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August 24 2018
L'ultima uscita, che fa riflettere, è stata quel mezzo assenso di Matteo Salvini alla proposta grillina di nazionalizzare le Autostrade. Un mezzo sì non certo in linea con le origini leghiste, che hanno sempre giudicato una bestemmia l'intervento dello Stato in economia: un conto è cambiare o punire i concessionari che hanno colpe o non si sono mostrati all'altezza, un altro è riportare tutto in mano allo Stato, magari all'Anas che non offre certo un'immagine di efficienza.
Non a caso, a stretto giro di posta, Giancarlo Giorgetti, che pare diventato il custode dell'identità leghista, ha messo le mani avanti, spiegando che "bisognerà pensarci due volte" prima di percorrere quella strada.
Forse l'espressione più giusta per dare un'idea della mutazione che stanno subendo Salvini e Di Maio, è "contaminazione". I due vice-premier si piacciono e si vengono incontro. Anche troppo. E in questo processo, che punta a salvaguardare il più possibile l'attuale equilibrio di governo, i due partiti perdono pezzi d'identità.
Un processo che rischia di trasformare soprattutto la Lega, che ha un'identità sicuramente più marcata di quella del movimento grillino. Il Carroccio ha una storia, è l'ultimo partito del '900; l'identità dei 5 Stelle si è definita, strada facendo, sui "vaffa" di un comico come Grillo, sintonizzati più sugli umori variabili dell'opinione pubblica che su una proposta politica.
Anche il leader leghista, alla ricerca spasmodica del consenso, sta cedendo a questa logica. È più facile che Salvini rischi di "grillizzarsi" che non il contrario: la Lega ha infatti un passato con cui potrebbe essere costretta a rompere.
Il decreto dignità, che ha suscitato le proteste degli imprenditori del nord-est, è la dimostrazione di questo rischio: per non rompere il sodalizio con i grillini, Salvini ha sacrificato gli interessi di una parte importante del suo elettorato.
Ancora, la posizione simile sul "no" all'obbligo dei vaccini; oppure, speculare, la disponibilità con cui i grillini assecondano, a parte alcune resistenze di rito di Toninelli, le posizioni dure di Salvini sull'immigrazione.
Nei fatti, il matrimonio pentaleghista si sta celebrando ed è la conseguenza diretta di una valutazione del leader del Carroccio: Salvini non vede nessuna alternativa all'attuale quadro politico.
"Io arriverò fino in fondo" ha spiegato in un incontro pubblico al caffè della Versiliana, "attuerò a ogni costo il contratto di governo con i grillini". Parole dette con l'enfasi di chi è convinto che l'attuale governo sia di legislatura.
Salvini sta puntando tutto sul successo dell'alleanza con i pentastellati: è convinto che ammettere la sconfitta di questa formula politica potrebbe travolgerlo. Nei suoi ragionamenti, il centrodestra è sempre più una proposta politica residuale: "Io non credo che abbia più senso parlare di sinistra, centro, destra. Né di moderati o estremisti. Il vero spartiacque ora passa tra chi sta con le élite, e chi con il popolo".
Concetti, inutile nasconderselo, che danno un orizzonte più ampio al rapporto con i grillini: non si tratta più di un'alleanza contingente, magari per evitare un "governo tecnico", ma di una formula che potrebbe avere anche un futuro.
Non per nulla, parlando delle prossime elezioni per il parlamento di Strasburgo, il leader leghista svela il sogno che ha nel cassetto: "Un gruppo che raccolga tutti quei movimenti populisti e sovranisti che stanno emergendo nei Paesi europei". E chi ha detto, appunto, che in quel gruppo non possano ritrovarsi insieme leghisti e grillini?
In fondo il populismo nel mondo è multiforme, può assumere le sembianze di Donald Trump ma anche quelle di Nicolás Maduro.
(Questo articolo è stato pubblicato sul numero di Panorama in edicola il 23 agosto 2018)