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December 16 2022
Il CIO e il presidente francese Macron sono pronti a riaprire le porte delle Olimpiadi agli atleti russi, chiudendo la stagione del bando decisa lo scorso 24 febbraio a pochi giorni dall'invasione dell'Ucraina da parte della Russia. Una scelta politica in quelle ore drammatiche, giustificata come sanzione per aver violato la tregua olimpica visto che a Pechino si era nel pieno dei Giochi Paralimpici dopo aver spento il braciere di quelli invernali nei quali i russi si erano fatti onore sotto la bandiera neutra del loro comitato olimpico come onda lunga dello scandalo doping di Sochi 2012.
Sono passati nove mesi da quella presa di posizione e oggi il presidente del CIO Thomas Bach ha cambiato idea: "Se le sanzioni restano fuori discussione, rimane il fatto che la questione della partecipazione degli atleti è diversa da quella delle punizioni delle nazioni a cui appartengono". In sostanza, Bach ha rivendicato come il CIO "non abbia mai voluto proibire agli atleti di gareggiare solo a causa del loro passaporto" e che "si debba tornare ai meriti sportivi". Un dietrofront appoggiato anche da Macron che tra poco meno di due anni sarà padrone di casa nei Giochi di Parigi 2024 per i quali evidentemente non vuole rinunciare a nulla.
Un dietrofront che ha sconcertato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che ha ricordato gli atleti ucraini morti in guerra (184 ad oggi) e l'uso politico che la Russia ha fatto dello sport negli ultimi decenni. Posizioni inconciliabili con il difetto della mancanza del tempo per trovare una sintesi aspettando l'evolversi della situazione, visto che in Europa molti sport stanno avviando il periodo di selezione per ottenere i pass olimpici e, dunque, se il bando deve essere rimosso il momento è adesso.
Ha ragione Bach ad affermare la superiorità dello spirito olimpico sulla politica? In linea generale sì, ma nel caso della Russia e degli atleti russi e bielorussi bisogna prendere atto che nulla è purtroppo cambiato nello scenario ucraino e che ogni ragionevolezza, se non passo verso la pace, appare ancora distante. E che seguendo la pressante indicazione del CIO di febbraio molte federazioni (anche se non tutte) hanno compiuto gesti anche clamorosi escludendo nazionali, squadre e atleti e stracciando contratti multimilionari di sponsorizzazione. Un esempio? La spesso criticata UEFA con il colosso Gazprom.
Il CIO, insomma, sembra andare a doppia velocità. Non si può dimenticare che nelle ore drammatiche dell'invasione in Ucraina il bando per gli atleti paralimpici russi e bielorussi che stavano arrivando a Pechino per il Giochi invernali scattò solo perché moltissime nazioni minacciarono il boicottaggio in caso di partecipazione confermata come in un primo tempo, con riunione notturna per adeguarsi alla volontà di tutti e chiudere le porte del villaggio.
Ora che si avvicina il momento dei Giochi, ecco la nuova retromarcia a rischio di apparire un filo ipocriti e contraddittori. Perché se è vero che c'è chi continua ad accettare i russi senza bandiera - ad esempio il tennis - è indiscutibile che molti sport abbiano applicato alla lettera la richiesta di bando. A costo di amputare il valore sportivo e commerciale delle proprie competizioni. Quello che ora l'Olimpiade dovrebbe impegnarsi a fare, a meno di una pace fulminea, e che invece in nome della geopolitica vuole cercare di evitare.