Adolescenti in crisi, aumenta il disagio
(Ansa)
Salute

Adolescenti, il disagio aumenta e appare sotto forme diverse

«Purtroppo il disagio degli adolescenti è in aumento e appare sotto forme diverse. A scuola non abbiamo lo psicologo, ma ritengo sia una presenza necessaria e di grande supporto per i ragazzi. A volta, basta poco per rimettere in ordine una vita. Per farlo c’è bisogno di figure professionali cui poter affidare con fiducia i ragazzi all’interno di uno spazio ricavato nella scuola e dedicato al percorso psicoterapeutico. Proprio come si fa all’estero, dove le scuole offrono servizi di sostegno psicologico per gli studenti e per le famiglie, considerando che spesso anche i genitori non hanno sufficienti strumenti per aiutare i propri figli. Durante il Covid abbiamo provato il servizio psicologico on line proposto dal Ministero, ma non era molto efficiente. Erano previsti tre incontri al termine dei quali lo psicologo, una volta rilevata la problematica, indicava un servizio esterno alla scuola che fosse più strutturato e completo».

Lo sguardo penetrante della dirigente scolastica materana, Patrizia Di Franco, arriva dritto al cuore e le sue parole denunciano un’emergenza che diventa ogni giorno più pressante. Per capire quali sono le cause che generano disagio tra i giovani e scoprire eventuali rimedi, abbiamo incontrato Giacomo Balzano, psicoanalista di orientamento adleriano e fondatore del Centro di psicologia applicata di Bari. E’ impegnato da 25 anni nella terapia di adolescenti ed è autore di diversi libri e di saggi sull’argomento. Secondo i suoi studi il disagio giovanile risale a una serie di mancanze vissute dai ragazzi che molto spesso favoriscono l’insorgenza di forti sensi di vuoto con l’inseguimento di mete grandiose che li allontanano da un adeguato confronto con la realtà.

Quali sono i fattori che generano forme di disagio negli adolescenti?

Nell’insorgenza del disagio giovanile si è scoperto che ricorrono tre fattori: il primo, di natura biologica e genetica, è legato a un’intelligenza emotiva superiore a quella degli adulti. In realtà si tratta di ragazzi molto sensibili. Il secondo è legato a irrisolte conflittualità personali dei genitori e quindi alla loro incapacità di entrare in sintonia affettiva profonda con i propri figli, lasciandoli da soli a gestire paure e angosce. Il terzo, è lo scollamento tra esigenze diverse, ovvero tra quelle dei ragazzi, quelle della famiglia e quelle delle altre agenzie educative, in primis: la scuola, dove lo studente trascorre gran parte del suo tempo. Quando non si coopera abbastanza per favorire l’armonica crescita della persona si generano conflitti.

Quando si forma lo stile di vita di una persona e quindi il “modus vivendi” con cui affronterà la realtà?

Se non subentrano rivoluzioni importanti, l’impronta che la persona dà a se stesso e a quello che vuole fare nel mondo avviene a 4 o 5 anni. Ovviamente i genitori svolgono un ruolo importante. Possono essere presenti, ma se c’è mancata sintonia affettiva o se sono poco empatici nel soddisfare le reali esigenze del piccolo, purtroppo possono generare carenze sul piano affettivo e quindi mettere in moto problematiche diverse. Quindi la mancata comprensione profonda del soggetto da parte dei genitori che non riescono o non possono percepire a fondo i bisogni del loro figlio, lascia il ragazzo in balia delle proprie paure che gestisce in maniera non proprio sana, inseguendo i modelli che caratterizzano l’epoca storica: ovvero quelli di tipo narcisistico che implicano la ricerca di mete grandiose e allontanano il soggetto da un adeguato confronto con la realtà senza un’adeguata conoscenza dei propri limiti e delle proprie inadeguatezze.

Quali sono gli aspetti fondamentali nella vita di un adolescente?

In generale, una persona per essere equilibrata deve realizzare tre compiti: l’amicizia, l’amore e il lavoro. Per un adolescente valgono gli stessi parametri, considerando però che il lavoro corrisponde alla scuola. Il secondo compito riguarda l’amore che nel periodo dell’adolescenza penalizza la forma di attaccamento ai genitori perché il ragazzo è preso dalla voglia di trovare la sua indipendenza attraverso la ricerca dell’altro sesso. Ovviamente la vita sociale, quindi l’amicizia, è importantissima e quando il ragazzo si isola è un problema.

Cosa avviene tecnicamente a un ragazzo che vive l’età adolescenziale?

Quello che avviene in questo periodo della vita si chiama, in termini tecnici: break down adolescenziale, quindi si tratta di un momento di rottura con i vecchi equilibri. E’ come se un terreno si dissodasse e facesse vedere i semi che si sono piantati. Il fisiologico break down per l’adolescente è una fase finalizzata a trovare la propria indipendenza attraverso il distacco dai genitori. La rottura avviene per cercare la propria personalità. Questa fase, molto delicata e problematica, può produrre forti conflitti sia con gli adulti che con la realtà in senso lato. In questo periodo possono verificarsi vissuti di vuoto e di mancanze poi compensati attraverso la ricerca di mete artificiose.

Quali sono i segnali di disagio più comuni tra i giovani?

Un segnale evidente è la tendenza dell’adolescente a rimanere distante dagli altri e a confliggere con il mondo circostante. Un adulto può accorgersi di questo disagio quando il ragazzo manifesta un’eccessiva polemica, che purtroppo si può tradurre anche in maniera passiva nella ricerca di un isolamento molto forte e dunque a non vivere una vita sociale gratificante. Accanto a queste indicazioni di tipo teorico, nella pratica ci sono altri segnali che possono essere valutati come campanello d’allarme. Per esempio, gli atti autolesionistici stanno aumentando a dismisura. Lo scorso anno il reparto di psichiatria infantile dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma ha dichiarato che tutti i letti erano occupati da ragazzi che avevano agito con comportamenti autolesivi. Insomma, si erano fatti male.

Qual è la ragione che spinge i ragazzi all’autolesionismo, perché tendono a farsi male?

Accanto all’autolesionismo, forse è bene citare anche il gran numero di suicidi che avviene in età evolutiva. In Italia ormai sono quasi 3000 i ragazzi che dai 14 ai 25 anni si procurano la morte ogni anno. E il suicidio diventa la seconda causa di morte dei giovani, dove la prima causa sono gli incidenti stradali, molto spesso suicidi mascherati. Il perché dell’autolesionismo va ricercato nella scelta di esorcizzare il dolore dell’anima attraverso il farsi male, quindi si cerca di non affrontare i dolori psicologici e di preferire quelli della carne.

Cosa possono fare gli adulti per aiutare i ragazzi?

Purtroppo i parenti del malato sono gli ultimi a vedere la malattia del malato stesso. Direi che il supporto dovrebbe partire dalle agenzie formative, soprattutto la scuola che rappresenta il luogo dove i ragazzi trascorrono circa due terzi del proprio tempo. Certi segnali possono essere colti più facilmente da persone che interagiscono con gli adolescenti all’interno del piano formativo che è esterno alla famiglia. Voglio dire che un ragazzo che arriva a suicidarsi, ha mandato segnali che spesso non sono raccolti.

Gli adolescenti come vivono le loro emozioni?

In questo periodo storico, che è il periodo del narcisismo, Eros: il dio dell’amore è la forza che unisce all’interno della persona tutte le componenti organiche e psicologiche e unisce la persona a se stesso creando benessere. In un’analisi di psicoterapia, la persona comincia a star bene quando sviluppa più amore per se stesso e per gli altri. Nell’era del narcisismo, questa forza viene per lo più espressa in maniera autocentrata. La persona molto innamorata di se stesso ritiene di essere unico e speciale, ritiene di avere diritto a riconoscimento e attenzioni e insegue mete di grandezza illimitata. Ovviamente, se manca la capacità di interagire con gli altri, poi si sta male. Quindi, nell’era di Narciso, l’aumento del disagio dipende dalla scarsa possibilità che si ha di amare gli altri. E tra l’altro l’era di Narciso è connotata da una dominanza della tecnica. Nei suoi procedimenti implica le operazioni di tipo logico matematico, rafforza per lo più la devitalizzazione cognitiva inficiando un adeguato sviluppo e utilizzo dell’emisfero destro, quello più creativo emotivo. Troppa ragione e poca emozione. I ragazzi non riescono a descrivere le emozioni e non riconoscono la rabbia, la felicità, la gioia e ovviamente anche l’amore.

Perché siamo arrivati a questo?

Se i ragazzi non hanno sperimentato l’amore e non hanno interiorizzato questo sentimento, ovviamente, non riescono a riconoscerlo. Se poi aggiungiamo che anziché sperimentare emozioni più calde e profonde hanno sperimentato che con un dito si riesce ad accendere il cellulare e ad accedere a informazioni in maniera asettica, ecco che la realtà si colora di aspetti tecnici e non emotivi. Però, il comportamento umano non è dettato dalla ragione. Noi psicanalisti diciamo che la ragione non è mai padrona a casa sua. Il comportamento umano è dettato soprattutto da movimenti di tipo emotivo che sono inconsci alla persona. Questo è il periodo storico in cui le emozioni non sono riconosciute.

Pensa che l’isolamento dovuto alla pandemia ha creato ancora più disagi negli adolescenti?

Sono crollati i ragazzi che già vivevano inconsciamente disagi. La pandemia ha solamente spostato il tappeto sotto il quale i ragazzi avevano nascosto i propri disagi. Ecco, ha obbligato gli adolescenti a confrontarsi con le proprie paure più profonde. Tra queste, la più grande è la morte, che è il grande tabù del Terzo millennio. Quindi l’epidemia ha costretto gli adolescenti a confrontarsi con la morte e quando questa non è accettata, di certo genera disagi. I ragazzi cercano di compensare questi limiti ricercando l’illimitatezza narcisistica, l’onnipotenza.

Quando i ragazzi si rivolgono allo psicoanalista che sintomi presentano?

Oggi i ragazzi che si rivolgono a me presentano sintomi eclatanti. Alcuni hanno sintomi psicotici, allucinazioni uditive e percettive. Manie suicide. Si avvicinano alla terapia quando la sintomatologia è molto evidente.

Qual è il consiglio che sente di dare ai giovani oppure agli adulti che si accorgono di certi segnali negli adolescenti?

Fare prevenzione è una soluzione. In genere quando il ragazzo sente confusione in se stesso, voglia di isolamento o tende a farsi male è bene parlare con una persona di cui si fidi cercando di esternare il dolore. La regione Puglia è prossima a istituire lo psicologo di base. Mi sembra un’ottima soluzione.

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