Whiplash, il cinema e il jazz: intervista al batterista Roberto Gatto

Vincitore di tre premi Oscar (miglior sonoro, miglior montaggio e miglior attore non protagonista), Whiplash è un potente dramma musicale, da poco disponibile in dvd e in blu-ray, arricchiti da contenuti speciali e distribuiti da Universal Pictures Italia (puoi trovare Whiplash in edicola con Panorama a 14,90 euro).
Diretto da Damien Chazelle che ha trasposto sul grande schermo le sue esperienze personali, è uno dei film più apprezzati della passata stagione negli States. Ci ha mostrato il talento di un attore fantastico come J.K. Simmons, premiato appunto con l'Academy Award per la sua splendida interpretazione dello spietato insegnante di musica Terence Fletcher.

Nell'elettrizzante pellicola il giovane Andrew (Miles Teller) studia batteria nella più importante scuola di musica di New York. Quando l'impassibile professor Fletcher lo nota, Andrew è molto eccitato ma non sa che di lì a poco sarà sottoposto a prove, esercizi e umiliazioni che trasformeranno la sua vita in un inferno.

Legandoci al tema centrale di questo film, ovvero il rapporto tra il giovane batterista e il suo crudele docente, abbiamo intervistato il noto batterista jazz Roberto Gatto. Conosciuto in tutto il mondo, Gatto ha duettato con alcuni dei migliori artisti jazz di sempre tra i quali Chet Baker, Freddie Hubbard e Lester Bowie. Ecco cosa ci ha raccontato su questo film e sulla sua fantastica carriera.

In Whiplash il protagonista scende a diversi compromessi pur di realizzare il suo sogno. È capitato anche a lei di dover fare dei sacrifici nei suoi primi anni di carriera?
"A differenza del film ho iniziato il mio percorso da autodidatta senza avere quindi la pressione di una scuola o di un istituto musicale. Non per questo non ho fatto sacrifici e infatti gran parte del mio tempo sin da giovane l'ho passato a studiare e a migliorare la mia tecnica. Fortunatamente già da giovane avevo una buona tecnica di base e questo nella mia crescita mi ha aiutato molto. Conoscendo però la mentalità che si ha negli States so che le tematiche che vengono raccontate nel film non sono così distanti dal vero e anzi raccontano una grande fetta di realtà per quel che concerne il mondo della musica. Ci sono moltissimi professionisti e la competizione già nei college è altissima".

Nella pellicola J.K. Simmons interpreta Terence Fletcher, uno spietato quanto impassibile insegnante. Le è mai capitato di incontrare un personaggio simile?
"Sì, mi è capitato nei miei primi anni di incontrare un insegnante che sotto certi aspetti ricordava Terence Fletcher. Ovviamente non era duro come il docente del film ma allo stesso modo chiedeva da me il meglio delle mie possibilità. Avevamo degli esercizi e dei compiti da fare al di fuori delle lezioni e pretendeva che li facessimo. In particolare mi ricordo che mi disse che se non avessimo fatto questi esercizi non ci avrebbe più dato lezioni. A mio parere era un metodo corretto: il rapporto insegnante-professore si deve basare soprattutto sul rispetto e su un minimo di autorità da parte dell'insegnante".

Anche lei ha avuto un'esperienza da professore al Conservatorio di Santa Cecilia. Che professore pensa di essere stato verso i suoi alunni?
"Sono sicuramente un maestro esigente. È capitato anche a me di essere severo con degli alunni. Quando ti trovi di fronte a dei talenti pretendi da loro rispetto e impegno e quando questo viene a mancare devi tirare fuori la tua vena severa".

Il protagonista di Whiplash, Andrew, intraprende la carriera di batterista una volta sentito Buddy Rich, il suo più grande idolo. Quale è stata la sua più grande fonte di ispirazione nel mondo del jazz?
"Esattamente la stessa! Sono cresciuto anche io con il mito di Buddy Rich, è stato sicuramente il batterista che più di tutti gli altri mi ha convinto a iniziare a suonare la batteria. Curiosamente iniziai a conoscere Buddy Rich da piccolo grazie ai dischi di mio padre: era un grande appassionato di jazz e spesso tirava fuori i suoi dischi. Un giorno ascoltando un suo disco restai affascinato e li capii che dovevo iniziare a suonare! Credo che come me molti artisti di oggi abbiano provato la mia stessa sensazione".

Il film deve il suo titolo al pezzo Whiplash di Hank Levy. Conosceva già questo brano?
"A dire il vero ho riscoperto questo pezzo grazie al film, lo avevo già sentito diversi anni fa e grazie al film l'ho potuto riscoprire. Non mi è mai capitato di suonarlo ma penso che sia stata una scelta perfetta per il film. Tra i brani orchestrali forse è quello che più mette in luce il ruolo del batterista e credo che sia stata una scelta ideale".

Ha suonato e duettato con nomi illustri del panorama musicale mondiale. C'è qualche artista in particolare con cui vorrebbe suonare oggi?
"Devo ammettere di essere molto fortunato, ho avuto la possibilità di suonare con alcuni dei più grandi jazzisti di sempre che purtroppo negli ultimi anni ci hanno lasciato. Degli artisti ancora in vita oggi mi piacerebbe duettare con Wayne Shorter ed Herbie Hancock che ancora oggi sono tra i più grandi della scena e con cui non ho avuto l’occasione di suonare insieme".

Degli artisti della nuova scuola invece con chi le piacerebbe suonare?
"Devo dire che anche qui in Italia stiamo sfornando grandissimi talenti anche molto giovani. Al di fuori del jazz ho avuto la possibilità di suonare con Max Gazzè e Rita Marcotulli. Ultimamente invece ho un progetto con i Quintorigo e insieme stiamo facendo anche un tour".

Nella sua carriera ha anche collaborato alla colonna sonora di diversi film. Che ne pensa del cinema e dei film musicali?
"Ho una grande passione per i film musicali e per i musical. Uno dei miei film preferiti è sicuramente Nightmare Before Christmas di Tim Burton. È un film d'animazione ma si fonde anche col genere del musical. Le musiche utilizzate sono fantastiche e ovviamente sono composte da Danny Elfman, uno dei più grandi compositori di Hollywood".

In Whiplash il Prof. Fletcher dice: "Non esistono due parole più pericolose di Bel Lavoro". Ricorda la prima volta o la volta più importante in cui le sono state dette queste parole?
"Sì, mi ricordo di una volta in particolare. Mi stavo occupando della colonna sonora di Rugantino e dovevo fare una rivisitazione in chiave jazz. Dovevo mettere mano a un pezzo storico della musica italiana e non solo, quindi si trattava di un lavoro molto delicato. Alla fine Armando Trovajoli, l'autore delle musiche originali, venne in studio mentre stavamo registrando e li mi fece i suoi complimenti. Da quel giorno siamo diventati anche grandi amici, fino alla sua scomparsa, quindi credo che quello sia uno dei momenti più importanti e significativi della mia carriera".

Qual è stato invece il momento più difficile della sua carriera?
"Mi chiamarono all'ultimo momento per registrare alcune delle musiche del film di Liliana Cavani La Pelle. A realizzare le musiche era Lalo Schifrin, l'autore della colonna sonora di Mission Impossible, e in quella situazione ebbi pochissimo sangue freddo. Sbagliai a leggere le partiture e Lalo Schifrin fermò più volte l'orchestra chiedendomi se fossi in grado di leggerle. È stato forse il momento più imbarazzante di tutta la mia carriera ma lì è scattato qualcosa dentro di me. Ho capito che suonare non era solo e soltanto divertimento e se volevo diventare un professionista dovevo impegnarmi di più e studiare per non avere più problemi nel leggere le partiture".

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