cosa fatta, ecco l'addio con polemica: «Non posso, pur di arrivare all’approvazione in CdA dei nuovi piani di produzione, accettare il compromesso di condividere cambiamenti - sebbene ovviamente legittimi - di linea editoriale e una programmazione che non considero nell’interesse della Rai».

Un minuto dopo, anzi, un minuto prima, era già partito il dopo Fuortes. Una partita complessa che è anche una corsa contro il tempo. Con un doppio risico da sbrogliare rapidamente. Il primo è quello che riguarda le nomine, il secondo quello dei nuovi palinsesti. «Per nessuno dei due c'è tempo da perdere: soprattutto perché dobbiamo arrivare alla presentazione dei palinsesti con nomi forti e una strategia chiara da presentare agli investitori», spiega a Panorama un importante dirigente di Rai Pubblicità, la cassaforte (e il fiore all'occhiello) dell'azienda. Pronti si cambia. Ma come sarà la Rai a trazione centro-destra? Si parte dai vertici: l'ad in pectore è Roberto Sergio, attuale direttore di Rai Radio, forse nominato già giovedì prossimo, che a sua volta nominerà direttore generale Giampaolo Rossi, uomo macchina che conosce bene e da tempo i meandri la tv di Stato. Quanto ai tasselli più importanti, lo snodo chiave da cui parte l'effetto domino è il Tg1: fuori Monica Maggioni, pare certo l'arrivo di Gian Marco Chiocci, attuale direttore di AdnKronos, stimato dalla Meloni ma anche dai 5S di Conte. Al Tg2 dovrebbe arrivare Antonio Preziosi, che lascerebbe RaiParlamento a Giuseppe Carboni (ex direttore del Tg1 in quota grillina), ma prima bisogna capire che posizione occuperà l'attuale direttore Nicola Rao: per lui in ballo la direzione del Gr Radio (a quel punto Andrea Vianello potrebbe passare a Rai Sport) o a quella, ben più prestigiosa, degli Approfondimenti. Sempre che non la spunti Paolo Corsini, attuale vice di Antonio Di Bella, a un passo dalla pensione. Quanto al Tg3, o resterà Mario Orfeo (si parla di lui anche per Rai Sport, ma alla fine potrebbe spuntarla Paolo Petrecca, che lascerebbe Rai News) o arriverà Costanza Crescimbeni, stimata, si dice, da Elly Schlein. Attenzione ad altre poltrone di peso: quella dell'Intrattenimento, che muove tutto il prime time, dove viene dato in uscita Stefano Coletta (per lui in vista il Marketing?) e in entrata Marcello Ciannamea; altro cambio di vertice al Day Time, con l'uscita di Simona Sala e la possibile promozione di Angelo Mellone, dirigente Rai ma soprattutto considerato tra gli intellettuali di riferimento della nuova destra italiana.

Solo quando i giochi saranno fatti, i direttori della direzioni di genere potranno mettere mano ai programmi e ai palinsesti. «I tempi sono strettissimi, è tutto in ritardo di almeno un mese», ci spiegano. Ecco perché Sergio e Rossi dovranno fare gli straordinari per chiudere tutto entro poche settimane. Confrontandosi con i vertici di Rai Pubblicità: i big della tv, dalla Clerici a Conti, da Amadeus alla Carlucci non solo sono amati dal pubblico ma anche dagli inserzionisti. Che vogliono certezze. Ecco perché Fabio Fazio, il cui contratto è in scadenza, potrebbe restare dov'è: con gli ascolti (e i soldi che fa incassare) che fa, sostituirlo è più complicato del previsto. Ferme invece le voci sul ritorno di Massimo Giletti,alle prese con la complicata chiusura di Non è l'arena: appena la situazione si chiarirà, il suo arrivo appare cosa scontata. A proposito di ritorni, ce n'è uno di cui si parla molto in queste ore: quello di Nicola Porro. «Il colpo grosso della nuova dirigenza Rai, non ancora insediata ma già al lavoro, è lui. Va strappato a Mediaset, e infatti nell’azienda berlusconiana sono in allarme. Anche perché, se fallisse l’ingaggio di Porro come volto top player di una trasmissione informativa capace di portare verso destra la narrazione italiana o almeno fuori dai canoni di sinistra non graditi ai partiti di governo, si potrebbe sempre puntare su Paolo Del Debbio a sua volta della squadra di Cologno Monzese», ha scritto Il Messaggero. Che aggiunge dettagli anche su Lucia Annunziata, che resterebbe al suo posto, mentre «per Bianca Berlinguer si vedrà, Marco Damilano dovrebbe essere ridimenrsionato anche se non infastisce più di tanto». Sempre restando a Rai3, pronto il cambio alla conduzione di Agorà, il talk politico del mattino: al posto di Monica Giandotti, dovrebbe arrivare Manuela Moreno, volto del Tg2.

Sul fronte intrattenimento, in crescita le quotazioni di Pino Insegno, che a gennaio dovrebbe strappare la conduzione de L'eredità a Flavo Insinna, mentre «nel campo dell’intrattenimento leggero una figura stagionata come Claudio Lippi: si vocifera di una trasmissione anche per lui, che a giungo compirà 78 anni», aggiunge Il Messaggero. E se secondo DagospiaSerena Bortone e Francesca Fialdini sarebbero in bilico, tra i volti in ascesa spiccano Monica Setta, Nunzia De Girolamo (già pronta a condurre La vita in diretta estate), Roberto Poletti (anche per lui si tratterebbe di un ritorno) e Serena Autieri. Ma i giochi sono ancora all'inizio. I riposizionamenti pure.

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