Politica
May 22 2023
Non c’è molto da girarci intorno: se un ministro, invitato dagli organizzatori, non riesce a parlare ad un evento la colpa è degli organizzatori. La contestazione da parte di attivisti della sinistra ai danni del ministro Roccella al Salone del Libro di Torino evidenzia le responsabilità della direzione dello stesso che non è stato in grado di trovare un modo per far parlare un ospite. Lo scrittore Nicola Lagioia, chiamato all’improbo ruolo di manager del Salone, ha fatto una figura barbina. Ha balbettato senza successo sul palco per cercare di far parlare il ministro della famiglia, e poi si è dileguato, con rapidità e poco coraggio, senza riuscire a dare l’impressione di stare con l’ospite oppure con i manifestanti. Ma qui, al di là dei fallimenti organizzativi e di gestione politica, la questione a monte è un’altra: se il Salone di Torino si considera una roccaforte della sinistra nell’organizzazione e nella direzione, espressione di una sinistra che non tollera ne riconosce dignità all’avversario politico, perché invitare i ministri del governo di destra per poi contestarli, impedirne i discorsi e passare per intolleranti e autoreferenziali? Sul piano politico sono degli errori dilettanteschi, che conducono a scene ridicole come quelle a cui si è assistito sabato. Sono le stesse baruffe a cui assistiamo da anni per la scelta della direzione, per le case editrici considerate di destra che non dovrebbero partecipare, per la scelta degli ospiti e così via. Baruffe che vengono lautamente finanziate dai contribuenti perché il Salone del Libro si regge su una associazione privata che vive anche e soprattutto di finanziamenti pubblici, regionali in particolare. Ma su questo punto ci sono pure le colpe del centrodestra.
La Regione Piemonte siede, con proprio assessore, nel comitato direttivo del Salone del Libro. La Regione in sede di Comitato direttivo ha proposto come nomi di direttore del Salone, in sostituzione di Lagioia, tutte figure legate alla sinistra per venire incontro alla maggioranza del Comitato. Inoltre, la Regione Piemonte sostiene il Salone del libro, essendo il socio unico della Fondazione Circolo dei lettori che eroga contributi all’Associazione culturale Torino che dal 2018 è subentrata alla precedente Fondazione, non priva di problemi di sostenibilità del bilancio.
La Regione Piemonte, come moltissime altre Regioni, contribuisce anche a sostenere gli stand degli editori e dei librai presenti. Essa, dunque, finanzia indirettamente l’associazione che gestisce il Salone. Viene da chiedersi perché una regione amministrata dal centrodestra non si opponga ad una associazione che, non da ieri, politicizza, esclude, impedisce l’espressione di una parte politica e culturale che oggi è maggioritaria per altro in Piemonte e nel paese. Insomma, perché continuare a riversare contributi pubblici, di tutti, nelle casse del Salone?
La loro abolizione farebbe chiarezza perché si aprirebbero due scenari. La sinistra potrebbe essere in grado di realizzare privatamente, senza soldi dei contribuenti, il suo Salone autogestito e autoreferenziale. A quel punto nessuno porterebbe rivendicare un problema politico e l’organizzazione sarebbe libera da ossequi a ministri sgraditi e da relative contestazioni. Oppure, se l’associazione non fosse in grado di sostenersi da sola, essa sarebbe costretta ad aprirsi a sponsor e a partecipazioni associative di aziende ed editori vari, non tutti riconducibili ad una certa area culturale. A quel punto un po’ di sano capitalismo privato, anche nell’organizzazione della governance dell’associazione, riporterebbe probabilmente anche un po’ di pluralismo politico e culturale.
Il messaggio di fondo è infine chiaro e semplice: basta offrire certi teatrini politici e certe manifestazioni di giacobinismo con i soldi di tutti i cittadini.