Regtech: cos'è e perché potrebbe aiutare le imprese

Bitcoin, blockchain, le norme anti-riciclaggio e per prevenire le frodi sul web, le nuove forme di investimento come il crowdfunding, ma anche tutta la parte legata alla contrattualizzazione o ai documenti delle operazioni immobiliari: tutte queste nuove problematiche hanno spinto i Regolatori tradizionali a diventare Regolatori 3.0.

In inglese si chiamano RegTech, la contrazione di regulation e technology. Sconosciuto alla massa, gli esperti utilizzano questo termine, parente prossimo di FinTech, per definire tutte quelle tecnologie che aiutano le imprese a essere in regola con le diverse normative e a comprendere meglio come le regolamentazioni possono essere usate per rendere più efficienti le organizzazioni stesse.

Le banche alla sfida del web

Il mercato dei servizi finanziari, infatti, sta vivendo una profonda trasformazione, guidata principalmente dall’innovazione tecnologica che impone alle imprese un radicale cambiamento dell'offerta e dei modelli di business. E i regolatori (le varie Consob, Bankitalia, Antitrust ecc.) devono stare al passo coi tempi, anche se hanno iniziato a giocare un ruolo strategico in ambito fintech solo negli ultimi quattro anni.

Del resto, Accenture ha calcolato che negli ultimi tre anni si è ridotto notevolmente il numero di operatori tradizionali nel campo dei servizi finanziari: sono passati da 8.500 a circa 5.300 (- 40%) a favore dell’ingresso di altri attori di origine Fintech (oltre 800), che quindi rappresentano già oggi il 12% degli operatori europei. Detto altrimenti: le banche chiudono o si fondono tra loro, mentre dal web spuntano nuovi competitor pronti a sottrarre masse e clienti.

I nuovi regolatori

E gli arbitri che fanno? "Il FinTech è per le banche ciò che il RegTech è per i regolatori. Più semplicemente, RegTech raccoglie le start-up, le innovazioni tecnologiche e i miglioramenti regolamentari e legislativi per agevolare i processi di compliance e gli adempimenti, sempre più articolati, nei confronti del legislatore" spiega Matteo Rizzi, cofondatore e direttore generale di Gellify Fintech, una piattaforma italiana che mette in contatto le start-up digitali alle aziende tradizionali.

L'esperienza nel Regno Unito

Il primo regolatore ad essere stato lungimirante è stato FCA, la Consob britannica: nel 2016 ha attivato un programma chiamato SandBox che permette alle start-up di sperimentare le proprie soluzioni con dati reali (provenienti dalle banche, anch'esse partecipanti al SandBox) e di conseguenza accorciare di moltissimo la "prontezza" della propria offerta.

"Facciamo un esempio concreto: un cliente di una banca asiatica, tra le prima cinque al mondo, ha un conto in Asia. Se oggi andasse a Londra ad aprire un conto nella stessa banca, con gli stessi dati, dovrebbe fornire gli stessi documenti un’altra volta. La portabilità internazionale del conto è l’obiettivo, ad esmepio, della startup asiatica E-KYC" prosegue Rizzi.

In Italia qualcosa si muove

E in Italia? Qualcosa di simile prova a farlo Trakati, piattaforma che semplifica le trattative di acquisto, affari e contrattuali. Durante il FinTechStage Festival a Roma, che si è tenuto la scorsa primavera, si è messo l’accento per la prima volta sul confronto fra ecosistemi internazionali e quello italiano, e la Consob ha intavolato una discussione per facilitare le innovazioni legate a questo mondo. Ma, purtroppo, siamo ancora ai primi passi.

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