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June 29 2015
Seiffeddine Rezgui, il 24enne che venerdì 26 giugno ha compiuto una strage all'Hotel Marhaba di Susi, in Tunisia, aveva adottato il nome di battaglia di Abu Yahya al Qirawani. Dopo il diploma tecnico, si era iscritto all’università di ingegneria di Qayrawan, in Tunisia, senza aver mai destato sospetti nelle forze di sicurezza del Paese nordafricano. Amava la breakdance - circostanza confermata da un suo video postato su Youtube nel 2011 - e potrebbe avere lavorato, secondo Tunisi, nel resort dove ha compiuto la strage. Era un «lupo solitario», secondo l'espressione adoperata dopo la strage dal premier tunisina Habib Essid, secondo il quale non vi era nulla che facesse pensare a un legame tra lo stesso Rezgui (che aveva persino un passaporto con cui avrebbe potuto viaggiare all'estero) e l'Isis, l'organizzazione che ha rivendicato quello che è il più grave attentato nella storia del Paese.
LA FUGA DI REZGUI DOPO LA STRAGE
Tunisia: a Sousse cortei contro l'Isis
NON VOLEVA COLPIRE I TUNISINI
Certo, rimane un mistero come abbia fatto - se era un «lupo solitario» - a procurarsi il fucile d’assalto e delle granate con cui ha compiuto l’attentato. Ma secondo quando riferito da diversi testimoni al Wall Street Journale al New York Times,Seiffeddine Rezgui durante i concitati minuti della mattanza «sembrava non sapere come maneggiare un’arma così pesante», «non riusciva a prendere bene la mira». Il ché farebbe propendere per l'ipotesi del lupo solitario di cui hanno parlato le autorità tunisine. Un terrorista fai-da-te che, intestandosi una mitica appartenenza all'organizzazione di Al Baghdadi, avrebbe pianificato e organizzato la strage senza che vi fosse qualche regista a tirarne le fila o finanziarlo. Il suo atteggiamento, durante l'attacco, era secondo i testimoni «tranquillo e professionale», come se fosse un bagnante qualsiasi, come se stesse facendo una passeggiata, e non una strage dalla quale ne sarebbe uscito anche lui in una bara, come è avvenuto. Altri testimoni hanno raccontato che Rezgui ha sparato in aria per allontanare gli impiegati dell’hotel che stavano cercando di aiutare i feriti dalla spiaggia a fuggire. Non era sua intenzione colpire i suoi connazionali, secondo quanto riferito dai tunisini che hanno parlato con lui durante quei tragici minuti. Il suo obiettivo erano i turisti stranieri.
IL DUBBIO SUI COMPLICI
Il vero dubbio riguarda il fatto se abbia avuto dei complici. A favore di questa ipotesi ci sono due elementi: il fatto che possedesse un fucile d’assalto e delle granate - ma sono relativamente facili da reperire sul mercato nero - e soprattutto che abbia fatto una telefonata al cellulare al termine dell’attacco. Non sembra ci siano dubbi, invece, che Rezgui sia stato l’unico a sparare.
Secondo alcune testimonianze, Rezgui potrebbe essere stato aiutato nei primi minuti dell’attacco. Qualcuno ha ipotizzato, sulla base di una testimonianza, che vi fosse un'imbarcazione sospetta che avrebbe fornito sostegno logistico all'attentatore. E lo stesso ministro dell'Interno tunisino si è detto convinto che Rezgui - di cui suo padre ha dichiarato di «vergognarsi» - abbia avuto dei complici. Rimane la domanda: che cosa ha trasformato un tranquillo studente in un assassino di massa? Che cosa è accaduto se mai prima dell'attentato Rezgui aveva destato sospetti? Che cosa è accaduto, nella mente del 24enne, fino ad allora tranquillissimo stidente che amava la musica hip hop come decine di migliaia di suoi coetanei e il Real Madrid? Dalla passione per la breakdance - di cui c'è un suo video su Facebook - all'Isis, il passo non è esattamente breve. È vero che Rezgui proveniva da un piccolo centro dove era forte l'influenza salafita, ma lui stesso non sembra avesse mai frequentato con grande assiduità la moschea. Né la sua famiglia, poverissima, era mai stato segnalata per simpatie jihadiste. Ritorna la domanda: che cosa trasforma un tranquillo universitario in uno stragista?