Economia
April 11 2018
La Russia è avvertita: in Siria stanno per arrivare i missili americani per vendicare gli attacchi chimici contro i civili. E' questo l'ultimo messaggio che Donald Trump ha lanciato a Mosca. A conferma di come, al di là delle apparenze, il governo americano non ha nessuna intenzione di ridurre le pressioni sulla Russia.
E' dal 2014 che la comunità internazionale cerca di bloccare le ambizioni revisioniste di Vladimir Putin colpendo l'economia russa su due fronti: il prezzo del petrolio, vera e propria linfa vitale per Mosca, calato da oltre cento dollari al barile fino a trenta nel 2016, e le sanzioni occidentali in risposta all'annessione della Crimeaall'ingerenza nell'Ucraina orientale.Il risultato? Una recessione che dal 2015 ha eroso il (poco) benessere faticosamente conquistato dall'emergente classe media e da cui il Paese sembra faticosamente tentando di uscire, proprio grazie alla ripresa del prezzo del greggio, che ha recentemente toccato il suo picco da tre anni a questa parte, raggiungendo quota settanta dollari.
Alcuni dati sono particolarmente positivi – basti pensare al tasso d'inflazione, che è ai suoi minimi storici e viaggia attorno al 2%, o alla ripresa dei consumi privati. Ciononostante, per usare le parole dello stesso Ministro per lo Sviluppo Economico russo Maksim Oreshkin, "non c'è ragione di essere ottimisti".
Quello che manca davvero in Russia sono gli investimenti e dall'estero ne arrivano davvero pochi rispetto al potenziale di un sistema economico che potrebbe offrire grandi opportunità e in cui la recente ripresa del mercato petrolifero ha iniettato nuovi capitali. L'effetto delle sanzioni ha infatti frenato gli investitori stranieri negli ultimi anni e la cattiva reputazione del Paese, afflitto da una burocrazia elefantiaca e da una diffusa corruzione, ha fatto il resto. Le cifre sono impressionanti. Secondo Bank of America Merrill Lynch, l'anno scorso gli investitori stranieri hanno ritirato dal mercato russo un valore pari a novecento milioni di dollari americani e il volume di quelli che sono stati dirottati altrove è incalcolabile, ma sicuramente enorme.
Per anni, i funzionari del Cremlino hanno sostenuto che l'isolamento internazionale del Paese e le sanzioni occidentali non fossero efficaci, ma la realtà è diversa e senza la risalita del prezzo del petrolio la situazione sarebbe davvero grave. Con un nuovo ciclo di sanzioni, anche le ricadute positive del mercato petrolifero potrebbero essere vanificate. Le misure annunciate all'inizio del mese dalla Casa Bianca, infatti, hanno segnato un cambiamento di strategia, andando a colpire non soltanto le imprese operanti nell'ex Unione Sovietica, ma anche gli oligarchi russi e la loro capacità di muoversi sui mercati internazionali. E in molti casi si tratta proprio di figure che hanno forti interessi nel settore energetico e petrolifero. Gli effetti si stanno già facendo sentire. Lunedì il rublo ha subito il peggior tracollo da tre anni a questa parte e gli indici di borsa sono in forte calo, con le azioni delle compagnie direttamente colpite dalle nuove sanzioni letteralmente in picchiata. Nuove sanzioni, magari in connessione alla crisi siriana, potrebbero davvero dare il colpo di grazia alla ripresa.
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