Lifestyle
May 19 2016
Quando il destino ti ha scelto, si può far poco perché qualcuno gli impedisca di compiersi. Mugello, maggio 1997, quarta gara del motomondiale: l'inizio della grande abbuffata. Valentino Rossi in versione 125 sbaraglia la concorrenza di Jorge Martinez e Garry McCoy e fa spazio sulla sua Aprilia a una bambola gonfiabile che ricorda vagamente la modella Claudia Schiffer. Ecco servito il giro d'onore del vincitore in compagnia di una tifosa in divenire, con tanti cari saluti a Max Biaggi, che in quel periodo faceva capolino sui rotocalchi per via di un flirt con Naomi Campbell, l'altra bellissima degli anni Novanta. Rossi studia da fuoriclasse e dà ripetizioni di simpatia. E' un ragazzino di 18 anni, capelli sbarazzini e sorriso dilagante: diventerà la stella più luminosa delle corse su due ruote.
Rossi re del Mugello
"Adoro il Mugello e la sua atmosfera - ha detto il Dottore alla vigilia della sfida di domenica prossima - è difficile pensare solo alla gara perché ho intorno così tanti amici e tifosi, che poi sono anche tutto quello che rende questo gran premio speciale. Qui ho vinto spesso, tante le battaglie e i ricordi". Ricordi che per il pilota di Tavullia fanno rima con vittorie. Nove per la precisione, che prendono forma e sostanza dal 1997 al 2008. Quasi un dominio. Dalla 125 alla MotoGp passando per la 250, ma saltando - e qui sta l'eccezione che conferma la regola meravigliosa del Valentino profeta in patria - la 500. Meglio di Rossi, sulle colline di Scarperia, nessuno mai. Michael Doohan e Jorge Lorenzo, i diretti inseguitori nella lista dei più titolati del Mugello, hanno raggiunto quota cinque. Il re e due baronetti: la distanza tra chi fa la storia e chi le obbedisce.
Quel filotto tutto d'oro, poi il silenzio.
La prima volta è il 2002, l'ultima nel 2008. Sette successi consecutivi nella classe che detta le regole del gioco nel motomondiale. Due in sella alla Honda, cinque con la Yamaha. Nessuna preferenza, nessuna scorciatoia. Rossi al Mugello è una scommessa già vinta, l'intuizione prevedibile eppure necessaria. Fino al 31 maggio 2009, quando passa sul traguardo alle spalle del lanciatissimo Casey Stoner e dell'arrembante Jorge Lorenzo, compagno di squadra sempre più ingombrante in Yamaha. Persa una battaglia, vinta la guerra. A fine stagione, Rossi incassa il titolo mondiale numero nove, che si trasforma nel confine tra la meraviglia e l'agonia. Quella che farà tappa nei pensieri del pilota marchigiano nei tre anni che seguiranno. Lorenzo sale, lui scende. E cade.
Le cadute, il rilancio, la speranza
Nel 2010 deve fare i conti con un capitombolo che gli procura la frattura esposta di tibia e perone. Nel 2013 viene centrato da Alvaro Bautista e finisce pancia all'aria. Nulla di grave, ma bye bye podio. Scelte sbagliate (Ducati), sfortuna, destino, meriti e demeriti. Il tempo sistemerà le cose e distribuirà le sue grazie, riportando il campione in mezzo ai campioni. Ma Rossi re del Mugello da allora non canta più. Eppure, il popolo in giallo ci crede, oggi più che mai. Del resto, i segni lasciati fin qui dal nove volte iridato lungo la strada della MotoGp lasciano intendere che le premesse per il ritorno sulla vetta di Scarperia ci siano tutte. Il primo posto a Jerez, tracciato che non lo vedeva tra i vincitori dal 2009, il secondo a Le Mans dietro a Lorenzo per involontaria intercessione di Marc Marquez e della coppia Ducati. Rossi c'è e non vuole regalare niente. Perché il decimo mondiale è dietro l'angolo e altro non si può fare. Il Mugello chiama, che sia la volta buona?