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March 17 2014
Il bis irlandese. Appaiate a 4 vittorie in classifica, tra Irlanda e Inghilterra è decisiva la differenza punti: +81 per i verdi, solo +32 per gli inglesi. Per i protetti da San Patrizio, che cade giusto oggi 17 marzo, è la seconda vittoria nell'era del Sei Nazioni dopo lo Slam del 2009, quando vinsero tutti gli incontri del Torneo.
La sorpresa. Senza dubbio l'Inghilterra, unica squadra capace di battere i campioni irlandesi (13-10 in casa, a Twickenham) e, sconfiggendo tutte le altre anglosassoni, conquistare anche il Triple Crown: ovvero il primordiale "Quattro Nazioni", l'originale ottocentesco. Purtroppo lo scivolone all'esordio con la Francia (26-24 a Parigi) è costato il Championship, ma il gioco espresso dal XV di Stuart Lancaster è stato davvero ammirato da tutti e paragonato a quello di una squadra dell'altro emisfero. Un'ottima premessa per i sudditi di Sua Maestà in vista dei Mondiali da loro organizzati nel 2015.
La delusione. Reduce dal miglior Sei Nazioni di sempre (quello del 2013, con le vittorie contro la Francia e per la prima volta contro l'Irlanda), l'Italia ha sofferto più del previsto con la mischia e la rimessa laterale, le sue piattaforme di gioco preferite. Senza l'ovale abbiamo dovuto difendere per gran parte del tempo, stabilendo il record di placcaggi del torneo: 787 (quasi 158 a partita!). Nonostante il quinto cucchiaio di legno, simbolicamente assegnato a chi perde tutti i match, non è però tutto da buttare: sono sbocciati giovani interessanti come Leonardo Sarto, Joshua Furno e Michele Campagnaro. Quest'ultimo è tra l'altro risultato l'ottavo giocatore nella storia del Sei Nazioni ad aggiudicarsi il titolo di "Man of the match" nella partita d'esordio (a Cardiff, contro il Galles).
L'Mvp. Menzione d'onore per Brian O'Driscoll, miglior giocatore di sempre dell'Irlanda e prossimo al ritiro, che è stato votato come "man of the match" anche a Parigi nella decisiva partita contro la Francia. Determinante per gli irlandesi è però maggiormente sembrato l'estremo Rob Kearney, che ha anche fatto registrare il record di corse palla in mano del torneo: 62, per un totale di 451 metri in cinque partite.
La meta più bella. Come da copione cinematografico, la miglior segnatura è quella che decide il torneo: a schiacciare l'ovale è Jonny Sexton, apertura irlandese, ma la palla passa per le mani di 9 compagni che risalgono tutto il campo con un'azione travolgente che puoi vedere cliccando qui.
La vittoria più sofferta. Il centro inglese Luther Burrell, classe 1987, deve il suo nome a uno dei personaggi più noti del Novecento, l'attivista nero Martin Luther King. Il sogno di Burrell era però quello di giocare e segnare con la rosa sul petto: un traguardo raggiunto quest'anno dopo una lunga serie di delusioni, riscatti e lente risalite. Subito in meta all'esordio contro la Francia a Parigi, Burrell s'è poi ripetuto una settimana dopo con la Scozia, chiudendo poi i due mesi più belli della sua carriera con la copertina di Rugby World, il magazine più venduto al mondo, e altre due segnature ai danni di Galles e Italia. In ritardo, ma è nata una stella.
Il pubblico più sorprendente. Stadi pieni e in festa sono la regola del Sei Nazioni. Ma questa edizione ha fatto registrare numeri sorprendenti anche nel torneo femminile: 15 mila spettatori a Twickenham per il derby Inghilterra-Irlanda; 8.500 quelli che nell'ultima giornata hanno sostenuto a Pau le ragazze francesi, vincitrici del torneo con tutte vittorie, nella sfida decisiva contro l'Irlanda.