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October 18 2024
Se Roma sprofonda non è certo solo per colpa delle buche sulle strade, ma per le voragini nei conti delle sue società partecipate. Un dossier della Sezione di controllo della Corte dei conti del Lazio depositato il primo agosto - e passato molto sotto traccia - certifica gli affanni delle aziende partecipate da Roma Capitale negli anni tra il 2020 e il 2022. E ammonisce: le criticità finanziarie sono «suscettibili di pregiudicare, anche in prospettiva, gli equilibri economici-finanziari di Roma Capitale». Tradotto: se non si fa qualcosa subito, Roma rischia il tracollo.
Ma a quanto pare, nel caos gestionale dell’amministrazione, nessuno è troppo preoccupato. La situazione del «Fondo perdite», quello che dovrebbe coprire le voragini delle partecipate, infatti, si rivela come grottesca. Nel 2020 la Corte aveva denunciato che il fondo non era adeguato al «rosso fuoco» delle società partecipate. E cosa ha fatto l’amministrazione? Invece di intervenire sulle perdite ha rimpinguato il fondo stesso portandolo, al 31 dicembre 2022, alla cifra monstre di 87.689.993 euro. I debiti, per ora, sembrano al sicuro. Se non fosse per l’Atac, il cui buco ha continuato a crescere per anni: tra il 2020 e il 2021 ha «contribuito» negativamente con una perdita da 37,4 milioni di euro, per un totale di oltre 71 milioni nel solo triennio. Ogni anno con lo stesso copione: il bilancio non torna, si accumulano le perdite e il Comune corre ai ripari con accantonamenti di emergenza. Va detto che Atac nel 2023 ha invertito la rotta, chiudendo con un attivo di 10,9 milioni di euro. Le altre partecipate, invece, corrono tutte verso il baratro. Roma Metropolitane Srl è in liquidazione, eppure continua ad accumulare perdite, ben 43 milioni nel 2021 e altri 11 milioni nel 2022. Perché chiudere definitivamente una società che genera solo debiti, quando si può continuare a trascinarla? Il Comune di Roma, guidato da Roberto Gualtieri pensa di fonderla con Roma servizi per la mobilità, l’agenzia che pianifica il trasporto pubblico. Ma a cosa è servita finora Roma Metropolitane? Nata nel 1997, assume l’attuale denominazione nel 2005, durante l’era di Walter Veltroni in Campidoglio, e la società con sede a via Tuscolana è la stazione appaltante del Comune nel comparto trasporti. È a questa azienda che fanno capo i progetti delle nuove linee e dei prolungamenti della metropolitana, prima tra tutti la Linea C, messa in cantiere da Veltroni 17 anni fa e non ancora arrivata a metà del percorso previsto. E sempre a Roma Metropolitane fanno capo tutti i contenziosi che emergono in corso d’opera con i general contractor.
Virginia Raggi aveva puntato sulla sua chiusura, salvo poi cambiare idea all’inizio del 2021, quando al liquidatore era stato chiesto di presentare un piano di risanamento. L’arrivo a Palazzo Senatorio di Gualtieri, che ha affidato la delega ai Trasporti al dem Eugenio Patanè, ha portato all’ipotesi della fusione con l’altra società, ma al momento è tutto in alto mare. La regina indiscussa, però, è l’Azienda comunale Centrale del latte. È in liquidazione e con i bilanci non approvati ed è un caso ormai quasi trentennale. Privatizzata nel 1998 e ceduta alla Cirio di Sergio Cragnotti per 80 milioni di lire, appena un anno dopo, durante la crisi del gruppo dell’ex patron della Lazio, era finita nelle mani di Parmalat, che poi passerà sotto il controllo dei francesi di Lactalis. La privatizzazione varata da Francesco Rutelli prevedeva però una clausola di nullità (con annessa penale) in caso di vendita prima di cinque anni. Era quindi nato un contenzioso sull’effettiva titolarità della maggioranza del pacchetto azionario, che nel 2020 era ancora in corso davanti al Tribunale di Roma. Una situazione che non ha però impedito alla Raggi di inserire nel 2018 l’azienda tra quelle da dismettere ai sensi della legge Madia.
Gli stessi guai gestionali si sono presentati quando le toghe contabili hanno analizzato la situazione dell’Azienda speciale Palaexpo: il bilancio 2022 è risultato non approvato e nel prospetto si legge che «è stato chiesto all’Azienda di espungere le voci di costo relative a compensi del Consiglio di amministrazione non preventivamente autorizzati dall’amministrazione capitolina». A gambe all’aria pure l’Istituzione Agenzia Capitolina per le Tossicodipendenze: per l’anno 2021 era in utile di 84.750 euro, ma l’esercizio successivo già contava una perdita da 609.912 euro. Il Comune ha riferito che è in corso di valutazione la liquidazione. E mentre il municipio capitolino annaspa cercando di coprire le tantissime falle, la Corte dei conti ha chiesto chiarimenti sugli accantonamenti previsti per il 2023. L’importo complessivo è arrivato a quasi 287 milioni di euro. Tra garanzie fideiussorie, debiti fuori bilancio, acquisizioni per risanare e altre passività potenziali, sembra che si stia mettendo in atto un gioco delle tre carte, nella speranza che nessuno se ne accorga.