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May 31 2018
Autore iraniano, da anni rifugiato politico nei Paesi Bassi, Kader Abdolah scrive in olandese. Le sue opere, nelle quali si trova un sapiente miscuglio di cultura orientale e occidentale, attraverso storie che parlano di integrazione, identità, viaggio e diaspora, hanno raccolto numerosi consensi nel Vecchio Continente, consacrandolo come uno dei più importanti autori attivi in Europa. Citiamo fra i i suoi lavori più significativi, apparsi anche in Italia per Iperborea, Il viaggio delle bottiglie vuote, Scrittura cuneiforme, Il re e La casa della moschea (forse il più noto). Uno scià alla corte d’Europa (edito sempre da Iperborea) è il titolo italiano del suo più recente romanzo.
Abbiamo letto il suo nuovo libro e ne abbiamo parlato con lui, per capire cosa pensa di identità, cultura, letteratura e del futuro dell’Europa.
Nel libro, il cui titolo originale è Salam Europa!, è contenuta la storia di uno scià persiano che nella seconda metà dell’Ottocento intraprende un viaggio alla scoperta dell'Europa. Con il suo enorme seguito di funzionari, principi e mogli il sovrano, pieno di curiosità, compie il Gran Tour attraverso la Russia degli zar, la neonata Germania, la repubblica francese, il Belgio, l'Olanda e l'Inghilterra vittoriana. Lungo il tragitto incontra personaggi come Tolstoj, Debussy, Monet, Bismarck, la regina Vittoria, Engels e molti altri. Ma soprattutto il re sperimenta un profondo smarrimento di fronte al futuro che avanza a livello industriale, politico e sociale in Europa e assiste impotente al desiderio di libertà della sua compagna prediletta Banu.
Il tutto è narrato dalla voce di Seyed Jamal, professore di Lingue e Civiltà Orientali all’Università di Amsterdam, di origini iraniane, strutturando la trama attraverso un’antica forma orientale di racconto chiamata hekayat. Jamal, ricostruendo il viaggio, le avventure e le reazioni dello scià, inserisce anche diversi parallelismi con l’Europa di oggi, fra migranti, terrorismo, crisi economica e tensioni politiche.
Il suo vero nome è Hossein Sadjadi Ghaemmaghami Farahani ed è nato nel 1954 in Iran. Già negli anni Settanta inizia a scrivere racconti nel suo paese, scegliendo di celarsi dietro lo pseudonimo di Kader Abdolah (nomi di due oppositori assassinati dal regime degli ayatollah). Ritenuto un nemico delle autorità, nel 1985 è costretto a lasciare l’Iran e nel 1988 diventa rifugiato politico nei Paesi Bassi. Qui, imparando la lingua da autodidatta, inizia a scrivere in olandese, diventando negli anni uno degli autori più apprezzati, premiati e importanti d’Olanda e non solo.
Ha all’attivo diciassette romanzi, tutti scritti originariamente in olandese, pubblicati fra il 1993 e il 2016.
È uno dei primi e più antichi modi di narrare dell'intera tradizione persiana. Questo tipo di narrazione era originariamente orale, più antico dell'invenzione della penna e della carta. L'hekayat è una storia in un'altra storia, a sua volta raccolta in un'altra storia: una catena di incontri e racconti.
Quando stavo scrivendo questo libro avevo tanti personaggi e innumerevoli piccole storie e incontri a cui dare spazio. Mi serviva quindi una forma di narrazione che mi permettesse di raccontare tutte queste storie. Così, improvvisamente, ho pensato a uno storytelling sul modello di Le mille e una nottee il risultato è questo romanzo, costruito proprio nella stessa maniera.
Quando ho iniziato a scrivere questa storia non ero in grado di farlo da solo. Avevo bisogno sia del professore Jamal che del re, ma anche di Banu [la protagonista femminile, moglie prediletta dello Scià, NdT], per parlare e incontrare tutti. Dietro di loro ci sono sempre io. Il fatto è che ero geloso dello scià, a causa del suo viaggio così meraviglioso. Per questo ho deciso di diventare io stesso il re, scrivendo questa storia attraverso la penna del professore Jamal.
È un tema molto importante. Con questo libro voglio provare a trovare una risposta alla domanda “Chi sono?”. Sono Hossein Sadjadi Ghaemmaghami Farahani? Sono Kader Abdolah? Sono il professore? Sono il re? Sono uno scrittore persiano? Olandese? Uno scrittore europeo? Tutti questi interrogativi permeano questo libro, che è diventato uno strumento per cercare la mia identità. Non sono lo stesso uomo e scrittore fuggito dal proprio paese, ma non sono nemmeno un uomo olandese. Penso di essere allo stesso tempo uno scrittore persiano, olandese ed europeo e attraverso i miei libri cerco di definire sempre meglio me stesso. Con questo romanzo provo a creare uno specchio nel quale riflettermi per trovare la mia identità, in qualità di scrittore persiano, olandese, europeo.
La storia che racconto riguarda l’Europa di oltre 150 anni fa e anche quella dei nostri giorni. L’Europa che non aveva luci, telefoni, biciclette e quella di oggi che ha tutto ma allo stesso tempo ha milioni di immigrati, terrore, morte, paura. In questo libro tento di capire cos’è l’Europa di oggi. Mi appare come un continente che sembra aver perso la propria identità e che sta ora cercando di trovarne una nuova. Sono molto ottimista: il mio parere è che stiamo percorrendo una buona e giusta via verso il futuro, anche se, lo capisco, tutto appare molto spaventoso. Ci sono gravi problemi: milioni di immigrati e terrore costante ci accompagneranno forse ancora per altri 50 anni, ma è un sentiero necessario per arrivare a una nuova, migliore, più forte e più sana Europa.
Il mio passato e il mio presente sono molto vivi nei miei libri. Creo letteratura mescolando le esperienze nel mio paese di origine con le storie di oggi. Ma qual è il mio obiettivo? Negli anni sono cambiato come altri milioni di immigrati in Europa. Prima non sapevo perché ho iniziato a scrivere, soprattutto perché ho iniziato a farlo in olandese o perché ho voluto viaggiare in Italia, in Inghilterra, in Francia e in tanti altri posti. Ma ora lo so: ho voluto cambiare. Ho innanzitutto imparato da solo la lingua olandese e ho letto centinaia di libri, riuscendo a mutare il mio modo di pensare. Dopodiché ho iniziato a trasformarmi, provando a inserire qualcosa di nuovo nella letteratura olandese.
L’obiettivo è rimanere in Europa. Non fisicamente, con il mio corpo, ma con i miei libri, con le mie storie. Non lo faccio per me stesso: voglio essere una delle nuove voci della letteratura europea di questo secolo. Questo è l’obiettivo.
Dico “Salve Europa!”, “Salute” (come dite voi in Italiano? “Cin cin”?). Intendo dire che vengo per la libertà, per incontrarvi, per essere più bello di prima grazie a voi, vengo perché sono incuriosito dalla vostra lingua, dalla vostra cultura e letteratura. “Salam Europa” significa che vengo in pace a incontrarvi per cambiare me stesso e migliorarmi, per portare speranza. I libri sono il mio strumento e ne scriverò altri, per poter dire ancora più Salam a voi e all’Europa.
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Uno scià alla corte d'Europa
di Kader Abdolah
(Iperborea)
506 pagine