Economia
June 08 2022
«Il Green deal è una buona cosa, è un’idea ottima. Ma i politici europei non dovrebbero dirci come arrivare alla neutralità climatica, dovrebbero lasciare la libertà ai nostri ingegneri di trovare la soluzione migliore». Lo ha detto Luca De Meo, ceo del Gruppo Renault, parlando ad un gruppo di giornalisti a Milano. Il manager italiano, uno dei più apprezzati nel mondo globale dell’automobile, ha mostrato anche le sue perplessità sulle prossime tappe del sistema di regolazione europeo alle emissioni: «Con l’Euro 7 le case dovranno spendere di più senza portare degli effettivi vantaggi per l’ambiente, mentre sarebbe meglio destinare questi denari allo sviluppo delle auto elettriche». L’Euro 7 dovrebbe entrare in vigore nel 2025 e rappresenta un’ulteriore punto di frizione tra l’industria delle quattro ruote e le istituzioni di Bruxelles. Ma più in generale lo sforzo verso l’abbattimento dell’inquinamento e la rivoluzione elettrica stanno avendo un forte impatto sui costi di produzione. «Il risultato è che le vetture costeranno sempre di più» ha aggiunto De Meo: «Scordatevi di comprare in futuro un’auto nuova con meno di 20 mila euro».
De Meo, 55 anni il prossimo 13 giugno, amministratore delegato del gruppo Renault (cui fanno capo i marchi Renault, Dacia, Lada, Alpine e Mobilize) dal luglio del 2020, è venuto in Italia per incontrare circa 200 imprenditori italiani della filiera dell’automotive. «Il mio obiettivo» ha spiegato «è raccontargli che cosa stiamo facendo e presentare le opportunità che le due rivoluzioni digitale ed elettrica possono rappresentare per loro». All’incontro hanno partecipato anche Giancarlo Giorgetti, ministro dello Sviluppo Economico; Gianluca de Ficchy, Vice Presidente Esecutivo Acquisti dell’Alleanza Renault Nissan Mitsubishi e Direttore dell'Alliance Purchasing Organisation; Paolo Scudieri, Presidente Anfia e Marco Stella, Presidente Gruppo Componenti Anfia.
La supply chain italiana vende componenti alla Renault per un valore dii circa un miliardo di euro ed è il dodicesimo Paese fornitore del gruppo. Naturalmente tra gli imprenditori del settore la preoccupazione riguardo al proprio futuro è alta: le imprese italiane sono infatti molto forti della componentistica per le motorizzazioni tradizionali e rischiano di essere tagliate fuori con l’avvento dell’auto elettrica. «In Francia» ha detto De Meo «su 100 fornitori, 25 sono già pronti alla rivoluzione, 50 ce la possono fare, 25 invece no». Ma il manager, che guida un gruppo forte dell’alleanza con Nissan e Mitsubishi, ostenta fiducia: «L’Italia è un grande Paese dell’automotive e i suoi imprenditori hanno sempre dimostrato di sapersi adattare rapidamente ai cambiamenti». Resta il problema della taglia, ha ammesso De Meo, le aziende italiane sono medio-piccole, ma ha ricordato anche che sono molto flessibili: si può in sostanza passare dalla produzione di un pezzo di un motore a scoppio ad un motore elettrico. «E poi non va dimenticato che il motore a scoppio ha ancora un futuro: alcuni studi mostrano che il picco di produzione dei motori tradzizionali non è stato ancora raggiunto, arriverà tra il 2025 e il 2026. Noi stessi lanceremo quest’anno un motore a benzina, ibrido, da 1.200 cc che emette solo 100 grammi di CO2 al chilometro ed è più efficiente di un diesel». È la dimostrazione, sostiene il numero di Renault, che i propulsori tradizionali possono dare ancora molto.
Nel corso dell’incontro con i giornalisti, De Meo ha anticipato un nuovo capitolo della rivoluzione, anzi, della «Renaulution» come l’ha battezzata, che sta cambiando il volto della casa francese: «Stiamo valutando uno scorporo dei motori a scoppio in una società dedicata e parallelamente anche separare in un’altra società tutta la catena del valore dell’auto elettrica». De Meo ha ricordato come case puramente dedicate all’elettrico come Tesla sono valutate molto di più di aziende con oltre cento anni di storia come Renault. Per valorizzare le attività nell’elettrico la soluzione migliore sembrerebbe dunque quella di separarle dal resto del gruppo, aprirle alla collaborazione con aziende specializzate in settori poco frequentati dall’industria dell’auto, come il software, i semiconduttori o la chimica delle batteria. «Vogliamo dare più attenzione al valore che ai volumi» ha aggiunto. Precisando poi che «il valore aggiunto che ruota intorno ad un’auto elettrica, partendo dalla raffinazione dei metalli fino al riciclo delle batterie e dei materiali, si aggira sui 20 mila euro per vettura. Dobbiamo riuscire a controllare questo processo».
Nei piani della Renault la Francia sta concentrando le produzione a più alto valore aggiunto, come il polo di produzione di auto elettriche. Ma è uno scenario che in futuro potrebbe allargarsi anche all’Italia e alla Spagna, se i fornitori saranno capaci di adattarsi al nuovo paradigma. «La nostra industria è al crocevia tra rivoluzione digitale e rivoluzione ecologica. Possiamo sembrare dei Flinstone che arrivano sempre tardi ma quando entriamo in una tecnologia, la rendiamo democratica e affidabile, nessuno lo sa fare meglio di noi del mondo dell’auto. Abbiamo un ruolo da giocare e noi europei in particolare possiamo diventare leader per l’attenzione all’ambiente».
Ai fornitori italiani De Meo ha illustrato quali sono gli obiettivi del gruppo Renault.
Localizzare la produzione dei veicoli elettrici in Europa, e riorganizzare la filiera di approvvigionamento in territori strategici di prossimità geografica. Convertire Renault in una marca 100% elettrica in Europa entro il 2030, e portare alla neutralità carbonica tutto il Gruppo in Europa entro il 2040, e nel mondo ad orizzonte 2050. Produrre 400 mila veicoli elettrici all’anno entro il 2025 in Francia, nel polo d’eccellenza Renault ElectriCity. Continuare a sostenere la produzione di auto ibride e a combustione interna più efficaci, ecologiche e accessibili, che accompagnino la transizione verso la mobilità elettrica. Raggiungere il 20% del fatturato tramite servizi di mobilità ed elettrici entro il 2030.