Economia
February 12 2015
"In questa stanza sono rappresentati almeno 200.000 studenti, 17 Università il cui budget complessivo sfiora i 2 miliardi di euro. Dobbiamo prenderci questa responsabilità". A parlare è Ruggero Frezza di M31, acceleratore di impresa che ha promosso la visita in Silicon Valley dei responsabili del trasferimento tecnologico di grandi atenei e centri di ricerca italiani, riuniti sotto il nome di Netval (Network per la valorizzazione). Forse gli italiani stanno davvero imparando a fare sistema all'estero. Quando ci si muove compatti, risulta evidente il possibile impatto di quanto si può raggiungere, volendolo e lavorandoci sodo.
Lo scopo della missione è raccogliere le migliori prassi dell'ecosistema di Silicon Valley, sondare le realtà profonde che hanno permesso a questa terra di divenire l'omphalos dell'innovazione globale: Stanford, Berkeley, il Venture Capital, gli incubatori e gli acceleratori di impresa, l'accettazione del rischio e la creatività come condizione primigenia di sviluppo.
Di fatto, Netval già presenta numeri da capogiro: oltre 3.500 brevetti attivi, e addirittura oltre mille spin-off, cioè nuove imprese scientifico-tecnologiche generate dalla ricerca. Un tesoro da usare come leva per riavviare la crescita economica dei territori: valorizzare i nostri brevetti e, soprattutto, il nostro capitale umano significa generare una spinta economica oggi più che mai necessaria per il nostro Paese.
Gli esempi di come Silicon Valley ha saputo fare questo su grande scala sono molteplici. I rappresentanti di Netval hanno incontrato a Berkeley il prof. Alberto Sangiovanni Vincentelli, leggendario pioniere dell'Electronic Design Automation. Virtuoso dell'ingegneria dei semiconduttori, ha cofondato, fra le tante, due aziende come Cadence e Synopsys, ciascuna delle quali è ora capitalizzata al NASDAQ più di un miliardo di dollari. Dalle aule e i laboratori degli Atenei ai miliardi dello Stock Exchange: un vero paradigma del trasferimento tecnologico.
Sangiovanni Vincentelli è la dimostrazione vivente del fatto che agli italiani certo non manca il talento. Nemmeno, in ultima analisi, difetta il danaro, in un Paese dove il risparmio privato eccede di gran lunga il debito pubblico. Quello su cui da noi i lavori sono ancora in corso è il fare sistema. Ma davanti a quelle 25 persone da 17 università diverse, da Verona a Cosenza, la prospettiva mi è sembrata più che possibile. Anzi, mi è sembrata una realtà in statu nascendi. I primi semi dell'ecosistema Italia stanno dando frutti. Dal successo dei casi isolati, stiamo forse passando alla prospettiva di una rete strutturata e vitale. Non ci resta che assumerci la responsabilità della loro crescita.