Economia
March 05 2015
Che sia il fantomatico “uovo di Colombo” per il mercato immobiliare ancora lontano anni luce dai fasti pre-crisi? In molti sono pronti a scommettere di si! È il rent-to-buy, una modalità di compravendita in arrivo dagli States che permette di mettere mano sull’immobile dei propri sogni anche in assenza pro-tempore dei denari necessari. Letteralmente significa “affittare per comprare”.
In soldoni: il compratore individua il mattone che desidera, versa un mini acconto pari in genere al 6% circa sul prezzo di compravendita pattuito e vi si installa (casa o ufficio che sia, poco importa!). Per concludere l’operazione avrà fino a 10 anni di tempo durante i quali verserà un canone mensile in linea con l’importo richiesto per l’affitto di quello spazio. Attenzione: 10 anni è l’asso temporale massimo previsto dalla normativa, ma in genere ci si ferma a 3!
Dove sta l’uovo di Colombo? Sta nel fatto che una somma pari anche al 50% del canone mensile versato verrà accantonata e detratta dal totale da saldare al momento del rogito vero e proprio. Mica male! Personalmente sono stata in affitto per una decina d’anni e se avessi salvato la metà di quanto buttato via mi sarei comprata una reggia! O, quanto meno, avrei ridotto all’osso l’importo del mutuo richiesto.
Altro plus: il prezzo dell’immobile rimane bloccato per tutto il periodo da “affittuario”. E viste le quotazioni attuali ancora da saldo forse varrebbe la pena farci un pensiero. Stando a Bankitalia nel quarto trimestre 2014 quasi un terzo delle compravendite si è concluso con un ribasso tra il 20 e il 30% tra il prezzo pagato dall’acquirente e quello richiesto dal venditore. Ergo: le regole del suk valgono alla grande. Trattate, gente, trattate fino alla morte! Se poi si pensa che sono anni che neanche i venditori più avidi si sognerebbero di chiedere quanto avrebbero chiesto con un battere di ciglia a cavallo del 2007 quando le quotazioni erano all’apice l’affare sembra a portata di mano. Indovinate? io ho comprato nel 2007. Genio!
Ma facciamo due conti: a fronte di un appartamento/ufficio da 150 mila euro, l’acconto iniziale del 6% è pari a 9 mila euro. Supponiamo che il canone mensile venga fissato in 750 euro, di cui 375 da mettere nel salvadanaio. Alla fine dei 3 anni presunti la cifra “salvata” sarà di 13.500 euro che sommati ai 9 mila dell’acconto fanno 22.500 euro. Così l’assegno finale da staccare sarà di 127.500 pari all’85% del prezzo dell’immobile. Ed è facile pensare che pure l’accensione di un mutuo ipotecario sarà meno macchinosa perché si avrà alle spalle uno storico creditizio credibile e una quota di casa/ufficio già pagata.
E chi avesse cambiato idea e non volesse più acquistare l’immobile senza perdere il fantomatico gruzzolo accantonato? Può farlo. Il venditore è obbligato a restituire quanto incassato pro-futuro o almeno la stragrande maggioranza di quella somma. La giurisprudenza non stabilisce l’ammontare delle penali in caso di mancato acquisto. Sta alle parti concordarle al momento della stipula iniziale. Ma anche in quel caso è tutta questione di trattativa. Altra scappatoia possibile: il contratto può essere ceduto a terzi. Ultimo punto: dicevo che il rent-to-buy vale per case e uffici, ma vale anche per garage, negozi, capannoni e persino terreni. Tutto chiaro?
P.s. Lo scorso 19 febbraio L'Agenzia delle Entrate ha messo nero su bianco il regime fiscale da applicare al rent-to-buy. Qui i dettagli punto per punto