Politica
January 12 2021
Ecco il Recovery Plan che dopo un mese di polemiche interne al Governo il premier Conte ha realizzato ascoltando in parte le richieste di Italia Viva (con le sue ministre che si sono astenute durante la votazione) e che ha avuto il via libera dal Consiglio dei Ministri per la sua approvazione finale (come richiesto in maniera chiara e forte dal Presidente della Repubblica). Un progetto che presenta diverse novità rispetto alla sua stesura originale
Proprio intorno alla gestione dei fondi per la ricostruzione post Covid stanziati dall'UE a favore dell'Italia (un bottino da oltre 200 miliardi) si gioca la partita più importante.
L'Europa aspetta che l'Italia detti la governance sui fondi, ovvero l'impianto architettonico che guiderà la politica d'investimenti e riforme che verrà finanziata dal Next Generation UE.
Il documento sarebbe dovuto essere presentato a Bruxelles entro ottobre anche se il piano attuativo vede come scadenza aprile. Il ritardo è notevole e il tempo per le mediazioni è terminato da un pezzo. Lo sa Conte (che ha il fiato sul collo dell'UE) e lo sa Renzi che approfitta della situazione per alzare la voce.
Italia Viva, infatti, chiede di utilizzare tutti i 127 miliardi di loans europei per finanziare i progetti nonostante questo vada a determinare l'innalzamento di un debito che prima o poi dovrà essere sanato.
Non solo: Renzi insiste per aggiungere al budget anche il 37 miliardi del Mes, cosa che non piace né a Bruxelles né al Ministro per l'economia Roberto Gualtieri.
Come spiega Il Sole 24 Ore nella penultima stesura della bozza del Recovery Plan (l'ultima è in via di definizione) si è passati a 52 miliardi di prestiti "additivi" e 75 miliardi "sostitutivi". La precedente ripartizione prevedeva 40 miliardi di prestiti "additivi" e 87 "sostitutivi". Con le proposte di Italia Viva il debito da qui al 2026 non scenderebbe al 143% del Pil come previsto dai programmi del Governo, ma resterebbe al di sopra del 153% ponendo con ciò a rischio la tenuta dei conti pubblici anche in vista del ritorno dei vincoli del Patto di stabilità.
Italia Viva ha proposto le sue modifiche in un piano da 63 punti che, tra gli altri, prevedono la delega a trasferire i servizi segreti dalla persona del premier a un nuovo soggetto (uomo di fiducia dell'alleanza sinistrorsa). Conte aveva detto un secco no a riguardo, ma ora sta rivedendo le sue posizioni.
Quanto alla Fondazione sulla cybersicurezza invisa a democratici e renziani sembra che l'ipotesi sia sparita dalla nuova bozza del Recovery plan .
Per quanto riguarda la spartizione dei fondi della Next Generation UE al momento la situazione è la seguente:
alla voce "digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura" vengono destinati 46,18 miliardi dei quali 10 verranno utilizzati per finanziare progetti in essere e più di 34 serviranno a realizzare nuovi progetti.
L'altro punto chiave del quale è necessario rendere conto all'Europa è la politica "green" . A progetti che "favoriscono la transazione ecologica" verranno quindi destinati oltre 68,94 miliardi di euro, mentre alle "infrastrutture che facilitino una mobilità green" ne vengono destinati quasi 32.
A favore di "istruzione e ricerca" lo stanziamento dovrebbe essere di 28,49 miliardi cui vanno aggiunti i 27,62 miliardi per "l'inclusione e la coesione".
Ultima voce di spesa è quella che riguarda la "sanità" cui il Governo destinerebbe solo 19,72 miliardi.
Le 13 pagine preparate dal Governo e girate ai partiti sono definite fin dalle premesse "un documento di lavoro interno al governo, per favorire il raggiungimento dell'accordo politico sulle modifiche alla bozza". L'idea sarebbe quella di non disperdere fondi in micro erogazioni (andranno a sparire quasi tutti i "bonus" tanto cari a Conte e i suoi) per concentrare risorse e innovazione in pochi progetti cardine.
Il problema, però, al di là della distribuzione dei fondi, è proprio l'architettura istituzionale del piano.
L'Italia, infatti, "deve introdurre procedure straordinarie con leggi capaci di accelerare gli investimenti e corsie preferenziali" come spiegato a Repubblica dal Commissario UE Paolo Gentiloni, ma queste "corsie" al momento non esistono e rischiano di rallentare il treno se non addirittura fermarllo
I vincoli per l'erogazione delle tranche sono infatti legati al doppio filo dalla messa in atto delle riforme e alla loro attuazione che verrà monitorata da un'UE già oggi preoccupata e scettica nei confronti del modus operandi dell'Italia.
I fondi, infatti, vanno impiegati entro il 2023 e spesi entro il 2026 per ricominciare a restituirli nel 2027. Se i giochetti di potere politico economico interni al Paese rallentano la pianificazione delle riforme l'UE ha tutto il diritto di bloccare l'erogazione dei fondi lasciando l'Italia a secco.