Televisione
October 19 2021
Un revival, nella stagione dei revival. Gossip Girl, feticcio di una generazione che, ancora, non aveva scoperto l'uso compulsivo dei social network, è rimasto in onda cinque anni, fra il 2007 e il 2012. Allora, il successo è stato travolgente: un «fenomeno virale», si sarebbe detto anni più tardi, con il linguaggio internettiano divenuto parte della quotidianità. La serie televisiva, negli Stati Uniti, ha raggiunto picchi di quasi quattro milioni di telespettatori ad episodio, i suoi protagonisti sono assurti ad icone universali. Serena van der Woodsen, Blair Waldorf, Chuck Bass, piccoli eroi di un pubblico preciso, troppo giovane per aver compreso appieno il valore di Sex and the City, troppo ancorato ad un uso lineare della televisione per averla sostituita con Youtube. Gossip Girl è stata una fra le serie culto dei primi anni Duemila e, come tutti i culti, una volta terminata ha portato con sé sentimenti complessi. Prima, la tristezza nostalgica che accompagna la fine delle cose belle. Poi, il bisogno di confronto con quel che è venuto dopo. Infine, la decisione (sciagurata) di rimettere mano alla storia. Gossip Girl, come Sex and the City, nell'era televisiva di più scarsa inventiva, è stata campionata per un revival, il cui esordio in Italia si avrà il 27 ottobre, su Sky.
Gossip Girl, dunque, è destinato a tornare, ma in veste – parzialmente – rinnovata. Sembra, infatti, che a convincere i produttori della bontà del progetto sia stata la possibilità di esplorare quel che i primi anni Duemila non hanno potuto indagare: i social network, il timore reverenziale indotto da alcuni influencer, la condivisione bulimica di ogni esperienza e la tristezza che, spesso, ne è sottesa. Gossip Girl è stato riscritto così da figurare come «2.0». Al centro della trama, una volta improntata a raccontare cosa si celasse dietro le vite all'apparenza perfette dell'Upper East Side di Manhattan, è rimasto un gruppo di adolescenti. Mal assortito, verrebbe da dire a chiunque abbia guardato la serie originale. I ragazzini, che come nel Gossip Girl di prima fattura sono parte di una élite disseminata fra i licei più costosi di New York, sono la copia tecnologicamente adeguata dei personaggi della serie madre. Julien (Jordan Alexander), di professione influencer, è costruita a metà sul paradigma della Serena van der Woodsen di Blake Lively e lo stereotipo della Blair Waldorf di Leighton Meester: un'ape regina, che abbia in egual misura bontà e tirapiedi. Max (Thomas Doherty) tenta di replicare il Chuck Bass di Ed Westwick, la mescolanza (allora) perfetta di dannazione, irrisolto e fascino, Zoya (Whitney Peak) è il fantasma degli Humphrey. Tutto, nel nuovo Gossip Girl, ha un che di già visto, pure l'orwelliano sistema che in segreto spia gli adolescenti e le loro famiglie per rivelarne online i segreti.
Il blog della serie originale, nel reboot, è diventato una pagina Instagram, ma il suo funzionamento è rimasto immutato: Gossip Girl sa tutto, può tutto, condivide tutto, in particolar modo quel che si vorrebbe rimanesse sepolto. Guardare Gossip Girl, che negli Stati Uniti è già stato confermato per una seconda stagione, quindi, è un'operazione lenta, a tratti inutile. Più proficuo, per gli amanti dei teen drama, potrebbe essere riguardare (o guardare ex novo) le sei stagioni della serie madre, che Sky renderà disponibile on demand, nel praticissimo formato cofanetto, a partire dal 22 ottobre.