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February 19 2017
itorno al futuro: è l'ultima scommessa di Matteo Renzi. Si è chiuso un ciclo con la sconfitta al referendum, ma l'ex premier e segretario (davvero?) dimissionario del Pd, puntaa essere protagonista anche del nuovo. Una sorta di ritorno al futuro. Le tappe, com'è nel carattere del personaggio, rispondono alle logiche di una strategia militare: primo, riprendersi le chiavi del partito con un congresso che si consumerà in tempi brevi, al costo di una scissione.
"Prima delle elezioni amministrative", è il "time limit" che ha indicato ai fedelissimi. Secondo, da segretario nuovamente legittimato, Renzi punterà ancora ad andare alle urne il più presto possibile, per evitare che in autunnoi rischi di una legge di Stabilità improntata sul rigore come vuole Bruxelles o, in alternativa, un avvitamento dello scontro con la Ue, logorinoi consensi del Pde trasformino il leader, com'è già successo con il referendum, nuovamente in un capro espiatorio. L'unico paradosso di questa linea è che, nell'era Renzi, ogni congresso del Pd finisca, in un modo o nell'altro, per suonare le campanea morto per un governoa guida Pd: l'altra volta ci fu il celeberrimo "Enrico stai sereno" a Enrico Letta; ora l'ex premier dovrà spiegare a Paolo Gentiloni che la debolezza dell'attuale quadro politico potrebbe costare cara al partito alle prossime elezioni.
Un doppio salto mortale che è nella natura del personaggio. Del resto, al di là delle ipocrisie di maniera, tutti sanno che siamo già in campagna elettorale e per il Pd potrebbe essere fatale farsi schiacciare, da qui alle elezioni, su un governo che per limiti strutturali avrà ben poco da dire. "L'ho detto in tutte le salse" ha spiegato alla sua cerchia ristretta l'ex premier "che per il partito sarebbe stato meglio andare alle urne in tempi brevi. Non mi hanno voluto ascoltare. Bene, obbedisco, ma non mi farò cuocere a fuoco lento. Sarà un Vietnam!".
Già, rimasto solo a chiedere il voto, Renzi si prepara a calarsi nei panni del comandante Giap, ad attuare la guerriglia cara ai viet cong, per rendere quell'opzione, magari tra settembre e ottobre, cioè prima della legge di Stabilità, una scelta obbligata per tutti. Le cronache segnalano già le prime scaramucce:i 37 renziani che intimano al governo di non aumentare le accise sulla benzina per accontentare Bruxelles; poi c'è stato lo scontro sull'emendamento sulla fideiussione bancaria per il campionato internazionale di golf a Roma nel decreto legge sul credito che è stato cancellato, motu proprio, dal presidente del Senato Pietro Grasso.
"In realtà" si è sfogato Renzi "è stata Anna Finocchiaro a chiederglielo. Un'operazione contro Luca Lotti, contro un collega di governo. Ma siamo matti!A parte chea me non piace il golf. La penso come George Bernard Shaw: "Per giocare a golf non è indispensabile essere stupidi, però aiuta". Si tratta, però, di un avvenimento di livello internazionale. E comunque non mi debbono toccarei miei, quello che fanno a loro, lo fanno a me!". E la legge elettorale?
Anche su questo tema il segretario dimissionario del Pd è pessimista: "Dario Franceschini mi aveva detto: se mi dai via libera sul premio di coalizione, convinco Forza Italia ad accettare le elezioni a giugno. È tornato senza nulla in mano. Allora, senza certezze sui tempi delle elezioni, non si fa nulla. Io sono per il premio alla lista. Per assurdo su questo argomento la penso come Massimo D'Alema. Per cui andremo avanti per inerzia e, vedrete, questi non combineranno nulla sulla legge elettorale. Vogliono votare nel 2018? Bene, ci andremo con le due modifiche che chiede Sergio Mattarella: preferenze di genere al Senato e un intervento sui quozienti". Già, il Renzi "post trauma" referendum, non è disposto a dare nulla in cambio di nulla. Solo guerriglia. "Li faremo ballare" ha detto ai suoi collaboratori "chiederemo la commissione d'inchiesta sul sistema bancario, ma non solo sulle banche toscane, su tutte, compresa la Banca 121, quella del Salento ( segnale a D'Alema, ndr). E ci metteremo dentro anche Bankitalia. Pier Carlo Padoan mi ha chiesto perché, gli ho risposto che io non mi faccio rosolare da chi ha maramaldeggiato sulla mia sconfitta".
Del resto, con Pier Luigi Bersani e compagni che minacciano la scissione, Giorgio Napolitano che lo dà già per morto e Silvio Berlusconi fermo in attesa della sentenza di Strasburgo, per sopravvivere a Renzi non resta che scrollare l'albero.
E, magari, affidarsi a Mattarella che non vuole votare a giugno, ma neppure nel 2018 : nel calendario del Quirinale sono sottolineate con l'evidenziatore le ultime due domeniche di settembre e la prima di ottobre.
Renzi, del capo dello Stato continua a fidarsi, non fosse altro perché tutti sanno che lo ha voluto lui in quel posto. Una scelta che gli costò il rapporto con il Cav. "Berlusconi racconta che volevo fregarlo io, in realtà era lui che voleva fregare me" è la versione consegnata alle orecchie del giglio magico. "Il giorno prima dell'incontro decisivo, vengo a sapere che aveva avuto, tramite Francesco Boccia, un colloquio telefonico con D'Alema. Chiedo confermaa Denis Verdini che non ne sa nulla. Anzi, mi accusa di essere un malfidato. S'incarica di chiedere lumi a Gianni Letta e poi me lo smentisce ancora. All'incontro il Cavaliere esordisce alla sua maniera: "Sai, ieri mi ha chiamato D'Alema". Gli ho detto: vedi alla fine sei stato tu a venire da me col cappello in mano. Ha aggiunto: "Se ho parlato con lui? Certo, come facevo a non rispondergli al telefono". E io gli replico: ma avete parlato anche della candidatura di Giuliano Amato? E lui: "Certo! E anche lui è d'accordo". E io a quel punto: "Sì, caro presidente, ma noi abbiamo deciso per Mattarella". La politica dei "qui pro quo".
(Questo articolo è uscito sul settimanale Panorama del 16 febbraio 2017)