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December 10 2013
Si è spenta oggi a Roma all'età di 79 anni Rossana Podestà, diva degli anni '50 e '60 scoperta appena sedicenne dal regista Léonide Moguy e da allora protagonista di una sessantina di pellicole. Si era ritirata dalle scene a metà anni '80, per vivere col compagno alpinista ed esploratore Walter Bonatti.
Volente o nolente, è stata a lungo regina dei "peplum", i film mitologici che la videro anche come ammaliante Elena di Troia nel kolossal del 1956 di Robert Wise, preferita a Liz Taylor e Ava Gardner. Già era stata accanto a Kirk Douglas in Ulisse (1954) di Mario Camerini.
Marco Vicario, a cui per circa trent'anni fu unita in nozze, la svincolò dal ruolo ricorrente offrendole una parte in Sette uomini d'oro (1965), straordinario successo di cassetta in tutto il mondo. "Mi tolse dai peplum e mi fece imboccare un altro filone", raccontava lei. "Quello della 'femme fatale', aggressiva, conturbante ma spiritosa. Era lui che curava personalmente il mio look: capelli a caschetto e attillatissime tute di pizzo; molto meglio, tutto sommato, dei busti e delle sopracciglia incollate dei film americani!.
Seguì una serie di commedie, tra l'erotico e il brillante, tra cui Homo eroticus e Uccello migratore con Lando Buzzanca. Posò anche nuda per Playboy. Non negava, nella sua autoironia, di aver fatto "un sacco di film brutti, anzi bruttissimi", ma la sua naturalezza era di saper "fare l'attrice come si fa la commessa, non davo importanza niente. E questo è il mio unico rimpianto: ho avuto una grande opportunità e non l'ho sfruttata al meglio. Ma è andata così per un motivo semplice: il cinema non è mai stato la cosa più importante della mia vita, non gli ho mai dato l'anima, solo la 'corteccia'".
Il suo ultimo film è stato Segreti segreti alla regia dell'amico Giuseppe Bertolucci, nel 1984.
Al suo ultimo grande amore, Bonatti, aveva dedicato la sua ultima battaglia: quella contro la fiction K2 - La montagna degli italiani, andata in onda su Rai 1 nel marzo scorso, che a suo avviso aveva reso "piccola anche la più grande impresa dell'alpinismo italiano". In una lettera polemica firmata con Luigi Zanzi (uno dei "tre saggi" della Relazione Cai del 2004) e Reinhold Messner bocciava la ricostruzione televisiva scrivendo: "è inaccettabile che giunga a renderne grottesca, risibile e contraria al vero l'immagine, come nel caso di Bonatti, che risulta opposta a quella autentica".