Lifestyle
December 15 2024
Permette di dare ordine ai pensieri, richiede attenzione ma fissa la memoria molto più di un testo scritto sulla tastiera dello smartphone. Le ricerche neurologiche concordano. Il passo successivo sarebbe tornare finalmente a scrivere lettere con la penna a chi davvero si tiene... Viene in mente passando davanti alle vetrine di Vecchietti in via Riva di Reno a Bologna. È tra i negozi di stilografiche più antichi d’Italia, che le ha anche prodotte. Nel 1911 c’era la Nettuno, la loro fabbrica di penne: si caricavano col contagocce. La Superba, oggi, ad averla funzionante vale una fortuna. Così come la Omas di Armando Simoni, fondata nel 1925, approdata alla Louis Vuitton e oggi in mano ai cinesi. Erano i primi del Novecento gli anni d’oro delle penne stilografiche.
Oggi, nelle vetrine di Vecchietti troneggia la Montblanc Meisterstück, una penna icona che compie 100 anni. Nata nel 1924 costa vicino ai mille euro ma con il modello «Gold Coated» sono stati firmati i più importanti atti - fra guerra e pace - d’Europa. È l’occasione per scoprire il pianeta penne stilografiche che l’intelligenza artificiale non ha mandato in pensione. Anzi. È uno dei segmenti del lusso di maggiore vivacità e di più profondo interesse. È un mercato che in Italia cresce di circa due punti all’anno, ma a livello mondiale si stima che dagli attuali 2,1 miliardi di euro si arriverà quasi al raddoppio da qui al 2030. La domanda lievita infatti del 6,8 per cento ogni dodici mesi e il traguardo dei 3,4 miliardi di euro è prossimo. Dunque, nonostante l’overdose digitale, si scrive ancora a mano? Ci sono Paesi che hanno fatto del recupero della calligrafia una sorta di impegno politico: in Cina nelle scuole è obbligatorio l’uso della penna e la Jinhao - il principale fabbricante - ha registrato negli ultimi venti anni una crescita esponenziale.
Al pari della Cina anche la Germania impone agli studenti di usare le stilo: la Lamy, che è la casa più pop, produce una penna in legno col classico tappo rosso in gomma che obbliga i ragazzi alla corretta impugnatura. Ma a tirare è, soprattutto, il mercato dei collezionisti che vanno alla ricerca di pezzi rarissimi. E non ci deve stupire se ogni Paese ha un posto al sole nelle bacheche di questo lusso da scrittura. Montblanc è oggi uno dei marchi più noti - la casa tedesca ha allargato il suo raggio di produzione a molti altri articoli e si avvale dei massimi artigiani in giro per il mondo (la pelletteria, per esempio, è solo italiana). La maison tedesca ha dedicato penne alle massime personalità: il modello «Callas» è ricercatissimo, così la «Hemingway» mentre la «Petit Prince» è quasi introvabile. Tra le icone ci sono le americane Parker e Sheaffer e Cross che è diventata la penna dei presidenti. Ci sono modelli dedicati a Barack Obama e a Donald Trump.
In Germania spicca la Pelikan: la «Souverän» nero e verde sfiora i 900 euro, la «Toledo» passa i millequattrocento. Poi c’è la francese Waterman: famosissimi i modelli «Df» e «Le Man 100» che si sono fatte in argento massiccio o in legni pregiati del Madagascar od olivi centenari della Grecia fino alla «Eds» la prima stilo pressurizzata per viaggiare su jet privati ad altissima quota. Non da meno le giapponesi Namiki e Pilot. Quest’ultima, partendo da una base molto commerciale, oggi fa penne anche esclusive approfittando del fatto che i giapponesi hanno la mania della calligrafia. Ma quando si parla di lusso - al netto che tutti i gioiellieri da Dupont a Cartier passando per Tiffany e Bulgari hanno le loro stilografiche iconiche - la lingua ufficiale è l’italiano. Così ci sono delle case che rappresentano il massimo in fatto di scrittura. A partire dalla Montegrappa: la «Mar Rosso» o la «Luxor Blu Nilo» valgono cifre da capogiro. L’Aurora, che Isaia Levi aprì nel 1919 a Torino, è stata ed è la penna di tutte le cresime, le maturità e le lauree d’Italia e la cosa curiosa è che nasce come espansione degli affari di Cesare Verona senior che nel 1889 fu il primo a importare in Italia le macchine per scrivere dell’americana Remington. Già allora la penna stilografica si batteva - superandoli - con gli altri strumenti di scrittura e anche adesso si gode il trionfo sul computer. C’è poi la pattuglia dei grandissimi artigiani fiorentini: Visconti, Pineider famosissima anche per le sue carte e gli altri top marchi come Leonardo Officina Italiana, Delta, Tibaldi, Vittorio Martini e artigiani come Radius o 1903 Firenze, che ha realizzato una stilografica dedicata a Luigi Pirandello usando lava dell’Etna.
I negozi che vendono questi gioielli per scrivere sono egualmente un pezzo fondamentale dell’Italia: la Stilografica di Milano in corso Buenos Aires; Stilo Fetti in via degli Orfani o l’Antica Cartotecnica in piazza dei Caprettari, entrambe a Roma; la Casa della Penna a Napoli; Lazzaroni Penne a Brescia in corso Palestro; a Firenze la Casa della Stilografica in in corso Cavour e Pineider sul Lungarno degli Acciaiuoli... Sono solo alcuni dei sancta sanctorum della scrittura elegante. Un dato è certo, come si diceva: scrivere con la penna stilografica aiuta i pensieri a farsi materia. Uno studio condotto da Piero Crispiani - professore onorario dell’Università di Macerata e presidente della Cognitive Motor International Society - non lascia adito a dubbi: «L’uso del corsivo è un guadagno formativo. I nostri ragazzi sono ormai abituati a scrivere in stampatello ad imitazione del computer, ma questo interrompe i pensieri, non dà senso compiuto al ragionamento. Scrivere in corsivo velocizza la scrittura e fluidifica le idee. E basta dire ai ragazzi di usarlo perché in pochi giorni riacquistino questa competenza». Scrivere con la stilografica ha poi un ulteriore pregio: abitua a mettere in ordine le parole, abitua a pensare. Dello stesso parere è Federico Bianchi di Castelbianco, psicoterapeuta dell’età evolutiva, che sostiene come alcuni disturbi dell’apprendimento degli adolescenti possono essere correlati all’abbandono del corsivo. Dunque è il caso di dirlo: occhio alla penna!