Lifestyle
December 19 2021
Ogni puntata ha una durata variabile, da una manciata di minuti fino a un’ora. La trama cambia sempre, però mantiene un filone comune: il protagonista prova a non stare fermo un attimo, scuote le braccia e le gambe, sviluppa un fiatone supremo, sembra in preda a un delirio ubriaco di movimento. Non è mai solo: interagisce con uno o più comprimari che lo incitano, lo spronano, lo inducono a non mollare, quasi lo supplicano di andare avanti perché, ne sono certi, può farcela. Lo coinvolgono ammiccando verso l’obiettivo, raccontandogli aneddoti, mettendosi ad ancheggiare, intonando vecchie canzoni. Tengono in ostaggio la sua attenzione, mentre il tempo corre veloce e le calorie bruciate si accumulano.
I personaggi principali di questa frenetica storia, un incrocio tra un tragicomico Fantozzi e una parodia sudaticcia di Game of Thrones,siamo noi. Benché ci troviamo davanti a uno schermo, non stiamo assistendo all’ennesima serie televisiva. Siamo stati catturati, finiti (e sfiniti) nella rete del «fitness entertainment»: la tendenza che smonta il paradigma secondo il quale la palestra, per rivelarsi efficace, debba essere una noia totale. È l’opposto: può divertire, avvincere, per l’appunto intrattenere. Intanto scolpire muscoli, ridurre pancette, guerreggiare contro la pigrizia più congenita.
Le restrizioni legate alla pandemia hanno sdoganato gli allenamenti domestici e all’aperto, affermato la possibilità di tenersi in forma nei ritagli di tempo, lontano dalla palestra. La nuova normalità ha creato un ibrido tra il passato e il presente, la liturgia agonistica e il suo smantellamento ludico: «Virgin Active ha avviato da tempo un processo di trasformazione che il periodo di lockdown ha solo accelerato. È una direzione che, sempre più, rende il brand una media company» conferma Valentina Bella, a capo della divisione digitale Revolution, la piattaforma del leader internazionale nel settore dei centri fitness con oltre 1,3 milioni di iscritti e 250 club in quattro continenti.
Il paragone più sensato è con il catalogo di Netflix, Amazon Prime Video e menu analoghi: se lì sfilano titoli drammatici, horror, commedie o cartoni animati, su Virginactiverevolution.comsi spazia dalle classi di corsa alla bicicletta, dallo yoga al pilates. In diretta o in differita. Così ognuno può dedicarsi alla tipologia di sforzo che gradisce di più, o in cui è meno impacciato. Neanche fosse Spotify, ci sono pure i podcast: «Un nuovo modo di allenarsi affidandosi unicamente all’ascolto della voce del singolo trainer» spiegano da Virgin Active.
Il modello di business è il medesimo dei celebri servizi in streaming: prova gratuita, quota mensile, possibilità di disdire in qualsiasi momento. Con un bonus: un ingresso al mese in un club compreso nel prezzo. Come se si andasse a curiosare dietro le quinte della propria serie preferita.
Apple ha spinto oltre il concetto con il pacchetto in abbonamento Fitness+, da poco disponibile in Italia: il Watch, l’orologio evoluto della mela, rileva il battito cardiaco e l’intensità dei movimenti, dispensando premi virtuali ogni volta che si fa il proprio dovere o si battono record precedenti. Le lezioni, fruibili su iPhone, iPad o sulla tv, non sono davvero tali: paiono sceneggiature dal passo registico travolgente e lo svago garantito. Si prenda ballo, che fa agitare come posseduti al ritmo dei successi di una vita. O «Hiit», l’acronimo dell’allenamento ad alta intensità, quello che attiva muscoli di cui s’ignorava l’esistenza con pose in bilico tra l’ironico e l’assurdo. Mentre l’acido lattico ubiquo il giorno successivo fa capire che si è fatto tanto e sul serio.
Tra i punti di forza di Fitness+, la sdrammatizzazione del divino personal trainer: in ogni puntata, assieme a quelli con il fisico mitologico, c’è un essere umano come noi. Appesantito dai chili di troppo, imbranato quanto basta, intento a proporre versioni semplificate e alleggerite degli esercizi, affinché chiunque possa arrivare fino in fondo. Con la musica, indovinata e incalzante, a fare da doping lecito.
Il buon proposito della remise en forme procede in illustre compagnia: vip come l’attrice Jane Fonda, la supermodella Naomi Campbell, persino il Principe William hanno partecipato alla missione di sollecitare il dinamismo collettivo. Non in tutina adamitica, non esageriamo, però con le scarpe da ginnastica. La serie targata Apple si chiama «Passeggiamo»: offre storie e racconti da ascoltare durante una sessione all’aria aperta scandita da voci famose.
Anche Technogym, realtà made in Italy e nome di riferimento globale per gli attrezzi per lo sport, va nella stessa direzione con la sua app che contiene centinaia di workout a corpo libero e non, da fare ovunque: a casa, in albergo, in palestra, in un parco. Il valore aggiunto è il «Technogym coach», un allenatore digitale che elabora un programma su misura per ogni iscritto, in grado di adattarsi ai progressi raggiunti e centrare gli obiettivi rapidamente. Ci sono inoltre percorsi ad hoc dedicati a chi è sovrappeso, soffre di diabete, ipertensione o mal di schiena.
È però nei videogame che il «fitness entertainment» trova la sua espressione suprema: Nintendo ha pubblicato titoli come Ring Fit Adventure che fanno alzare i giocatori dal divano e li obbligano a dimenarsi, sfiancarsi, lanciarsi in posizioni di yoga per vincere le partite. Non c’è altro modo se non usare il proprio corpo per sconfiggere i nemici e guadagnare l’energia utile a proseguire nelle battaglie. Trasformando squat e addominali in colpi letali, tramutando una banale flessione in un gesto epico, la corsa sul posto in una fuga per la vittoria.