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March 22 2024
Possiamo identificare il comportamento aggressivo come qualsiasi comportamento emesso con l’intento immediato di causare danno all’altro. In tale definizione emergono due aspetti fondamentali per definire un’azione aggressiva: il primo è il danno, fisico o psicologico, che la condotta mira a provocare, il secondo è l’intenzionalità, ovvero la volontà di provocare un danno al destinatario dell’atto. Quest’ultimo elemento implica l’aspettativa che quel determinato atto provochi un particolare effetto.
L’aggressività è un indice di trasgressione normativa che può nascondere un malessere; per comprendere se l’aggressività è normativa o espressione di disagio bisogna prestare attenzione alla funzione sottesa il comportamento. La condotta aggressiva non emerge solo con acting out espliciti e non ricade sempre e solo nei confronti di altri coetanei ma anche sull’adolescente stesso, il quale potrebbe ricorrere all’abuso di sostanze e alla sessualità promiscua come forma di compensazione e trasgressione dal senso di impotenza che spesso si nasconde dietro il sentimento di rabbia e ostilità.
La manifestazione dell’atteggiamento aggressivo in adolescenza è reso possibile anche dai meccanismi di moral disengagement, un costrutto psicologico che illustra la modalità attraverso cui l’individuo colma il divario presente fra azione e pensiero nel momento in cui si compie un’azione moralmente ingiusta o esposta al giudizio proprio e altrui. Dalla letteratura scientifica emerge l’esistenza di una relazione positiva tra disimpegno morale e condotta aggressiva, ma a anche a reiterate vessazioni nei confronti dei pari. Relativamente al moral disengagement questi meccanismi vanno a ostacolare emozioni come il rimorso, consentendo il perpetrarsi di condotte di ordine aggressivo. Il disimpegno morale consente inoltre di comprendere il cronicizzarsi dei comportamenti aggressivi e violenti nel passaggio dall’adolescenza all’età adulta. La tendenza ad attuare comportamenti aggressivi è correlata ad una minore autoefficacia, la quale pare essere determinante nel gestire i comportamenti individuali. Il moral disengagement è inoltre correlato all’aggressività in quanto i bambini hanno più difficoltà ad assumersi le responsabilità del proprio comportamento. La capacità di controllare le espressioni dell’aggressività è una conquista dello sviluppo morale dipendente sia dall’interiorizzazione delle norme di condotta sociali e morali, che dallo sviluppo dell’empatia, la quale porta con sé la volontà di non danneggiare gli altri. I comportamenti aggressivi in età evolutiva hanno manifestazioni e frequenze differenti a seconda dell’età della persona, lo stesso vale per il significato del comportamento aggressivo. Diversi stimoli, associati a differenti processi mentali fisiologici, danno luogo a forme differenti di aggressività.
Dal punto di vista delle manifestazioni comportamentali, l’aggressività può assumere forme differenti che sommariamente possiamo far rientrare nella dicotomia di aggressività diretta e indiretta. La prima concerne degli attacchi aperti e manifesti e le forme che può assumere sono riconducibili alla aggressione fisica e verbale. Nell’aggressività indiretta, l’attacco avviene in maniera più subdola e non richiede necessariamente la compresenza di vittima e aggressore. È importante identificare anche la funzione assolta dall’aggressività e in questo caso, parliamo di aggressività reattiva e proattiva o strumentale. L’aggressività reattiva è impulsiva e si ravvisa nella tendenza a reagire in maniera violenta a uno stimolo percepito come minaccioso. L’aggressività proattiva è invece utilizzata per raggiungere un obiettivo.
Per quanto concerne il legame con la figura di attaccamento e lo sviluppo dell’aggressività, dobbiamo considerare che, quest’ultima svolge un ruolo importante all’interno delle relazioni di attaccamento. La rabbia può assumere il significato di una protesta tesa a evitare la separazione o la perdita della figura di attaccamento. A partire dalla fine del primo anno di vita un comportamento aggressivo può costituire anche un mezzo per garantire lo sviluppo della propria individualità. Ne sono un esempio gli scoppi d’ira del bambino quando gli viene impedita un’esperienza di auto-affermazione. L’aggressività diventa quindi non solo un modo per ottenere protezione da parte della figura di attaccamento, ma anche una risposta difensiva nei confronti della mancanza di sensibilità di un genitore. Normalmente queste reazioni si autolimitano in quanto provocano una maggiore attenzione da parte dell’adulto e un miglioramento delle cure parentali. Nel caso in cui l’insensibilità e l’atteggiamento di rifiuto dei genitori siano costanti la risposta aggressiva del bambino può divenire una caratteristica del Sé strutturandosi in una configurazione di attaccamento insicura o ansiosa.
Gli studi sull’attaccamento infantile hanno evidenziato che i bambini con alcune forme di attaccamento insicuro manifestano più frequentemente problemi di condotta, isolamento, aggressività, rifiuto scolastico. La maggiore precocità dello sviluppo di difese di evitamento è risultata correlata alla manifestazione successiva di comportamenti aggressivi e ostili. Durante l’adolescenza i modelli operativi interni relativi alle figure d’attaccamento si riconfigurano come legami verso le istituzioni sociali e verso gli adulti che le rappresentano. Nell’attaccamento insicuro tale processo è particolarmente difficoltoso e per questa ragione gli adolescenti insicuri, che non sviluppano adeguatamente legami sociali, sono maggiormente a rischio di comportamenti devianti e uso di droghe. L’attaccamento insicuro favorisce i comportamenti violenti e la devianza sociale per il continuo utilizzo dell’aggressività come reazione difensiva, per l’assenza di considerazione dei bisogni e dei sentimenti degli altri, dovuta a una scarsa funzione riflessiva, e per la carenza di legami verso le istituzioni sociali. Ma queste tendenze non sono sufficienti per considerare l’attaccamento insicuro come sinonimo di comportamento aggressivo.
La maggior parte dei bambini cresciuti in ambienti poveri e socialmente degradati manifesta un attaccamento insicuro, ma non per questo in età adulta si comporta in modo criminale o violento. Solo nei casi estremi di persone cresciute in condizioni di grave pericolo, di abbandono e di maltrattamento emotivo o fisico, la manifestazione dell’aggressività può risultare non funzionale al mantenimento della relazione, pur svolgendo ugualmente la funzione difensiva di limitare o interrompere il legame di attaccamento per proteggere il Sé dalla pericolosità dei genitori. In questi casi la sofferenza e la paura inducono ad utilizzare l’aggressività non per riavvicinarsi alla figura di attaccamento, ma per controllarla e distruggerla, per cui la vendetta e la punizione diventa un obiettivo primario predisponendo a futuri comportamenti violenti e antisociali.