Economia
July 21 2020
Per la prima volta nella storia dell'Unione Europea è stata approvata la linea dell'emissione di un debito comune. La portata dell'accordo sul Recovery Fund si percepisce guardando alle 92 ore di Consiglio Europeo che sono state necessarie per arrivare al "deal" che, sostanzialmente, è un grande compromesso che soddisfa tutti e nessuno.
Se oggi infatti i capi di Stato e Governo dei 27 Paesi Membri dell'UE si ritrovano a darsi tutti grandi pacche sulle spalle e sincere strette di mano a guadare nelle pieghe della sostanza del Fondo per la Ripresa che dovrà aiutare l'UE a superare lo choc economico da Coronavirus si ha la sensazione che ci siano più vinti che vincitori.
Il risanamento vale 750 miliardi e porta il bilancio dell'UE dei prossimi anni (2021-2027) a 1.074 miliardi di euro.
Rispetto alla bozza iniziale, però, sono drasticamente di minuite le risorse a fondo perduto a favore dei prestiti. Il denaro, quindi, andrà restituito entro il 2027 e per farlo gli stati membri dovranno emettere nuove tasse europee che andranno a gravare sulle tasche dei cittadini.
In principio i sussidi avrebbero dovuto ammontare a 500 miliardi di euro e invece sono calati a 390. I prestiti per cui si ipotizzava un pacchetto da 290 miliardi di euro sono cresciuti a 360 spostando l'ago della bilancia e il senso dell'intera operazione di risanamento europeo.
Vista la gravità dell'impatto pandemico in Italia la fetta maggiore di questo fondo spetta al nostro Paese che porta a casa il 28% del Recovery Fund (208 miliardi) di cui 80 miliardi a fondo perduto e per 120 in prestito. Il Governo Conte saluta con soddisfazione il bottino da 208 miliardi di euro, ben 36 in più di quelli previsti dalla bozza iniziale, ma con un differente peso tra prestiti e sussidi che andrà affrontato e analizzato e bisognerà capire quanto la sovranità nazionale della gestione del debito potrà sull'ingerenza europea in termini di governance.
Secondo Conte la "linea rossa" non è stata sorpassata e lo stato di diritto è salvaguardato, ma c'è chi non è tanto ottimista e teme veti incrociati circa la destinazione dei soldi europei nella gestione nazionale. Sarà il Comitato economico e finanziario (Cef) ad effettuare la valutazione del rispetto delle tabelle di marcia e degli obiettivi fissati per l'attuazione dei piani nazionali, ma i cosiddetti Paesi Frugali (Austria, Olanda, Danimarca e Svezia) hanno ottenuto la possibilità di porre il veto "in via eccezionale" e se qualche Paese dovesse procurare problemi o effettuare manovre particolarmente discutibili.
Il diverso peso di prestiti e sussidi è già di per sé una vittoria dei Frugali preoccupati per l'eventuale insolvenza dei cugini del mediterraneo e determinati a non mettere i propri fondi in un salvadanaio bucato.
Per tenere a bada il veto incrociato del potente nord dell'Unione, inoltre, i Frugali hanno anche ottenuto che il loro rebate fosse quasi raddoppiato: i rimborsi previsti per la Danimarca ammontano ora a 322 milioni di euro l'anno (la prima bozza prevedeva 222 milioni), all'Olanda 1,931 miliardi (da 1,576 miliardi) all'Austria 565 milioni (da 287) e alla Svezia 1,069 (da 823 milioni).