Tecnologia
September 14 2015
Per accorgersene basta cercare su Instagram o su Flickr un luogo simbolico come il Colosseo, il Louvre, il Big Ben, o anche angoli meno iconici ma comunque gettonati: le foto si assomigliano tutte per taglio, ispirazione, contenuto, prospettiva, sottintesi. Per carità, ognuno ha diritto al suo ricordo, reclama l’intoccabile soddisfazione di catturare un’immagine con le sue lenti e il filtro del proprio linguaggio espressivo. Ma la banalità, il troppo visto, è in agguato.
All’opposto, un po’ come deriva snob, abbastanza come anestetico del cliché, si colloca Camera Restricta. Non proprio una macchina fotografica digitale, ma una custodia per iPhone con la censura incorporata. Definizione brutale, però per una volta non eccessiva, centrata: scansiona circa 35 metri quadrati rispetto alla posizione in cui ci troviamo e conta il numero di istantanee pubblicate in quell’area su popolari servizi come Panoramio, lo stesso Flickr e affini. Se il numero è eccessivo, supera una soglia stabilita in partenza, il mirino si blocca ed è fisicamente impossibile scattare la foto. Esatto: niente allarmi, avvertimenti, blandi suggerimenti. Divieto assoluto, niente di fatto.
Si tratta naturalmente di una provocazione, con una scappatoia altrettanto semplice – basta estrarre lo smartphone dalla custodia, leggera e stampata in 3D per ridurre i costi – e il niet svanisce, si dissolve. Ma l’intuizione, la provocazione di Philipp Schmitt, il giovane designer tedesco che ha progettato quello che per ora è soltanto un prototipo, è porre un freno fisico, tangibile, all’omologazione dell’immagine e dell’immaginario digitale. Che rischia di risolversi, per regola, in una sequela di tramonti, paesaggi, imitazioni ed esercizi di stile che si scimmiottano tra loro. Restricta, invece, restringe. Non per affermare il gusto sadico del divieto, quanto per esaltare quello sapidissimo dell’originalità.