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May 30 2017
Un referendum consultivo chiamerà alle urne i cittadini di Lombardia e Veneto, chiedendo loro di pronunciarsi sull'autonomia delle rispettive regioni.
Avverrà il prossimo 22 ottobre, sempre che l'eventualità delle elezioni politiche a settembre non porti a un'anticipazione o a posticiparlo.
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Nel giorno stabilito, quale esso sarà, il quesito sarà il seguente: "Volete voi che la Regione Lombardia (Veneto), nel quadro dell’unità nazionale, intraprenda le iniziative istituzionali necessarie per richiedere allo Stato l’attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, con le relative risorse, ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 116, terzo comma della Costituzione?".
Secessione? No, grazie
Nulla a che vedere con la secessione, quindi, come qualcuno in passato aveva ipotizzato, quanto piuttosto con la richiesta di una maggiore autonomia dallo Stato centrale, un maggior numero di materie di competenza e, come ha più volte ricordato il governatore della Lombardia Roberto Maroni, "più soldi". Su quest'ultimo punto, si calcola che Veneto e Lombardia cedano ogni allo Stato un residuo fiscale - cioè la voce di bilancio che identifica la differenza tra entrate e uscite - di oltre 70 miliardi, denaro che - applicando lo stesso modello previsto per le ragioni a Statuto speciale che trattengono per sé il 90% delle tasse - rimarrebbe sui rispettivi territori.
Tale possibilità, finora non era mai stata utilizzata, ma è prevista dal Titolo V della Carta Costituzionale sui rapporti tra Stato e Regioni.
Secondo l'articolo che la disciplina, l'autonomia non viene concessa automaticamente, bensì, dopo il voto referendario, le due regioni interessate dovranno avviare un negoziato col governo che, se andrà a buon fine, porterà in Parlamento una proposta di legge che dovrà essere approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti.
Ne consegue quindi che la valenza del referendum stesso sarà innanzitutto politica.
Quorum e costi
Poiché si tratta di referendum consultivi, non richiedono un quorum. L'affluenza alle urne sarà quindi un tema cruciale.
In Veneto la votazione avverrà in modo tradizionale, cioè con le schede cartacee nei seggi, mentre in Lombardia sarà sperimentato per la prima volta il voto elettronico, che dovrebbe quindi contribuire a mantenere i costi molto più bassi dei 46 milioni di euro stimati dal centrosinistra.