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October 26 2017
Matteo Renzi continua il suo viaggio in un treno che è sempre più lontano da Roma, circondato dai suoi strettissimi collaboratori. Lontano fisicamente, ma anche simbolicamente.
Il 25 ottobre mentre il Segretario del PD si lamentava della lentezza dei trasporti ferroviari della Calabria a Roma migliaia di cittadini hanno risposto all’appello del Movimento 5 Stelle e sono scesi in piazza a protestare contro il Rosatellum. Il giorno precedente un’altra manifestazione, nei numeri più esigua, criticava fortemente i metodi muscolari del governo che ha imposto il doppio voto di fiducia per portare a casa una legge elettorale che lascia scontenti tutti e non consegnerà un vincitore il giorno delle elezioni.
Intanto, mentre Renzi pensava di disarcionare Ignazio Visco dalla Banca d’Italia, Gentiloni sta per procedere alla riconferma ignorando le indicazioni e la mossa del PD. Uno scatto di reni, quello del presidente del Consiglio che segna una presa di distanza da un segretario in cerca di un ruolo nella politica nazionale.
L’immagine del leader che di stazione in stazione, risale l’Italia e ascolta le persone sembra essere la prova tardiva di un partito che vuole tornare tra la gente. Che negli ultimi anni ha perso le borgate e ha conquistato il voto dei quartieri bene, trasformando profondamente il proprio elettorato. Un Pd sempre più spostato al centro, che fatica a trovare una linea di dialogo con i vecchi compagni di viaggio, ma che ha una certa sintonia con Forza Italia e Ala di Verdini. E dire che per vent’anni la maggiore occupazione della sinistra è stata quella di criticare Silvio Berlusconi.
Segna la distanza da Roma, ma anche dal Paese l’idea che un ex presidente del Consiglio ieri sera si lamentasse dell’arretratezza delle linee ferroviarie calabresi con lo stesso stupore di un turista tedesco alle prese con le nostre inefficienze.
Eppure quella parte d’Italia è sempre stata li, in quelle condizioni e stupisce che un leader se ne accorga solo ora e per giunta a bordo di un treno privato. La prossima volta potrebbe usare i regionali dei pendolari per capire ancora meglio quel pezzo d’Italia che viaggia lento ogni giorno magari per raggiungere il posto di lavoro o per studiare, sempre alle prese con treni vecchi e sporchi, cancellazioni e ritardi, trasformando ogni tragitto in una via crucis.
In certi luoghi la democrazia si misura nella difficoltà di accesso ai servizi essenziali e la presa di coscienza di Renzi appare tardiva. Uomo delle istituzioni a Palazzo Chigi, rottamatore e insofferente quando è fuori dai giochi, come un bambino senza pallone. Ma il rottamatore della seconda ora non convince. La verginità delle prime Leopolde è oramai superata e non si può recuperare.
Un atteggiamento che non piace a Mattarella che non manca di considerare quello di Renzi un atteggiamento irresponsabile verso il governo Gentiloni, che sta traghettando la legislatura verso la scadenza, cercando di colmare i buchi lasciati dal predecessore, prima fra tutti l’approvazione di una legge elettorale omogenea per Camera e Senato, dopo che la Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale l’Italicum.
Quello dei trasporti è solo il dettaglio di un quadro più grande. Di come da circa un anno il segretario del Pd abbia segnato una distonia tra i bisogni della gente e le battaglie del suo governo, come quella della riforma costituzionale.
Perché se da un lato Renzi ci tiene a precisare che la gente che incontra in giro non gli chiede di Bankitalia, intanto a Roma una truppa di suoi parlamentari ha provato a far fuori Visco. Cavalcando i cori grillini è stata istituita una commissione d’inchiesta sulle banche in cui siede il suo fedelissimo Francesco Bonifazi. Una commissione di inchiesta che non porterà a nulla (anche per i tempi stretti della legislatura), ma che serve a calmare gli animi, a far vedere che qualcosa si sta facendo.
Schierarsi contro i banchieri sarà anche di moda, ma non funziona se prima hai salvato le banche a suon di miliardi. Non si può essere di lotta e di governo allo stesso tempo. È schizofrenia pura e la gente ai falsi continua a preferire sempre gli originali, che si chiamino Grillo, Berlusconi o Salvini.